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Omicidio Carol Maltesi

Carol Maltesi, uccisa perché voleva trasferirsi: “Davide Fontana le ha tolto barbaramente la vita”

Il giudice ha convalidato il fermo nei confronti di Davide Fontana, l’uomo è accusato del femminicidio di Carol Maltesi.
A cura di Ilaria Quattrone
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Davide Fontana (in primo piano) con la sua vittima Carol Maltesi, in arte Charlotte Angie
Davide Fontana (in primo piano) con la sua vittima Carol Maltesi, in arte Charlotte Angie
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L'avrebbe uccisa perché lei voleva trasferirsi. È questo il movente che avrebbe spinto Davide Fontana a uccidere barbaramente Carol Maltesi, la ragazza di 26 anni i cui resti sono stati trovati lo scorso 20 marzo in un dirupo a Borno, in provincia di Brescia. Durante l'interrogatorio di convalida, che si è svolto oggi, l'uomo ha detto che lo scorso gennaio la ragazza le aveva detto di voler lasciare Rescaldina per trasferirsi tra la provincia di Verona, dove viveva il figlio, e Praga.

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Il delitto risale a metà gennaio

Per il giudice per le indagini preliminari, che ha convalidato il fermo, l'uomo "le toglieva barbaramente la vita" approfittando della fiducia che la donna aveva in lui. Il delitto risale a metà gennaio e sarebbe avvenuto nell'appartamento di lei a Rescaldina (Milano). Dopo aver avuto un rapporto sessuale, l'avrebbe colpita con un martello "con bestiale violenza". Dopodiché le avrebbe tagliato la gola. Un gesto che per il gip invece sarebbe avvenuto "nella consapevolezza che la giovane, per quanto agonizzante, ancora fosse in vita".

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Il piano elaborato per disfarsi del corpo

Da quel momento avrebbe iniziato a lavorare a un piano per liberarsi del corpo. Il giorno dopo il femminicidio, sarebbe andato in un negozio e avrebbe acquistato una accetta e un seghetto che avrebbe poi usato per farlo a pezzi. Ha poi comprato un freezer dove ha nascosto i resti e delle tende oscuranti per coprire le finestre del soggiorno dell'appartamento.

Ha poi fatto dei sopralluoghi in alcune zone della Lombardia durante i quali avrebbe trovato anche il tempo di recensire le strutture in cui veniva ospitato. In quei giorni avrebbe anche tentato di dare fuoco ai sacchi, ma senza riuscirvi. Il 19 marzo – il giorno prima di abbondare i sacchi a Borno – avrebbe provato ad "asportare" i tatuaggi con una lama e a sfregiarla in viso così da renderla irriconoscibile: "Si tratta di azioni che mostrano – scrive il gip – in maniera assolutamente lampante la ferma, pervicace, inamovibile volontà dell’indagato di evitare le conseguenze delle sue gravissime azioni".

Rispondeva ai messaggi al suo posto

Durante l'interrogatorio ha inoltre affermato di essersi finto Carol per tutti e due i mesi: rispondendo ai messaggi dei follower o dell'ex compagno e padre del piccolo. Un'amica comune ha raccontato di aver sentito per l'ultima volta Carol, con un messaggio vocale, l'11 gennaio. Dal 14 gennaio, le aveva inviato solo dei messaggi scritti. Aveva quindi scritto anche a Fontana che gli assicurava che la ragazza stesse bene. Fontana il 20 marzo avrebbe poi preso l'auto della ragazza e avrebbe gettato i resti nel dirupo. I sacchi sono poi stati trovati da Fausto Fedrighi che ha così allertato i carabinieri.

Il ritrovamento del corpo

Grazie all'elenco di ben undici tatuaggi presenti sul corpo, la Procura ha potuto lanciare un appello che ha così consentito di poter risalire all'identità della vittima. Un uomo, fan della vittima, ha così deciso di inviare una segnalazione al giornale BsNews.it. I giornalisti avevano ottenuto il contatto di Carol e provato a inviarle dei messaggi. Messaggi a cui Davide Fontana ha risposto fingendosi la vittima. Un modus operandi che avrebbe adottato anche con genitori, amici e con l'ex compagno della donna. Alla richiesta del giornalista di inviare un messaggio vocale o parlare al telefono, Fontana ha interrotto la conversazione.

L'interrogatorio dell'uomo

Il 28 marzo mattina, l'uomo si è poi presentato spontaneamente dai carabinieri di Rescaldina. A loro aveva raccontato che, lo scorso gennaio, Carol le aveva detto di volersi trasferire in provincia di Verona per potersi prendere cura del figlio. Ha poi detto di non averla più rivista, di averla sentita solo tramite messaggi e di aver notato che spesso – i due erano vicini di casa – vedeva le luci dell'appartamento accese.

In serata Fontana è stato ascoltato, nei locali del comando provinciale di Brescia, dal pubblico ministero titolare dell'indagine. Durante questo interrogatorio, sarebbero emerse delle contraddizioni nel racconto del 43enne e, spontaneamente, ha poi confessato l'efferato gesto. Oggi al gip ha detto di essere andato dai carabinieri perché "non ce la faceva più". Inoltre ha affermato di aver avuto anche l'intenzione di suicidarsi, una volta tornato a casa. Alla fine dell'interrogatorio, il giudice ha convalidato l'arresto. Quello di Carol resta un terribile femminicidio. L'atto di un uomo che ha deciso di privarla della vita solo perché "voleva seguire i propri progetti e aspirazioni lontano dall'indagato".

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