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Migranti, l’ong Sos Méditerranée: “421 persone in mare per 4 ore in attesa dei libici”

Migranti rimasti senza soccorso in mare per 4 ore: la nave dell’ong non poteva intervenire, nonostante il barcone di legno si trovasse in acque internazionali, perché attendeva l’autorizzazione da Roma.
A cura di Annalisa Cangemi
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La nave Aquarius della ong Sos Méditerranée ha attraccato al porto di Catania questa mattina con a bordo 421 migranti salvati sabato. Ma l'ong ha lanciato ha denunciato di essere rimasta ferma per ore, in attesa di un segnale da Roma. "Noi costretti dalla Guardia costiera italiana ad osservare impotenti operazioni dei libici che riportano indietro le persone". Come ha raccontato Alessandra Ziniti di Repubblica, che riportato le testimonianze degli operatori, il naufragio era avvenuto in acque internazionali e quindi in teoria l'organizzazione umanitaria avrebbe potuto prestare immediatamente i soccorsi. Ma per rispettare le indicazioni giunte da Roma hanno atteso l'arrivo di una motovedetta libica. Motovedetta che non è mai arrivata.

"Abbiamo individuato il gommone che sapevamo, considerate le condizioni meteo e quelle dell’imbarcazione stessa, poteva rompersi e affondare da un momento all’altro. Siamo rimasti pronti ad intervenire con il nostro team e il nostro equipaggiamento professionale. Durante le quattro ore di stand by le condizioni meteo sono peggiorate aumentando cosi il rischio di naufragio", ha raccontato Nicola Stalla, coordinatore dei soccorsi di Sos Méditerranée.

Sul barcone di legno c'era anche una donna in avanzato stato di gravidanza, che proprio per la lentezza dei soccorsi, ha rischiato di partorire sulla nave. Molte donne hanno raccontato di avere subito violenze e torture da parte dei trafficanti. A bordo c’era anche un bambino di tre anni, con crisi epilettiche, trasferito prima all’ospedale di Siracusa e poi a Messina.

Secondo le testimonianze raccolte a bordo dai volontari, i migranti  fanno parte di uno stesso gruppo detenuto per diversi mesi a Sabratha, poi di recente trasferito a Bani Walid: "Eravamo tutti nella stessa prigione a Sabratha. Un mese fa, a causa della guerra, siamo stati separati in gruppi di 20 persone, caricati su dei furgoni e trasferiti a Bani Walid e poi ammassati in un'altra prigione dove abbiamo trascorso un mese". Il giorno prima della partenza sono stati trasferiti in un altro posto, "una spiaggia dove siamo stati costretti ad aspettare in pieno sole, senza né acqua né cibo. L'imbarcazione ha lasciato la Libia attorno alle 6 del mattino", racconta un ventiseienne eritreo. "Nelle prigioni – aggiunge lo stesso testimone – venivamo picchiati con cavi elettrici. I libici non hanno umanità. Tutti noi eravamo proprietà dello stesso uomo. Altre 600 persone appartenevano ad un altro boss. Nessuno paga lo stesso prezzo per il viaggio in mare. Alcuni hanno pagato mille dollari mentre un altro mi ha detto di averne pagati seimila".

Sull'episodio è intervenuto il deputato di Mdp Arturo Scotto: "Minniti ieri a Bari ha dichiarato che bisogna garantire corridoi umanitari per chi scappa dalle guerre. Giusto. Ma oggi alcune Ong denunciano che l'Italia avrebbe ritardato il salvataggio di oltre 400 persone impedendo l'intervento degli operatori. Cittadini somali ed eritrei rimasti senza soccorso per 4 ore a causa della guardia costiera libica. Un episodio molto grave che getta ulteriori ombre sull'accordo con la Libia di qualche mese fa. Sono questi i corridoi umanitari per Minniti? Di umano ormai non è rimasto nulla". 

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