“37 giorni per il progetto, ma oltre 5 anni di accordi”: la lettera da cui è partita l’inchiesta su San Siro

"Volevo trasformare il mio interesse per lo stadio in un interesse concreto insieme ad altri operatori dello spettacolo. Ma ci siamo dovuti fermare. E non per mancanza di idee, ma per le modalità con cui è stato presentato l’Avviso pubblico per la raccolta di manifestazioni di interesse. In particolare, i tempi: appena 37 giorni per presentare una proposta, a fronte dei 5 anni e mezzo di interlocuzioni goduti dai fondi che gestiscono le due società calcistiche". Questo è quanto scritto da Claudio Trotta, organizzatore di concerti, storico promotore di eventi e fondatore del comitato Sì Meazza, nella lettera aperta che lo scorso 15 aprile ha indirizzato al sindaco Sala e che Fanpage.it ha potuto visionare.
Oggi, mercoledì 5 novembre, mentre il Comune e le squadre Inter e Milan hanno firmato il rogito per la vendita del Meazza e delle aree limitrofe, la procura di Milano ha aperto un'indagine per turbativa d'asta sulla compravendita dello stadio di San Siro. Un punto chiave dell'indagine potrebbe essere proprio la lettera scritta da Trotta – che è stato ascoltato oggi dai pm Paolo Filippini, Giovanna Cavalleri e Giovanni Polizzi – nella quale emergerebbe che, nonostante la volontà, il promoter sarebbe stato impossibilitato a partecipare al bando del Comune a causa delle tempistiche troppo strette. Questo, però, porta a interrogarsi su una questione: se San Siro sia ancora un bene pubblico, o se, invece, sia già diventato un affare privato.
La lettera aperta di Claudio Trotta
Definendo San Siro "il simbolo vivo dello sport, della cultura e dello spettacolo dal vivo" e ricordando i 170 concerti ospitati dal 1980 e il suo valore affettivo per la città, nella lettera il fondatore del comitato Sì Meazza ha spiegato che avrebbe voluto partecipare con altri "operatori dello spettacolo" alla valorizzazione dell’impianto, ma di essersi dovuto fermare "non per mancanza di idee o coraggio, ma per le modalità dell’avviso pubblico" relativo alla vendita dello stadio e delle aree limitrofe, ritenute troppo restrittive.
Trotta, infatti, critica soprattutto i tempi: appena 37 giorni per presentare una proposta, contro i 120 che molti operatori ritenevano necessari. Non solo. Il promoter fa riferimento anche al perimetro dell’operazione: non solo lo stadio, bensì l’intero "compendio immobiliare della Grande Funzione Urbana San Siro", un’area tre volte più grande dell’impianto. Un’estensione che, secondo Trotta, trasformerebbe la vendita in "una vera e propria operazione immobiliare", marginalizzando chi lavora nel mondo dello sport e della cultura.
E oggi, mercoledì 5 novembre, la Procura di Milano ha aperto un fascicolo esplorativo – al momento senza indagati né ipotesi di reato – per verificare la regolarità della procedura di vendita e della valutazione economica dell’impianto e delle aree limitrofe che, secondo l’Agenzia delle Entrate, sarebbe di circa 197 milioni di euro. Cifra su cui diversi osservatori e comitati hanno già espresso la propria perplessità. Il sindaco Sala ha definito l’apertura del fascicolo "un atto dovuto", ricordando che la stima è stata effettuata da un organo statale e ribadendo che il Comune non parteciperà con fondi pubblici alla demolizione o ristrutturazione dello stadio.
La vicenda, però, sembrerebbe non essere conclusa. La lettera di Trotta, più che un appello, sembra più un atto d’accusa contro una procedura che, sotto la veste della trasparenza, rischia di favorire pochi grandi interessi immobiliari. E se un cittadino con decenni di esperienza nella gestione di eventi non riesce a presentare un progetto per mancanza di tempo, allora verrebbe da chiedersi se San Siro sia ancora un bene pubblico, o se sia già diventato un affare privato.