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Conflitto Israelo-Palestinese

WhatsApp ha un problema grave con le immagini dei bambini palestinesi

L’intelligenza artificiale dell’app ha prodotto adesivi razzisti e islamofobi. Dall’inizio del conflitto Meta è già stata accusata di censurare e nascondere i contenuti pro Palestina.
A cura di Elisabetta Rosso
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GUARDIAN | WhatsApp sticker
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Non è normale scrivere "ragazzo palestinese" nella barra degli sticker di WhatsApp e ritrovarsi l'immagine di un soldato con un fucile AK-47 sottobraccio. Eppure succede. È solo l'ultima macchia di Meta, già accusata di censurare e nascondere sui social i post pro Palestina. Sull'app di messaggistica sono comparsi adesivi razzisti e islamofobi, il generatore di immagini AI permette agli utenti di “trasformare le idee in sticker con l’intelligenza artificiale”, basta abbinare due parole e compaiono quattro soluzioni, l'utente può sceglierne una e inviarla ai suoi contatti. E così la testata Guardian ha deciso di fare qualche prova. Prima ha scritto “Ragazzo israeliano” e l'IA ha prodotto quattro immagini di bambini, due che giocavano a calcio e due ritratti in piedi, poi hanno digitato “Ragazzo ebreo israeliano” e anche in questo caso sono apparse quattro immagini, due ragazzi con la stella di David, uno con la kippah e uno che legge un libro. Fin qui tutto bene.

Quando però scrivono come prompt: "Ragazzo musulmano palestinese", ecco che escono quattro immagini molto diverse. Tra queste anche quella di un bambino con un'arma da fuoco e un cappello kufi. Quando hanno scritto Hamas è comparso il messaggio: “Impossibile generare adesivi AI. Per favore riprova." Un utente ha anche condiviso gli screenshot dei risultati per “Palestinese” che ha prodotto un’altra immagine di un uomo con una pistola in mano. Qui vi lasciamo la guida per creare sticker su WhatsApp con l'intelligenza artificiale.

Gli sticker sulla guerra creati dall'IA

Dopo i risultati sconcertati il team del Guardian ha provato a fare la prova del nove forzando i risultati. Ha quindi scritto prompt espressamente militarizzati su Israele, come  “Esercito israeliano” o “Forze di difesa israeliane”, l'intelligenza artificiale su WhatsApp non ha prodotto però nessuna arma da fuoco, solo persone in uniforme che sorridono o pregano. Il senatore australiano di origini palestinesi Mehreen Faruqi, vice leader del partito dei Verdi, ha invitato il commissario nazionale per la sicurezza elettronica a indagare "sulle immagini razziste e islamofobe prodotte da Meta".

“Le immagini dell’intelligenza artificiale di bambini palestinesi raffigurati con armi da fuoco su WhatsApp sono una visione terrificante dei criteri razzisti e islamofobici inseriti nell’algoritmo”, ha spiegato Faruqi in una dichiarazione inviata via email. “Quanti altri ‘bug' razzisti dovranno essere scoperti prima che venga intrapresa un'azione seria? Il danno è già stato fatto. Meta deve essere ritenuto responsabile”.

La censura sui social

Molti utenti di Instagram e Facebook hanno segnalato la censura di storie e post pro Palestina da parte dei social. "Stanno oscurando i post sulla guerra tra Israele e Palestina, a volte dicendo che i blocchi sono dovuti a difficoltà tecniche'", ha spiegato il think tank Hampton Institute in un post su X. Un utente ha scritto che i social stanno bloccando anche i collegamenti per le donazioni a Gaza o ad altri enti di beneficenza a sostegno dei palestinesi, "appaiono interrotti e inaccessibili", spiega. Una ragazza sempre su X aggiunge: "Dopo aver pubblicato ieri una storia su Instagram sulla guerra a Gaza, il mio account è stato colpito da uno shadowban. Molti colleghi e amici giornalisti hanno segnalato la stessa cosa. È una minaccia straordinaria al flusso di informazioni e al giornalismo credibile su una guerra senza precedenti".

Anche noi abbiamo provato a farci bloccare, inserendo nelle store alcune parole chiave, Gaza, Palestina, Hamas. Quelle che dovrebbero far scattare i ban. Non solo, quando è scoppiato il conflitto abbiamo anche cominciato a seguire alcuni fotografi di Gaza, tra questi Wissam Nassar e Motaz Azaiza, la prima settimana sul nostro feed c'erano decine di post, poi è scomparsa ogni traccia dei reporter.

La risposta di Meta

Meta ha spiegato che a causa di un bug alcuni contenuti erano stati temporaneamente sospesi. Andy Stone, portavoce di Meta, in un post su X ha aggiunto: "Questo bug ha interessato gli account in egual misura in tutto il mondo e non aveva nulla a che fare con l'argomento del contenuto: l'abbiamo risolto il più rapidamente possibile." Il problema però continua a persistere, e non solo su Facebook e Instagram.

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