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Caso camici in Regione Lombardia

Caso camici, il cognato di Attilio Fontana aveva provato a ottenere altri due appalti da 2,7 milioni

Il cognato del governatore lombardo Attilio Fontana aveva provato ad assicurarsi altri due appalti per la fornitura di materiale sanitario, del valore totale di 2,7 milioni, oltre al quello da 513mila euro finito al centro del “caso camici”. È quanto emerge dall’inchiesta degli inquirenti milanesi che indagano per frode in pubbliche forniture. Andrea Dini avrebbe infatti partecipato ad altri bandi di Aria (centrale acquisti regionale) e del Pio Albergo Trivulzio, ma gli affari non sono andati a buon fine.
A cura di Simone Gorla
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Andrea Dini, titolare della Dama spa e cognato del governatore lombardo Attilio Fontana, aveva provato a ottenere altri due appalti per la fornitura di materiale sanitario, oltre a quella finita al centro delle indagini sul "caso camici". È quanto emerge dalle indagini della Procura di Milano per frode in pubbliche forniture che coinvolgono Fontana, il cognato, l'ex dg di Aria (la centrale acquisti di Regione Lombardia) Filippo Bongiovanni e una sua collaboratrice.

Il caso della fornitura da 513mila euro, sollevato da Report, ha scatenato polemiche furiose per il sospetto di conflitto di interessi nei confronti del presidente della Regione, che si è difeso dicendo di non avere saputo nulla dell'accordo inizialmente (la sua capo segreteria lo ha descritto come "sbigottito" dalla notizia) e di aver poi invitato il cognato a trasformare la fornitura in donazione, come è poi avvenuto. Una nuova bufera si è però sollevata quando è emerso che lo stesso Fontana aveva disposto un bonifico da un conto svizzero a favore di Dini per "risarcirlo" della perdita subita. Inoltre è emerso che la Dama spa aveva provato a rivendere una parte dei camici "stornati" dalla donazione.

Lo stesso Dini all'inizio aveva sostenuto di essere stato all'oscuro di tutto, parlando di un errore da parte dell'amministrazione che non avrebbe dovuto mandare la fattura alla Regione. Ma nuovi elementi emersi dalle indagini dei pm Carlo Scalas, Paolo Filippini e Luigi Furno emerge ora – stando a quanto riportato da Repubblica e Il Fatto Quotidiano – aveva provato a ottenere altre forniture, per un totale di circa 2,7 milioni di euro, con Aria e con il Pio Albergo Trivulzio. 

Si tratta di due appalti più grandi di quello che ha dato il via al caso, ma che non sono andati a buon fine. Il primo doveva essere analogo all'accordo già stipulato con Aria, con l'aggiunta di 200mila camici. Il secondo doveva essere una fornitura da un milione e mezzo di euro alla nota casa di riposo milanese. In entrambi i casi però la Regione ha bloccato tutto, mentre già infuriavano le polemiche.

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