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Su TikTok arrivano i de-influencer, la nemesi dei creator: “Non comprate tutto quello che vendono sui social!”

L’hashtag ha raggiunto 159,6 milioni di visualizzazioni, sempre più persone stanno cercando di frenare gli acquisti pilotati sul social e incentivare un consumo consapevole.
A cura di Elisabetta Rosso
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Sempre più persone su TikTok ti dicono cosa non comprare. Sono i de-influencer, l’antitesi dei creator che sponsorizzano il capitalismo selvaggio. Dopo anni di messaggi pubblicitari, contenuti creati apposta per sponsorizzare un brand, o sconti speciali del promotore di fiducia, nasce l’antidoto. Mentre gli influencer ti dicono perché hai bisogno di qualcosa i de-influencer ti convincono al contrario: "Non compare lo shampoo e balsamo Olaplex, il Dyson Airwrap, il Dior Backstage Rosy Glow Blush”. Oppure "Io l'ho usato per due anni, e non ha funzionato non acquistatelo". "Il prezzo è gonfiato, potete avere lo stesso risultato utilizzando questo prodotto meno costoso". "Non comrpare tutto quello che vedi su TikTok, la maggior parte delle cose non funziona". Insomma sfatano i miti e mostrano tutti gli aspetti negativi di prodotti più sponsorizzati. L'hashtag #deinfluencing ha superato 159,6 milioni di visualizzazioni.

La tendenza è arrivata al momento giusto, come spiega Jago Sherman, manager dell'agenzia di social media marketing Goat, alla testata The Guardian, le persone si sono stancate di sentirsi dire che devono costantemente comprare qualcosa. Non solo, ad aggravare tutto c'è la credibilità dell'influencer che è diminuita progressivamente. Nasce infatti come figura neutra che utilizza i social per consigliare i follower in base ai propri gusti e preferenze, e poi appena arriva un po' di notorietà cominciano anche ad arrivare le proposte dei brand per sponsorizzare prodotti di qualsiasi tipo.

Quindi in mezzo alla fiducia sfilacciata arrivano i de-influencer. Bocche della verità che fanno da guida per orientarsi tra tutti i messaggi promozionali, un setaccio per separare i prodotti scadenti da quelli validi, e attenuare le voci degli influencer strilloni che consigliano di comprare tutto a qualsiasi prezzo. "Allo stesso modo in cui c'è stato un contraccolpo per le pubblicità photoshoppate sulle riviste o per il facetuning dei selfie, le persone sono esaurite", ha spiegato alla testata Wired Uk, Charlotte Palermino, CEO del marchio di prodotti per la cura della pelle Dieux. “Non sono sorpresa. Essere costantemente venduti a qualcosa è stancante. Sentirsi dire che tutto è un prodotto miracoloso è stancante".

Il futuro (forse precario) dei de-influencer

A novembre 2022 TikTok ha lanciato il suo Shop negli Stati Uniti, consentendo agli utenti di fare acquisti direttamente sull'app. La novità, ovviamente, ha alimentato la schiera di venditori influencer. Con TikTok Shop infatti i creator possono guadagnare una commissione sui prodotti che riescono a far comprare sul social. Tutto questo ha alimentato il circuito di guadagni extra e recensioni poco verosimili, sfatate anche dai de-influencer. Ma oltre a essere quelli che grattano via la patina magica dei creator, potrebbero anche essere in grado di spezzare quel legame perverso del “sono quello che compro”. Una tendenza che si è radicalizzata proprio grazie agli influencer sponsor che legano l’identità ai prodotti che vendono. Non solo alzano la voce contro il capitalismo impulsivo, ma incoraggiando anche alternative di consumo, prodotti magari meno noti e costosi ma più validi.

"Ho pubblicato il mio primo video da de-influencer mercoledì e lunedì mattina avevo due pacchi alla mia porta", spiega la de-influencer Kromelis a Wired Uk. "Non so come mi abbiano trovato, sono aperta a essere pagata per promuovere i prodotti, a condizione che si tratti di un marchio che mi piace davvero e un prodotto che ho effettivamente utilizzato". Una storia già sentita, anche gli influencer dicevano così. La linea è sottilissima, e oltrepassare il confine potrebbe essere davvero troppo semplice. E se i nuovi creator fossero un fuoco di paglia, un trampolino per diventare la loro antitesi? Probabile. D’altronde influenzano comunque, solo che fanno tutto il lavoro in negativo. Non è nemmeno così strano immaginare che potrebbero diventare gli alfieri di una guerra tra brand, dove affondare il nemico sarà solo un modo diverso per emergere. Al di là di ogni previsione, la tendenza suggerisce un’insofferenza strisciante verso i social formato vetrina, e con o senza #deinfluencing, le piattaforme dovranno comunque farci i conti.

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