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backstair / Shalom, la comunità degli orrori

Come fa la comunità Shalom a non ricevere controlli e somministrare psicofarmaci senza personale medico

Come denunciato da Fanpage.it, nella comunità Shalom gli ospiti vivono tra violenze psicologiche e fisiche. Com’è possibile che in tanti anni la comunità Shalom non abbia ricevuto controlli dell’Agenzia di tutela della salute del territorio?
A cura di Ilaria Quattrone
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Come denunciato in un'inchiesta di Fanpage.it, nella comunità di recupero Shalom, che si trova a Palazzolo sull'Oglio (Brescia), gli ospiti vivono tra violenze psicologiche e fisiche e con un consumo non controllato di farmaci e psicofarmaci. Ma com'è possibile che in tanti anni la comunità Shalom non abbia ricevuto controlli dell'Agenzia di tutela della salute del territorio? Il motivo sembrerebbe essere che questa comunità non è accreditata con il sistema sanitario di Regione Lombardia, ma soltanto autorizzata al funzionamento. E questo consente a chi la gestisce di non dover sottostare alla vigilanza di Ats e di conseguenza di Regione. Cosa accade invece a tutte le altre comunità bresciane accreditate?

La differenza tra autorizzazione al funzionamento e accreditamento

Nel territorio bresciano, le comunità terapeutiche sono 22. Di queste, ben venti sono accreditate. Come si fa a ottenere l'accreditamento? L'autorizzazione al funzionamento è la prima fase. Per poter operare ed erogare trattamenti riabilitativi, è necessario presentare una richiesta di autorizzazione al funzionamento. È fondamentale rispondere ad alcuni requisiti strutturali (sanitari, volumetrici e di spazio) e di dotazione di personale.

Per l'accreditamento è necessario avere requisiti maggiori che riguardano sempre la struttura e il personale. In quest'ultimo caso, per esempio, è necessario avere una quantità di figure professionali tale da poterle dedicare a tutti i tipi di intervento: educatori, assistenti sociali, psicologi, psichiatri, infermieri. In caso di accreditamento, è possibile passare allo step successivo: il contratto economico con Regione. È vero però che è possibile avere solo l'accreditamento, senza alcun tipo di contratto economico. E, in questo modo, è possibile rivolgersi al mercato privato.

Gli episodi dell’inchiesta

Le comunità accreditate: i controlli

Fanpage.it, ha contattato alcune strutture accreditate. Giovanni Zoccatelli, presidente della Cooperativa Bessimo (che conta ben sette comunità sul territorio), ha raccontato che: "Noi abbiamo ogni anno un controllo per gli standard strutturali, uno per quelli funzionali e un altro per l'appropriatezza. Sono controlli che interessano l'adeguatezza igienico-sanitaria, i titoli di studio del personale e l'appropriatezza degli interventi. In quest'ultimo caso, si intende che Ats controlla che gli interventi siano appropriati agli standard fissati da Regione".

E così anche alla Cooperativa San Luigi: "Viene inviata un’equipe multidisciplinare composta da un medico psichiatra, educatori, psicoterapeuti. Ci sono controlli sull'appropriatezza: viene esaminato un campione di cartelle cliniche e verificato che tutto quello che c'è scritto, sia appropriato al soggetto".

"C'è poi un controllo sugli standard funzionali e strutturali. La vigilanza controlla che tutti gli ambienti siano a norma e che siano idonei dal punto di vista igienico-sanitario. Verifica che tutti i giorni siano presenti dal punto di vista del minutaggio tutti gli educatori previsti dal regolamento regionali: è un controllo a 360 gradi".

"Noi abbiamo ispezioni tutti gli anni. Quest'anno, per esempio, abbiamo avuto 4 vigilanze da maggio fino a settembre/ottobre. Ed è giusto così. Se ci sono delle regole, bisogna rispettarle". La Comunità Calabrone descrive le stesse regole raccontate dalle altre due cooperative e aggiunge che, anche nel loro caso, i controlli da parte di Ats avvengono mediamente una volta all'anno.

Le comunità accreditate: la somministrazione di farmaci

Nei filmati mostrati da Fanpage.it, gli ospiti raccontano di terapie farmacologiche che loro giudicano eccessive. Una storia completamente diversa da quella che ci viene raccontata da Zoccatelli della Cooperativa Bessimo: "Le terapie sono prescritte dal Servizio per le tossicodipendenze che ha in carico le persone sul territorio. Quando una persona entra in comunità c'è anche un medico del territorio che si occupa delle terapie generaliste".

Nelle strutture della cooperativa Bessimo non esiste una farmacia: "Abbiamo uno psichiatra che segue periodicamente i pazienti inseriti e segue il monitoraggio della terapia. Le comunità sono servizi socio-sanitari. Questo significa che non è necessaria una presenza continuativa di una figura socio-sanitaria. La gravità delle condizioni delle persone può suggerire di averlo, ma sono elementi ulteriori rispetto agli standard minimi richiesti".

"Nel nostro caso sono persone che sono in grado di auto-somministrarsi i farmaci. Noi li teniamo in luoghi adatti al mantenimento dei farmaci, nei vari orari vengono e si prendono i farmaci che gli sono stati prescritti. Noi non abbiamo il compito di somministrare i farmaci".

A differenza di quanto accade in Shalom dove "i vecchi", cioè coloro che hanno affrontato un percorso e sono alla fine di esso, somministrano la terapia, nella cooperativa San Luigi la somministrazione non è di competenza della struttura: "Non abbiamo una obbligatorietà. Abbiamo un infermiere che prepara i blister con la terapia giornaliera che teniamo in infermeria. Dopodiché è prevista un'auto-somministrazione con un prelievo al mattino, al pomeriggio e alla sera basata sulla terapia prescritta loro dai servizi territoriali".

Anche nella comunità Calabrone esiste "un’auto-somministrazione controllata. C’è una prescrizione e un piano terapeutico inviato dai servizi ambulatoriali sul territorio che prendono in carico le persone e le inviano nelle nostre strutture".

Le comunità accreditate: il periodo di permanenza

Un altro punto discutibile è il tempo di permanenza all'interno della comunità Shalom. Il semplice fatto di essere autorizzate al solo funzionamento, consente loro di poter stabilire autonomamente la durata del percorso. Peccato che questo si traduce in tempi interminabili. Emblematico il caso di una ospite che vive lì da ormai vent'anni. E anche qui c'è una distinzione sostanziale con le comunità accreditate.

"L’accreditamento regionale prevede 3 mesi per le pronte accoglienze, 18 mesi per le specialistiche e 36 mesi per le terapeutiche e pedagogiche. La nostra realtà – spiegano da Bessimo – ha un po’ tutte le tipologie di trattamento. Andiamo da percorsi brevi che durano tre mesi, sei mesi, nove mesi, 18 mesi al massimo. Mediamente, nel 2021 i nostri percorsi duravano sui nove mesi".

"Sono scelte riabilitative che ogni realtà può fare. Le nostre comunità propongono percorsi brevi. Nel nostro caso, ci sono anche persone che rimangono per tre mesi o per 18 mesi. Ma raramente si arriva a due anni. Certo, può capitare che tante situazioni non abbiano sbocchi. Ci sono poi dei percorsi di bassa intensità, tipologia di trattamento che possono avere tempi più lunghi. Al massimo sono 36 mesi che poi in base alla situazione possono essere replicati".

Per la Cooperativa San Luigi la durata del percorso è di massimo tre anni: "In caso di doppia diagnosi con quella psichiatrica, la durata è di 18 mesi che è però prorogabile". È certo però che questa durata, che come spiegano da altre comunità è imposta per legge, è necessaria per prevedere un re-inserimento in società.

"Nel nostro caso, al termine del percorso, ci agganciamo a Cooperative di lavoro per l’inserimento lavorativo. Non riusciamo con tutti: ci sono pazienti e persone che riescono a fare determinati cambiamenti anche a livello di personalità. Riescono a iniziare una vita completamente diversa. E alla base di tutto questo c'è anche l'inserimento lavorativo. Senza lavoro cosa fai? Non puoi vivere solo di assistenza. Vanno monitorati per un periodo, però poi si staccano".

Dello stesso avviso è la cooperativa Calabrone da dove ci spiegano che un periodo di permanenza superiore a quello fissato dagli standard normativi, è eccessivo: "Il periodo all'interno della comunità prevede che una persona si deve fermare e utilizzare gli strumenti forniti da noi. Tutto il nostro pensiero, però, è proiettato per ritornare nel mondo. Rivivere la propria vita.Interrompere la vita per dieci anni è troppo. Noi cerchiamo di inserire le persone nel mondo sociale, di far instaurare nuove relazioni, che non sono quelle del passato e che arrivano dalla cerchia del consumo e cerchiamo di portare le persone a rimettersi nel mondo".

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