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Cosa sono gli oneri di urbanizzazione di cui si parla nelle inchieste sull’urbanistica a Milano

Nelle ultime settimane, nell’ambito dell’inchiesta sull’urbanistica a Milano, si parla anche di oneri di urbanizzazione. Ma cosa sono e perché sono così importanti? A Fanpage.it lo spiega Deborah Basileo, avvocata ed esperta in appalti e concessioni.
Intervista a Deborah Basileo
avvocata ed esperta in appalti e concessioni
A cura di Ilaria Quattrone
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Foto da LaPresse
Foto da LaPresse

Nelle ultime settimane un nuovo filone dell'inchiesta sull'urbanistica ha scosso la città di Milano mettendo in luce un sistema di interessi tra pubblico e privato. Aspetti che erano già emersi negli ultimi anni con tutte le indagini relative alla gestione dell'urbanistica nel capoluogo meneghino. Tra i punti al vaglio della Procura, c'è anche il mancato aggiornamento degli oneri di urbanizzazione e la possibilità che, quando è stato fatto, i costruttori abbiano versato contributi a prezzi stracciati. Ma cosa sono esattamente gli oneri di urbanizzazione e perché sono così importanti? A spiegarlo a Fanpage.it è Deborah Basileo, avvocata ed esperta in appalti e concessioni.

Nell’inchiesta sull’urbanistica, gli inquirenti si stanno concentrando anche su presunti sconti illegittimi sugli oneri di urbanizzazione… 

La maxi-inchiesta sulla gestione dell’urbanistica a Milano sta svelando una sorta di “Palazzopoli”: autorizzazioni edilizie facili per i costruttori, nuove costruzioni mascherate da ristrutturazioni e, di conseguenza, sconti illegittimi sugli oneri di urbanizzazione accordati ai privati. In particolare, secondo gli inquirenti, alcuni costruttori avrebbero ottenuto non solo vie autorizzative più rapide del normale (ad esempio sfruttando impropriamente la Scia, una semplice segnalazione di inizio lavori), ma anche forti riduzioni degli oneri dovuti per progetti di grande portata come grattacieli. Queste pratiche – se confermate – avrebbero garantito ai privati un vantaggio economico indebito a discapito della collettività, riducendo gli introiti che il Comune di Milano avrebbe dovuto incassare.

Cosa sono gli oneri di urbanizzazione e a cosa servono?

Gli oneri di urbanizzazione sono i contributi economici che chi costruisce nuovi edifici (o compie rilevanti trasformazioni edilizie) deve versare al Comune. Si tratta, in sostanza, di una forma di “compensazione” per l’impatto che la nuova costruzione avrà sul territorio: queste somme sono destinate a finanziare le opere pubbliche (infrastrutture e servizi) necessarie a supportare il nuovo insediamento. In questo modo, la spesa per realizzare strade, fognature, scuole, parchi e altre opere dovute all’aumento di carico urbanistico non ricade interamente sulla collettività, ma viene in parte coperta da chi costruisce.

La legge distingue due categorie di oneri, in base al tipo di opere finanziate: gli oneri di urbanizzazione primaria che riguardano le opere essenziali come strade, spazi di sosta e parcheggio, fognature, reti idriche ed elettriche, distribuzione del gas, illuminazione pubblica e aree verdi attrezzate (art. 16, comma 7, T.U. Edilizia). Sono interventi di base, indispensabili per rendere abitabile e accessibile la nuova edificazione. E gli oneri di urbanizzazione secondaria che sono destinati a opere di carattere sociale e collettivo, ad esempio asili nido e scuole, strutture sanitarie, impianti sportivi di quartiere, aree verdi e parchi pubblici, mercati di quartiere, edifici di culto o cimiteri (art. 16, comma 8, T.U. Edilizia). Queste opere servono a potenziare i servizi pubblici e la qualità della vita in conseguenza dell’aumento di popolazione o di utilizzatori dovuto alle nuove costruzioni.

In pratica, al momento del rilascio di un permesso di costruire (o della presentazione di una Scia per interventi rilevanti), il Comune calcola l’importo degli oneri dovuti in base alle dimensioni e alla destinazione d’uso del progetto, seguendo apposite tabelle stabilite dal Comune stesso in conformità alle linee guida regionali. Il privato può quindi versare tale contributo nelle casse comunali – contributo che verrà vincolato alla realizzazione di quelle infrastrutture e servizi pubblici previsti – oppure, in alcuni casi, può eseguire direttamente alcune opere di urbanizzazione in accordo con il Comune, ottenendo in cambio lo scomputo (cioè la detrazione) del costo di quelle opere dall’importo dovuto. In ogni caso, lo scopo fondamentale degli oneri di urbanizzazione è assicurare che lo sviluppo edilizio privato contribuisca finanziariamente alle esigenze di infrastrutture e spazi pubblici della città, in modo equilibrato e programmato.

 ⁠C’è un obbligo di aggiornamento ogni 3 anni per gli oneri di urbanizzazione?

Sì, esiste un obbligo normativo di aggiornare periodicamente gli oneri di urbanizzazione. In Lombardia, l’art. 44 della legge regionale n. 12 del 2005 prevede esplicitamente che i Comuni debbano rideterminare gli oneri almeno ogni tre anni, tenendo conto dei costi aggiornati per le opere pubbliche previste (ad esempio secondo il piano triennale delle opere).

Nel caso di Milano, tuttavia, questo obbligo non è stato rispettato per lungo tempo: dal 2007 fino al 2023 gli oneri sono rimasti invariati, senza i dovuti adeguamenti triennali previsti. Solo di recente, nel 2023, il Comune ha proceduto a un adeguamento significativo delle tariffe, dopo ben 16 anni di immobilità. In precedenza, gli oneri a Milano erano notoriamente bassissimi – si stima rappresentassero meno del 5% del valore immobiliare, a fronte di percentuali molto maggiori in altre città europee – e questo congelamento prolungato ha di fatto favorito i costruttori, riducendo il contributo dovuto per le nuove edificazioni. L’adeguamento del 2023 ha aumentato gli importi soprattutto per le costruzioni nelle zone centrali (dove gli oneri sono più che raddoppiati), mentre in periferia gli incrementi sono stati più modesti. Resta il fatto che, per molti anni, Milano non ha adempiuto all’obbligo di revisione periodica, e proprio questo è uno dei nodi emersi nell’inchiesta urbanistica: la mancata revisione ha mantenuto artificiosamente bassi i costi a carico dei privati.

 ⁠Un mancato versamento di questo o presunti sconti potrebbero far riconoscere un danno erariale?

Potenzialmente sì. Se il Comune non incassa gli oneri dovuti – sia per un’omissione nei pagamenti, sia perché quegli oneri vengono ridotti indebitamente – si configura una perdita di entrate per l’ente pubblico, quindi un danno alle finanze comunali (danno erariale in senso lato).

Più nello specifico: il fulcro della questione riguarda progetti autorizzati come semplici ristrutturazioni edilizie mediante SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) anziché come nuove costruzioni con regolare permesso di costruire o pianificazione attuativa. La SCIA, infatti, è uno strumento di semplificazione che consente al privato di dichiarare l’inizio lavori sotto la propria responsabilità, senza un’approvazione preventiva, per interventi di ristrutturazione (anche pesante) conformi agli strumenti urbanistici. Essa ha tempistiche rapide (silenzio-assenso dopo 30 giorni) e non richiede la presentazione di un piano attuativo dettagliato, a differenza di interventi di nuova edificazione di maggiore impatto.

L’uso improprio della SCIA – dichiarando come “ristrutturazione” quella che di fatto è una nuova costruzione con aumento di volumetria – permette di eludere vincoli urbanistici e di ridurre gli oneri dovuti: le opere vengono inquadrate in modo da comportare contributi minori rispetto a quelli di una nuova edificazione. In altri casi, permessi di costruire sono stati rilasciati con errata determinazione degli oneri o con indebite esenzioni, sempre con l’effetto di un minor ingresso di denaro nelle casse comunali.

Proprio in tal senso, un caso emblematico è quello delle Park Towers di Milano (zona Crescenzago), dove il Comune ha incassato oneri significativamente inferiori al dovuto grazie a uno sconto improprio. In pratica il progetto – due torri residenziali di 17 e 24 piani – venne classificato come semplice ristrutturazione di un piccolo edificio esistente, anziché come nuova costruzione, potendo così usufruire di uno sconto sugli oneri. I costruttori versarono circa 1,83 milioni di euro tra oneri di urbanizzazione e contributo sul costo di costruzione, invece dei 2,15 milioni circa che sarebbero stati dovuti se l’intervento fosse stato riconosciuto per quello che era (una nuova edificazione a tutti gli effetti). La differenza – 321 mila euro – rappresenta un mancato introito per il Comune, che i magistrati contabili lombardi hanno immediatamente individuato come danno erariale provocato da quell’operazione. Basta pensare che le Park Towers sono solo una delle circa 150 operazioni edilizie analoghe finite sotto la lente degli inquirenti: è facile intuire come il danno complessivo per le casse pubbliche, sommando tutti questi casi, possa ammontare a parecchie decine di milioni di euro. In tutti questi episodi, l’elemento comune è il medesimo: oneri non pagati (o sottopagati) rispetto al dovuto, con un chiaro pregiudizio finanziario per l’amministrazione pubblica.

Quali sono i presupposti per far riconoscere un danno erariale?

Perché un danno erariale venga formalmente riconosciuto (e contestato) dalla Corte dei Conti devono sussistere alcuni presupposti fondamentali: un danno effettivo alle finanze pubbliche e cioè dev’esserci una concreta perdita economica per l’ente pubblico. Nel nostro caso, ad esempio, il mancato incasso di oneri di urbanizzazione per centinaia di migliaia di euro costituisce un danno patrimoniale reale ai danni del Comune.

O ancora una condotta illecita o gravemente negligente del pubblico agente: il danno deve derivare dal comportamento di uno o più soggetti legati alla Pubblica Amministrazione (amministratori, funzionari o dipendenti) che abbiano violato norme o omesso i propri doveri con negligenza grave. In altre parole, occorre individuare un errore, un abuso o un’omissione nell’azione amministrativa contrario ai doveri d’ufficio, da cui scaturisce la perdita economica.

Deve esserci anche un nesso causale tra condotta e danno: va provato che proprio quella condotta irregolare ha causato il danno. Bisogna cioè dimostrare che, se il soggetto avesse agito correttamente (rispettando le procedure e le leggi), il danno alle casse pubbliche non si sarebbe verificato. Ad esempio, se i funzionari comunali avessero chiesto per le Park Towers gli oneri pieni dovuti per una nuova costruzione, il Comune avrebbe incassato quei 321 mila euro in più e non ci sarebbe stata alcuna perdita.

La legge richiede, quindi, requisiti oggettivi (danno effettivo, condotta illecita e nesso causale tra condotta e danno), ma anche un requisito soggettivo di colpevolezza: la condotta deve essere caratterizzata almeno da colpa grave (grave negligenza) o addirittura dolo, affinché vi sia responsabilità erariale personale.

Non ogni errore amministrativo dà luogo a un’azione della Corte dei Conti – sono esclusi gli errori lievi o scusabili – ma solo le violazioni più macroscopiche dei doveri d’ufficio, quelle dovute a negligenza inescusabile o a volontà di aggirare la legge. Nel caso di Milano, ad esempio, la Procura contabile contesta ai tre funzionari coinvolti nel caso Park Towers proprio un’omissione avvenuta «quantomeno con colpa grave», evidenziando una “macroscopica violazione dei doveri elementari” di comportamento da parte loro. Ciò significa che quei dirigenti comunali, omettendo di verificare adeguatamente la pratica edilizia, hanno mostrato un grado di negligenza talmente elevato da integrare tutti i presupposti del danno erariale. Una volta accertate queste condizioni (danno quantificabile, condotta gravemente colposa e nesso causale), la Corte dei Conti può riconoscere formalmente il danno erariale e procedere a citarne i responsabili in giudizio, chiedendo il risarcimento dell’importo perduto a tutela dell’interesse pubblico.

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