“Disabile all’80 per cento, vivo in un magazzino in attesa che mi assegnino una casa popolare”: la storia di Anna

Lo scorso febbraio il Comune di Milano ha approvato il piano dell’offerta delle case popolari per il 2025: "Attraverso relativi bandi e graduatorie – si legge in una nota pubblicata sul sito dell'amministrazione – Comune di Milano e Aler potranno assegnare nei prossimi mesi, complessivamente, 2.100 unità abitative. In particolare, 1.870 alloggi saranno destinati ai Servizi abitativi pubblici (Sap)". Arrivati ormai a giugno, però, il bando non è ancora stato pubblicato, mentre negli scorsi anni questi avvisi venivano presentati tra marzo e maggio. Il motivo sta nelle modifiche che la Regione Lombardia, sulla base di una sentenza del Tribunale di Milano, ha deciso di applicare al regolamento per l'assegnazione delle case: i cambiamenti hanno reso necessario aggiornare la piattaforma informatica per le richieste e nel frattempo la pubblicazione dei bandi è stata sospesa.
La modifica al regolamento regionale nell'assegnazione dei punteggi
L'iter è cominciato quando alcune associazioni (Asgi, Avvocati per niente e Naga) hanno presentato un ricorso contro il regolamento regionale che definiva i criteri per assegnare gli alloggi popolari. Secondo i ricorrenti, in particolare, i criteri per il calcolo del punteggio valorizzavano eccessivamente la residenza pregressa di chi chiedeva l'alloggio invece di considerare altri criteri di bisogno effettivo (come il reddito o la presenza di disabili). In sostanza il punteggio aumentava molto sulla base di quanti anni il richiedente aveva già trascorso nelle case popolari, mentre le condizioni di disagio al momento della richiesta valevano, in proporzione, meno punti. La giudice del tribunale di Milano Valentina Boroni ha accolto il ricorso delle associazioni e ha ordinato alla Regione di riformulare il regolamento in modo da eliminare questo che ha definito un "carattere discriminatorio".
La modifica di legge e il blocco delle domande per l'aggiornamento della piattaforma
Oltre a questa modifica del regolamento, Regione Lombardia ha introdotto anche una modifica di legge che permette anche a chi ha già una casa di richiedere un alloggio popolare, a patto che l'immobile si trovi a una certa distanza dal comune in cui si fa richiesta e che il suo valore non faccia superare la soglia ISEE idonea per fare domanda. Lo ha spiegato a Fanpage.it Maria Carmela Rozza, consigliera regionale del Pd in Lombardia: "Con questa modifica potrà partecipare ai bandi anche chi ha una casa di proprietà a 40 chilometri da Milano. Quindi per esempio se abito a Como posso fare una domanda per avere una casa a Milano da affittare in nero".
Secondo la consigliera, però, questa modifica favorirebbe solo alcune categorie di persone: "La Regione sta tenendo bloccati i bandi per prendere in giro i lombardi – dice Rozza – chi ha una casa in piena proprietà può fare domanda ma va fuori reddito. Se invece hai una casa che ti compri con il mutuo, siccome il mutuo assorbe il valore della casa con l’ISEE, ci stai e quindi i furbetti di turno comprano la casa col mutuo, l’affittano in nero e poi fanno domanda di casa popolare. E magari gliela diamo pure".
Tutte le procedure, in ogni caso, restano bloccate in attesa che la piattaforma informatica per presentare le domande venga adeguata a queste modifiche. "Il Comune di Milano è pronto per fare i bandi ma non può farlo perché la piattaforma ancora non è aggiornata – spiega la consigliera – quindi il rischio che si corre è che non assegneremo case per tutto quest’anno grazie a Regione Lombardia". Questi ritardi stanno avendo, come prevedibile, gravi conseguenze su molti cittadini in attesa di un alloggio.
La storia di Anna che vive in un magazzino in attesa di una casa popolare
É il caso di Anna (nome di fantasia), che adesso, mentre aspetta una casa vera, vive in un magazzino che a catasto non sarebbe abitabile: "Non ha riscaldamento, non ha finestre adatte, non è pensato per viverci – racconta a Fanpage.it – Lo uso come rifugio per dormire, studiare, fare ginnastica, prepararmi ai colloqui. Ma non è casa. A Milano anche solo ottenere una stanza in affitto richiede garanzie che non ho: contratti, buste paga, garanti. Non ho una rete familiare, e sono disabile all’80%, con un ISEE bassissimo".
Anna cerca una casa popolare dal 2021 e ha partecipato a tutti i bandi che sono usciti adatti alla sua condizione. Lo scorso marzo ha anche fatto domanda per un alloggio Sat (Servizi Abitativi Transitori), ma dopo più di tre mesi non ha ancora avuto risposta. L'assenza di nuovi bandi aggrava il suo senso di esclusione: "È come sentirsi dire che non mi è concesso neanche il diritto a sperare. Perché non è solo un bando che manca: manca la possibilità di provare a cambiare vita. Continuano a promettere, sapendo che non manterranno. Promesse vuote, che illudono, ma che servono solo a raccogliere le marche da bollo: 16 euro a domanda".
A nulla sono servite le sollecitazioni e le richieste di spiegazioni: "Chi vive ai margini – dice Anna – chi non ha una casa, chi dorme in un magazzino, non viene ascoltato. È come se fossimo cittadini invisibili, di serie B. L’indifferenza, oggi, fa più male della povertà. È il silenzio delle persone comuni, dei vicini, della politica, dei media, che rende tutto più difficile. Ci sono migliaia di persone come me, ma sembriamo non esistere. Nessuno si chiede dove dorme una persona disabile senza casa. Nessuno si indigna per un Comune che promette 2.100 case e non ne assegna nemmeno un decimo".
Da qui le richieste di Anna e di tante cittadine e cittadini come lei, per i quali la pubblicazione di un bando può fare la differenza: "Vivere così a lungo nell’incertezza ti logora dentro. Ti svegli ogni giorno senza sapere se potrai restare dove sei. La casa diventa un pensiero ossessivo. E quando lo Stato non ti ascolta, inizi a credere di non valere niente. Chiedo che il Comune pubblichi subito un bando SAP. E a chi legge dico: non voltatevi dall'altra parte".