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Caso dossieraggi e dati rubati

Caso Equalize, niente arresti domiciliari per Enrico Pazzali: “Nessun pericolo, non ha competenze informatiche”

Dopo la chiusura del primo filone della maxi inchiesta sulle presunte cyber-spie di Equalize, il Tribunale del Riesame ha stabilito che Enrico Pazzali non andrà agli arresti domiciliari perché, secondo i giudici, “non possiede alcuna competenza informatica o investigativa” pericolosa per le indagini.
A cura di Giulia Ghirardi
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Niente arresti domiciliari per Enrico Pazzali, ex presidente di Fondazione Fiera Milano e, secondo gli inquirenti, capo dell'associazione a delinquere finalizzata allo spionaggio attraverso la società Equalize. A deciderlo, il Tribunale del Riesame dopo la richiesta di revisione avanzata dalla procura di Milano che insisteva per la misura cautelare.

Nel corso della giornata di ieri, mercoledì 30 luglio, la Dda di Milano e la Dna hanno chiuso il primo filone della maxi inchiesta sulle presunte cyber-spie di Equalize e sui dossieraggi con accessi abusivi in banche dati che, alla fine di ottobre, aveva portato a quattro arresti, tra cui quelli di Carmine Gallo e l'hacker Calamucci, e a due misure interdittive. Al termine delle indagini condotte dai pm Francesco De Tommasi e Antonello Ardituro, sono 202 i capi d'imputazione e in 15 rischiano il processo. Tra questi anche Enrico Pazzali, l'esperto informatico Nunzio Calamucci e l'imprenditore Lorenzo Sbraccia.

Oggi, però, è stato comunicato che Pazzali non andrà ai domiciliari. Il Riesame di Milano, condividendo la linea del gip Fabrizio Filice che disse no all'arresto, ha infatti ritenuto che non sia necessaria la misura cautelare dei domiciliari per Pazzali perché, sebbene fosse assieme all'ex superpoliziotto Carmine Gallo (morto a marzo) la "mente illecita" dell'associazione per delinquere, "non possiede alcuna competenza informatica o investigativa", pur essendo in grado "di incrementare i profitti derivanti dall'attività da altri svolta". Da qui la mancanza del pericolo di reiterazione del reato, così come non ci sono quelli di inquinamento probatorio e fuga.

A ogni modo, i giudici lo qualificano come un "uomo scaltro" che ha spinto al massimo "una realtà illecita" e che "conosce politici, imprenditori, appartenenti alle Forze dell'ordine" e che ha intrecciato "questa sua rete di conoscenze con le attività delittuose" del gruppo delle presunte cyber-spie. Dalle carte e dalle intercettazioni erano venuti fuori anche altri possibili obiettivi dei presunti spionaggi, come Matteo Renzi, Matteo Salvini, Daniela Santanchè e soprattutto Ignazio La Russa e figli, ma non ci sono imputazioni in merito nella chiusura indagini di ieri. Pazzali si era difeso spiegando che quelle erano solo ricerche dimostrative, per "verificare" il "funzionamento e l'efficienza del software", la piattaforma Beyond, un aggregatore di dati.

Così, alla fine, tra i 15 che rischiano il processo, soltanto per l’imprenditore Lorenzo Sbraccia – già ai domiciliari in relazione a un filone parallelo della vicenda – i giudici hanno ravvisato "anche esigenze di tipo cautelare con conseguente adozione della misura degli arresti domiciliari”.

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