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Opinioni

Le liberalizzazioni non fanno audience, le polemiche sì

Italia bloccata dagli scioperi, ma l’attenzione dei media si concentra più su sciagure, reality o battute dei politici che sui provvedimenti per far ripartire il paese. C’è da augurarsi che gli Italiani aprano presto gli occhi.
A cura di Luca Spoldi
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Anna Maria Cancellieri

I “forconi”, i taxi e i Tir bloccano l’Italia, in molti casi lamentandosi per provvedimenti che a loro dire lederebbero diritti inalienabili (ignorando o fingendo di ignorare cosa c'è scritto nei provvedimenti stessi) e i media italiani che fanno? Se non stanno ancora morbosamente facendo la telecronaca “dal morto” della Costa Concordia si mettono a discutere se sia più deleterio lo squallore in cui è caduta la dodicesima stagione di un noto reality show o la battuta più o meno felice di un viceministro del governo Monti riguardo all’inopportunità di utilizzare ancora nel 2012 l’università come parcheggio per perditempo.

Mi pare giusto, anzi no mi pare il segno di un degrado culturale ancora prima che morale del paese. Degrado che è probabilmente lo stesso che porta molti commentatori a dividersi tra chi osanna senza dubbio alcuno le misure di “liberalizzazione” con cui il governo Monti vorrebbe far ripartire l’Italia (auguri) e chi le stesse osteggia altrettanto a priori. In entrambi i casi senza darsi la pena di notare che come la poderosa stretta fiscale varata “pro Germanie” avrà un impatto pesantemente recessivo (le più recenti stime del Fondo monetario internazionale prevedono un calo del Prodotto interno lordo italiano del 2,2% quest’anno e dello 0,3% l’anno venturo, mentre per la Spagna la stima è di -1,8% e +0,2% rispettivamente e la Germania forse uscirà indenne dalla crisi che lei stessa ha “virtuosamente” indotto nei PIIGS), così le “non” poderose riforme strutturali che il governo propone e il Parlamento si appresta a disporre (come e quante lo vedremo a breve, alla faccia di chi vuole far credere la storiella dei governi “non democratici” dimenticandosi che ogni singolo atto di tali governi sono pur sempre votati dai rispettivi parlamenti), “non” produrranno effetti particolarmente rilevanti, visto che sono già state quasi totalmente eliminati ogni riferimento a una maggiore concorrenza per banche, assicurazioni, telecomunicazioni, trasporti ferroviari, farmacie, libere professioni e scusate se mi dimentico di qualche altro ambito o soggetto economico.

Ma anziché protestare affinché le liberalizzazioni siano ampie ed eque, semmai graduali e sostenibili, anziché pretendere che alcune richieste legittime vengano prese in considerazione (che senso ha che i taxi, per dirne una, debbano prestare servizio solo nel proprio comune e non possano raccogliere passeggeri fuori comune? Non si otterrebbe più concorrenza così che azzerando o dimezzando d’imperio il valore d’avviamento attualmente incorporato nelle licenze di chi già è taxista?) in Italia si guarda alla forma e ci si scandalizza più che alla sostanza (di cui ormai non sembriamo saperci più scandalizzare).
E quindi guai all’incauto viceministro del Lavoro Michel Martone per aver detto quello che privatamente tutti pensano, che se a 28 o 30 anni sei ancora lì che passi il tuo tempo senza arte né parte all’università, in attesa di un “posto” che non arriverà mai se non tramite amicizie o un più o meno lungo “precariato” che non terrà in alcun conto della tua “carriera” universitaria, ebbene sì, sei uno sfigato.

Non perché tu ti sia trovato in una condizione così scomoda, ma perché in qualche modo non hai fatto nulla per evitarlo, perché altro che “stay hungry stay foolish”, sei stato attaccato alla tranquillità garantitati dai tuoi genitori come una cozza allo scoglio. Chiediamoci perché siamo diventati un paese ricco di Dop, Doc, Docg, divieti, barriere, albi, esami di stato e quant’altro suggeriva un amico, proprio noi che siamo così solerti a sollecitare l’apertura alla concorrenza e l’abolizione di barriere nel resto del mondo e contemporaneamente, magari, non siamo in grado di far rispettare a tutti le nostre stesse regole, specialmente in campo fiscale e previdenziale, creando una discriminazione strisciante ma non per questo poco significativa. Chiediamoci che senso abbia (non ne ha, infatti, almeno a mio personale giudizio) la teoria di chi vorrebbe avviare tutto il mondo (o almeno il “cattivo ed ex colonialista” mondo occidentale, o se proprio non ci riesce almeno quella “sfigata” di Repubblica Italiana) ad una “decrescita felice” che tale non può essere, perché in natura esiste solo uno stato di “decrescita”, la morte. E se permettete per me, mia moglie e mio figlio voglio augurarmi una nuova sana e robusta crescita, ottenuta rompendo col passato, frantumando rendite di posizione, eliminando vincoli, disciplinari, divieti, patti di non concorrenza, albi e corporazioni tutte.

OMG, dirà qualcuno, Spoldi ha perso le rotelle: è possibile visto che l'età avanza, o forse è solo che intravede per la prima volta da anni uno spiraglio per una possibile evoluzione di questo paese e non si dà pace del fatto che una vasta maggioranza di 59 milioni di compatrioti sembrino gradire più i confortanti sogni dell’ideologia alla crudele realtà dei fatti, più i ricordi rassicuranti del tempo che fu alle incertezze del nostro futuro, umana debolezza, eppure grave debolezza visti i tempi. Anche perchè si tratta di un futuro che nessuno ci obbliga a subire, ma per evitare di subirlo smettiamola con le chiacchiere da bar dello sport e iniziamo a valutare oggettivamente le misure proposte dai nostri governanti, le reazioni delle categorie e corporazioni coinvolte, il sostegno diretto o indiretto che i partiti danno all’una o all’altra parte. Almeno saremo consapevoli del nostro destino e forse in grado di governarlo meglio. Qualche segnale in questo senso lo colgo più che nelle discussioni tra economisti o esperti economici a livello della strada: i miei amici negozianti hanno capito che la crisi non era un'invenzione già un anno e più fa. Quando le banche hanno iniziato a suggerire loro di ridurre lo scoperto proprio mentre i loro incassi diminuivano e i controli fiscali aumentavano. Quegli stessi oggi sono ancora angosciati per il futuro a breve ma non sembrano volersi arrendere all'inevitabile e cercano di capire come riorganizzare la propria attività anche in base ai provvedimenti che verranno presi. La fine del mondo non avverrà nel 2012, con buona pace dei Maya e dei profeti di sventura, ma c'è davvero da rimboccarsi le maniche, senza pensare alle battute di Martone (che così sbagliate in fondo non sembrano, sempre a mio personalissimo giudizio beninteso).

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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