Perché è un problema produrre un iPhone negli Stati Uniti: quanto aumenterebbero i prezzi

Apple ha due alternative: produrre iPhone negli Stati Uniti oppure affrontare dazi doganali fino al 25% per i dispositivi realizzati all’estero. Queste le condizioni imposte da Trump il 23 maggio. L'ultimatum fa parte del grande piano, dal 2016 il presidente sta cercando di riportare in patria la produzione manufatturiera, e Apple, simbolo tech statunitense ma con radici produttive in Asia, è la prima azienda in lista. Già durante il suo primo mandato Trump aveva promesso agli elettori che avrebbe "fatto sì che Apple iniziasse a costruire i suoi dannati computer in questo Paese invece che in altri". Non sarà, però, così semplice.
Sulla carta è possibile produrre un iPhone negli Stati Uniti, tuttavia, gli ostacoli economici e logistici rendono l’ipotesi quasi irrealizzabile. Secondo l’analista Wayne Lam di TechInsights, trasferire la produzione negli Usa implicherebbe costi elevatissimi e richiederebbe un ampio ricorso all’automazione, necessario per compensare la scarsità di manodopera nel Paese. Il risultato? Un iPhone potrebbe arrivare a costare più di 2.000 euro. “È economicamente insostenibile nel breve termine”, ha spiegato al New York Times Lam.
Non solo. L’iPhone ha quasi 20 anni, secondo gli esperti potrebbe essere superato entro il prossimo decennio da nuovi dispositivi basati sull’intelligenza artificiale, Sam Altman e Jony Ive, ex designer di Apple hanno appena annunciato un nuovo prodotto IA da lanciare nel 2026. Investire quindi ora miliardi per riorganizzare tutta la filiera negli Stati Uniti sarebbe un azzardo difficile da giustificare.
Non è così semplice fare un iPhone made in Usa
I tentativi sono già stati fatti. Nel 2013, Apple aveva avviato l’assemblaggio del Mac Pro in Texas. Il progetto si era scontrato con problemi pratici. Oggi, nonostante l’impianto sia ancora attivo, i Mac Pro continuano a essere etichettati come prodotti thailandesi.
La Cina resta una base produttiva insostituibile per Apple. Offre manodopera specializzata e flessibile, milioni di operai stagionali sono pronti a trasferirsi per i picchi di produzione e ci sono molti più fornitori che da anni collaborano con l'azienda. Non solo, come aveva dichiarato Tim Cook la Cina ha così tanti ingegneri specializzati da riempire diversi campi da football.
India: un piano B, ma la Cina resta centrale
Negli ultimi anni Apple ha accelerato la produzione di iPhone in India, spinta da dazi locali e dalla necessità di entrare in un mercato in crescita. L'India assomiglia alla Cina di 20 anni fa. Come ha spiegato il New York Times, ha un enorme bacino di ingegneri e il Paese sta offrendo sussidi alle fabbriche che contribuiscono a limitare la spesa che Apple deve affrontare per sostenere la produzione locale.
Nonostante i nuovi investimenti sull'India, la Cina rimane cruciale. Gran parte dei componenti più sofisticati, dai display ai sensori Face ID, continuano a essere prodotti dal mercato cinese. In India avviene l'ultima fase, l'assemblaggio, che permette ad Apple di etichettare gli iPhone come “made in India”. Una strategia per evitare i dazi imposti da Trump, ma non è altro che un trucco, perché Apple ha ancora bisogno della Cina.
La sfida lanciata da Trump a Apple è un problema dal punto di vista geopolitico, commerciale ed economico. Il sogno di riportare la produzione high-tech in America si scontra inevitabilmente con l'evoluzione decennale di un mercato parallelo. La Cina resta il cuore pulsante della catena di fornitura globale e per Apple, nonostante le pressioni politiche, non sarà semplice trovare un'alternativa valida.