A Milano si torna a parlare di stipendi più alti rispetto alle altre città d’Italia: “Qui la vita costa troppo”

È notizia di poche settimane fa l’accordo (firmato il 10 aprile scorso dalle associazioni delle aziende Confartigianato, Cna, Claai e Casartigiani Lombardia, e da Cgil, Cisl e Uil) sul rinnovo del contratto regionale per gli autotrasportatori, che porta un aumento in busta paga maggiorato per i lavoratori delle 6.068 imprese in Lombardia: qui, infatti, un autotrasportatore può portare a casa adesso tra i 2.800 e i 3.500 euro al mese, fino a mille euro in più di prima.
Una misura dichiaratamente disposta per combattere il carovita di Milano e dintorni e la conseguente carenza di personale al Nord, in costante fuga per affitti alle stelle e costi ormai proibitivi: nel pubblico impiego, un tempo certezza granitica e pilastro delle città, sono state ad esempio addirittura seimila le dimissioni volontarie negli ultimi 18 mesi, mentre tra il 2022 e il 2023, il numero di occupati statali è diminuito del 15 per cento, con oltre 32mila dipendenti in meno.
È un caso isolato quello che ha riguardato gli autotrasportatori lombardi, portandoli a guadagnare più dei loro colleghi di altre regioni? O sarà un esempio virtuoso per le altre categorie più flagellate dal carovita, dai ferrovieri agli insegnanti, dagli impiegati ai dipendenti della ristorazione? Insomma, parlare di salari più alti per chi vive e lavora a Milano è possibile, nonostante le classifiche che da tempo incoronano la città come capitale delle buste paga più sostanziose (grazie soprattutto ai tantissimi super ricchi, imprenditori, ereditieri e manager con patrimoni sconfinanti e residenza all'ombra della Madonnina, terza realtà in Europa per numero di Paperoni)?

Risposta secca: sì. In tutte le aree d’Italia dove il carovita morde di più si deve utilizzare la contrattazione territoriale per riequilibrare il rapporto tra costo della vita e stipendi. Chi fa lo stesso lavoro, in due punti diversi del Paese, deve avere un tenore di vita simile. E la contrattazione territoriale si può utilizzare anche in quelle aree dove servono più servizi, più welfare. Non crea disparità, perché il contratto nazionale resta lo stesso, ma viene applicato e dettagliato sul territorio.
Di quanto si potrebbero alzare, nel concreto, gli stipendi?
Se guardiamo a Milano, il gruppo di studio coordinato dal professor Maurizio Del Conte evidenzia che sotto 10 euro all’ora, nella città metropolitana, è lavoro povero. Oggi ci sono contratti che pagano poco più della metà. Il primo passo è recepire la soglia della povertà, come del resto prevede la nostra Costituzione: nessun lavoratore, da nessuna parte in Italia, deve essere pagato meno di quella soglia. Poi c’è il tema di tutti gli altri stipendi, che soffrono il carovita. Spetta a sindacati e associazioni datoriali definire gli aumenti categoria per categoria, ma è anche vero che molti contratti prevedono dei meccanismi automatici di adeguamento: se sale il livello minimo, non si appiattiscono, ma salgono anche gli altri livelli.
Cosa è accaduto ultimamente con il contratto degli autotrasportatori?
È stato firmato un contratto territoriale che si applica agli autotrasportatori in Lombardia. Con aumento degli importi stimato dai 300 euro agli 800 euro euro al mese, fino a mille. La motivazione principale è il costo della vita. È qualcosa di più di un successo limitato a una categoria. È un precedente importante, ora lo stesso criterio va esteso a tutti i lavoratori attraverso la contrattazione di secondo livello.
Cosa succederà in futuro?
Prevedere il futuro è sempre difficile, ma un sindacato, la UIL, tramite il suo segretario generale Enrico Vizza ha già sollevato la necessità di un accordo quadro regionale per la contrattazione territoriale e di filiera, rivolgendosi alle istituzioni regionali. Sarebbe un passaggio importante e potenzialmente decisivo per allargare la contrattazione territoriale a più categorie.
Beppe Sala chiama in causa il governo. Cosa possono fare Comune e Regione?
In Italia gli stipendi non li fa il governo. Partiamo da quello che possono fare Comune e Regione, ovvero rendersi protagonisti di una stagione di contrattazione territoriale sia come datori di lavoro, sia come abilitatori di tavoli per la contrattazione territoriale. Se ci sono ostacoli, ed è realistico pensare che in alcune categorie ve ne siano, Comune e Regione dovrebbero adoperarsi per superarli. In questo può avere un grande ruolo anche il welfare territoriale. Poi, certo, il governo deve fare la sua parte. Penso ai trasferimenti di risorse, alle regole dei bandi pubblici. E soprattutto alla detassazione degli aumenti raggiunti attraverso la contrattazione di secondo livello, che è una proposta fondamentale per riequilibrare il rapporto tra costi e stipendi: per ogni 100 euro di budget aziendale per gli aumenti, 100 euro devono entrare nella disponibilità del lavoratore, non 50. Altrimenti la partita con il carovita è persa in partenza.
Sempre il sindaco Beppe Sala, su questo tema, era stato in passato duramente attaccato ("Chi lavora a Milano deve essere pagato di più", disse solo un paio di anni fa). Ora, invece, è tornato a cavalcare l'argomento. Cosa è cambiato?
Esiste sempre la paura che riconoscere qualcosa di più in alcune aree penalizzi i lavoratori di altre aree. Con la contrattazione territoriale, però, il problema non si porrebbe. A differenza delle vecchie e giustamente abolite “gabbie salariali”, non esiste nessun meccanismo di compressione artificiale degli stipendi altrove. Anzi, la contrattazione territoriale può essere un pungolo per quella nazionale: se oggi le parti sociali riconoscono qualcosa in più a Milano e Roma, per fare un esempio, domani è più facile estenderlo a tutta Italia. Dove l’economia è più forte, dove ci sono più risorse ma la vita costa di più (e molto di più in qualche caso) è giusto che gli stipendi siano adeguati per attutire l’impatto del carovita sulle persone.
Sarà possibile, per chi vive e lavora a Milano, ottenere anche agevolazioni su casa e affitto?
Serve una vera politica per la casa, sapendo che non avrà fisiologicamente effetti immediati. E che i beneficiari saranno in numero inferiore rispetto alla vasta platea che soffre il carovita. È giusto e urgente metterla in campo, ma non può essere un pretesto per non affrontare il tema stipendi. E, al tempo stesso, sul tema casa bisogna trovare soluzioni efficaci anche nel breve adeguando le detrazioni nazionali per l’affitto, che già esistono, al mercato immobiliare milanese. Permettere di recuperare una parte dell’affitto in busta paga sarebbe una boccata d’ossigeno per molti.