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Perché l’Olanda è così importante nella guerra dei microchip tra Occidente e Cina

La ASML, una delle pochissime aziende al mondo specializzata in stampanti di microchip, è olandese: con Stati Uniti e Giappone, che hanno già bloccato le esportazioni di queste tecnologie avanzate in Cina, la stretta dell’Olanda sull’export dei macchinari estende il blocco occidentale sul versante delle forniture.
A cura di Valeria Aiello
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Nella guerra dei microchip, gli Stati Uniti possono ufficialmente contare sull’Olanda: il governo di Amsterdam ha reso esecutiva la stretta sulle proprie esportazioni di tecnologie di produzione per semiconduttori verso la Cina. La misura, decisa lo scorso gennaio ma resa pubblica soltanto a marzo, motivata da ragioni di “sicurezza (inter)nazionale”, è un effetto delle pressioni esercitate dal presidente Joe Biden, riuscito nell’impresa di compattare l’Occidente nell’estendere l’embargo tecnologico degli Usa nei confronti della Cina, impedendo a quest’ultima di accedere a tecnologie fondamentali per la produzione dei chip.

L’Olanda blocca così l’esportazione dei suoi macchinari per la litografia ultravioletta estrema (EUVL), apparecchiature avanzate che permettono di “stampare” microchip, di cui la ASML, azienda con sede a Eindhoven, nel sud dei Paesi Bassi, è leader a livello globale. La ASML è infatti una delle pochissime aziende al mondo specializzata nella produzione di microchip (anche Intel li acquista da ASML) e di macchinari EUVL, la cui particolarità risiede nella lunghezza d’onda generata, che si estende nell’intervallo dell’estremo ultravioletto, consentendo di ottenere chip inferiori ai 10 nm.

La strategia anti-cinese di Washington coinvolge anche il Giappone, specializzato sia nella fornitura di materie prime, sia di macchinari EUVL, terzo Paese con Stati Uniti e Olanda a ospitare produttori di tecnologie avanzate per la stampa di microchip.

Le restrizioni applicate dall’Olanda sono dunque un’ulteriore tegola per il governo di Pechino e per le società cinesi, come Huawei, che ora rischiano di non riuscire più a tenere il passo, non essendo la Cina ancora riuscita a sviluppare macchinari di pari efficienza né chip in grado di competere con quelli prodotti in Occidente.

L’obiettivo degli Stati Uniti è impedire l’avanzamento dei cinesi in merito a dispositivi utilizzati per scopi civili, quindi computer, smartphone e tablet, ma anche di tecnologie che potrebbero essere impiegate per scopi militari: i chip trovano infatti posto anche in armi, strumenti di difesa, droni, veicoli militari e nel settore aerospaziale. Sullo stop alle esportazioni potrebbe quindi pesare il contesto geopolitico, quale prezzo che la Cina sta pagando per l’appoggio di Xi Jinping a Vladimir Putin dopo l’invasione della Russia in Ucraina.

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