Da “Leo DiCaprio” a “Bud Spencer”: chi gestiva il traffico di cocaina dal Sud America a Milano

C'era chi si faceva chiamare "Leonardo Di Caprio", chi "El Chapo", chi ancora "Professore" o "Bud Spencer", o ancora "il Faraone". Sono solo alcuni dei nickname utilizzati in alcune chat criptate, oggi intercettate dagli investigatori del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano nell'inchiesta del pm della Dda Gianluca Prisco su un maxi traffico di cocaina dal Sud America in Lombardia.
L'indagine, che ha portato all'arresto di 28 persone per oltre 100 capi di imputazione, ha individuato una vera e propria rete criminale basata in Lombardia e orchestrata da un'associazione criminale armata composta dal sodalizio tra il clan ndranghetista dei Barbaro (di Platì) con membri della criminalità organizzata campana e albanese. Un'organizzazione con ramificazioni in Germania, Paesi Bassi, Spagna, Regno Unito, Colombia e Brasile che, utilizzando sofisticati apparati di messaggistica criptata, ha sfruttato diretti contatti con broker albanesi e con fornitori di cocaina dall'America Latina.
Al centro il traffico internazionale di droga, importata a Milano attraverso navi container per un valore di oltre 27 milioni di euro. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori la cocaina arrivava in Italia attraverso i porti di Livorno, Gioia Tauro, Rotterdam e Le Havre, ben nascosta all'interno di bastimenti utilizzati per i trasporti commerciali via mare.
Per dare la "misura del fenomeno", scrive la gip Nora Lisa Passoni, basta ricordare che dal contenuto delle chat scambiate tra Franco Barbaro (che sarebbe stato a capo dell'associazione finalizzata al narcotraffico internazionale) e un cittadino albanese risulta che nel 2020, in quattro mesi, i Barbaro comprarono quasi 400 kg di cocaina al prezzo complessivo di oltre 9 milioni di euro, di cui circa 7 milioni versati attraverso numerosi pagamenti effettuati prevalentemente sulla piazza di Milano con il sistema dei token, ovvero in criptovalute.