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“Alessia Pifferi chiedeva soldi per la figlia e li spendeva per le sue serate”: la rivelazione della Polizia

Il dirigente della Squadra Mobile di Milano Marco Calì ha testimoniato in aula nel processo a carico di Alessia Pifferi, accusata di avere lasciato morire di stenti la sua bambina di 18 mesi. “È emersa una gestione molto superficiale della figlia, che mal si conciliava con il suo stile di vita”
A cura di Francesca Del Boca
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Automobili di lusso, valigie colme di vestiti da sera, taxi privati. Nei giorni immediatamente antecedenti alla morte di sua figlia Diana, lasciata senza cibo e acqua in casa da sola per giorni, Alessia Pifferi si concedeva vizi da star e spese folli. Come il noleggio di una limousine il 7 luglio, circa due settimane prima del ritrovamento del corpicino senza vita nell'appartamento di Ponte Lambro, per raggiungere il fidanzato a Leffe (Bergamo). Costo finale, oltre 500 euro.

Ma come giustificava queste spese esagerate? "A un'amica aveva raccontato che l'auto serviva per la festa di battesimo della piccola Diana", riporta infatti il dirigente della Squadra mobile di Milano Marco Calì, ascoltato nel corso del processo a carico della donna. "Ma non ci fu nessun battesimo. La vettura serviva solo per trascorrere una serata romantica con il proprio compagno". E ancora. "In alcune chat chiedeva prestiti di denaro con la scusa che le servivano per la bambina, quando in realtà servivano per pagarsi le sue serate romantiche".

I giorni di Alessia Pifferi prima della morte di Diana

Da questi dettagli gli inquirenti stanno così ricostruendo la vita di Alessia Pifferi, la 38enne che la scorsa estate ha lasciato morire di stenti la figlia Diana in un appartamento di Ponte Lambro, Milano, per passare qualche giorno dal compagno nella Bergamasca. E dipingono un quadro ormai chiaro. "Alessia Pifferi conduceva un tenore di vita al di sopra delle sue possibilità", sempre le parole del comandante in aula. Spendendo e spandendo per sé e per l'uomo che amava, senza pensare a Diana. Dal traffico telefonico, non risultano mai chiamate a babysitter (che la donna sosteneva di aver fatto, prima di andare via) quanto telefonate a taxi e noleggi auto di lusso. "Tra il 14 e il 20 luglio la Pifferi si spostò diverse volte dalla casa del compagno a Leffe, e tutte le volte servendosi di trasporti privati da 300 euro a tratta". Con sé, un trolley contenente decine di vestiti da sera. 

A casa, intanto, il frigorifero era vuoto, "con all'interno solo un piatto di pasta fredda", e pannolini usati sparsi sul pavimento. Diana, 18 mesi, resta immobile sul seggiolone per sei giorni, murata dentro un appartamento bollente. Nello stomaco vengono ritrovati brandelli del suo pannolino, probabilmente ingeriti in preda ai morsi della fame.

"Chiedeva prestiti di denaro in chat per le serate romantiche"

Ma con che soldi la 38enne della periferia di Milano, disoccupata e ragazza madre, riusciva a sostenere questo costosissimo stile di vita? "In alcune chat, la Pifferi chiedeva prestiti di denaro con la scusa che le servivano per la bambina, quando in realtà servivano per pagarsi le sue serate romantiche". E non solo. "Per potersi permettere questo stile di vita, con taxi privati da 300 euro a tratta, incontrava spesso uomini, facendosi pagare". Un obiettivo, quello di passare il più tempo possibile insieme al compagno, che aveva azzerato tutto il resto. Sia prima che dopo. "Alessia Pifferi non ha mai pianto di fronte a me. E ha sempre fornito versioni contrastanti".

La 38enne, reclusa da un anno nel carcere di San Vittore, ora rischia l'ergastolo per omicidio volontario, aggravato dalla premeditazione e da motivi futili e abietti. Il commento del dirigente in aula, intanto, è uno solo: "È emersa una gestione molto superficiale della bambina, che mal si conciliava con il suo stile di vita".

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