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Bambini di 8 anni nudi in video e abusi su neonati: cinque arresti per pedopornografia in Lombardia

Cinque persone sono state arrestate nell’ambito di un’operazione finalizzata al contrasto della pedopornografia online condotta dalla Polizia di Stato di Milano: uno di loro, per anni, avrebbe commesso abusi sessuali su alcune bambine. Le perquisizioni sono state eseguite nelle province di Como, Lodi, Monza Brianza, Milano, Pavia e Varese: migliaia i file multimediali rinvenuti.
A cura di Francesca Del Boca
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Cinque persone sono state arrestate nell'ambito di un'operazione finalizzata al contrasto della pedopornografia online condotta dalla Polizia di Stato di Milano. Uno di loro, per anni, avrebbe commesso abusi sessuali su due bambine a lui legate da vincolo di parentela e su una loro amica: l'uomo godeva della fiducia dei genitori, e per lungo avrebbe avuto in affidamento le tre piccole. Le perquisizioni sono state eseguite nelle province di Como, Lodi, Monza Brianza, Milano, Pavia e Varese.

Qui gli agenti hanno raccolto un ingente quantitativo di materiale pedopornografico tra telefoni, pc e altri dispositivi, documentando come i cinque abbiano indotto bambini di 7 e 8 anni a compiere atti sessuali in streaming. Ma non solo. Le perquisizioni informatiche  hanno anche portato alla luce la condivisione online di video con abusi sessuali a danno anche di neonati.

L'indagine, svolta dal Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica di Milano e diretta dalla Procura milanese, è nata su impulso del Centro Nazionale per il contrasto alla pedopornografia online (CNCPO) del Servizio Polizia postale e delle comunicazioni, dopo una segnalazione giunta in ambito di cooperazione internazionale di polizia su utenti italiani coinvolti nella detenzione e diffusione di materiale pedopornografico.

La Polizia Postale di Milano ha analizzato oltre 117mila connessioni, rinvenendo migliaia di file multimediali e riuscendo a identificare 26 persone, di cui 5 già gravate da pregiudizi specifici. Queste ultime, per restare anonime, avevano creato i profili social servendosi di caselle di posta elettronica aperte con dati fittizi e accedendo alla rete attraverso Wi-Fi “aperte” o connessioni intestate a terzi.

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