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“L’Italia ha violato i diritti umani di Bernardo Provenzano”. La condanna della corte UE

Secondo la Corte Europea per i Diritti Umani l’Italia ha illegittimamente detenuto Bernarno Provenzano in regime di carcere duro nonostante le sue gravissime condizioni di salute negli ultimi mesi di vita.
A cura di Davide Falcioni
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L'Italia non avrebbe dovuto continuare ad applicare il regime di carcere duro (41 bis) su Bernardo Provenzano, già gravemente malato, dal 23 marzo 2016 al giorno del decesso del boss mafioso, avvenuto quattro mesi più tardi. A stabilirlo, con una sentenza di condanna, la Corte Europea dei Diritti Umani: secondo i giudici il ministero della giustizia italiano ha violato il diritto di Provenzano a non essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti. Nella sentenza, tuttavia, la Corte di Strasburgo ha affermato che la decisione di proseguire comunque la detenzione del boss mafioso non ha leso i suoi diritti.

Bernardo Provenzano morì il 13 luglio di due anni fa mentre era detenuto al regime di 41 bis nell'ospedale San Paolo di Milano. Il cuore del boss cessò di battere dopo un lungo periodo di malattia e moltissime polemiche sulle sue condizioni di detenzione. Prima del decesso, infatti, i medici gli avevano diagnosticato un grave stato di decadimento cognitivo, lunghi periodi di sonno, rarissime parole di senso compiuto, discorsi del tutto incomprensibili e un quadro neurologico in progressivo, anche se lento, peggioramento. Condizioni così gravi che i medici – nella loro relazione conclusiva – affermarono che il paziente era "incompatibile con il regime carcerario", aggiungendo che "l'assistenza che gli serve è garantita solo in una struttura sanitaria di lungodegenza".

Da anni Rosalba Di Gregorio, avvocato del boss, aveva chiesto senza successo la revoca del regime carcerario duro e la sospensione dell'esecuzione della pena per Bernardo Provenzano, proprio adducendo alle sue condizioni di salute. Di Gregorio negli anni precedenti alla morte aveva presentato due istanze di revoca del 41 bis e tre di sospensione dell' esecuzione della pena. Tutte erano state respinte dai giudici.

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