Nicolò torna in Italia dopo il giro del mondo a piedi: “Ci ho messo 5 anni, mi mancava cucinare con nonna”

Negli ultimi cinque anni Nicolò Guarrera non ha fatto altro che camminare. Il suo sogno era fare il giro del mondo a piedi e oggi, dopo oltre 36.000 chilometri, ha tagliato il traguardo. Fanpage.it lo ha raggiunto qualche giorno prima della tappa finale: mentre camminavamo insieme ci ha raccontato la sua avventura e cosa lo ha spinto a partire.
Intervista a Nicolò Guarrera
Viaggiatore
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FOTO DI SIMONE GIANCRISTOFARO | Nicolò Guarrera
FOTO DI SIMONE GIANCRISTOFARO | Nicolò Guarrera

Lenti scure, la barba rossa raccolta in una treccina e passo svelto. Quando lo incontriamo, lungo la ciclabile che porta a Maerne di Martellago, Venezia, Nicolò Guarrera, 32 anni, ci saluta ma non si ferma, continua a camminare. D'altronde negli ultimi cinque anni non ha fatto altro: il 9 agosto 2020 Nicolò è uscito di casa, a Malo, in provincia di Vicenza, per realizzare il suo sogno: fare il giro del mondo a piedi.

Oggi, dopo cinque anni di cammino e oltre 36 chilometri a piedi, ce l'ha fatta: è rientrato in Italia, a Trieste, domenica 30 agosto accolto da decine di persone. Molte di queste hanno deciso di fare con lui l'ultimo capitolo di questa avventura iniziata come un viaggio individuale e finita come un'esperienza collettiva. Noi di Fanpage.it lo abbiamo raggiunto qualche giorno prima del traguardo finale e abbiamo chiacchierato (e camminato) con lui per qualche chilometro.

Il giro del mondo a piedi

Oggi Nicolò ha 32 anni, quando gli è venuta l'idea di fare questo viaggio in solitaria in giro per il mondo ne aveva 26. Era il 2018 e si era appena laureato: "La motivazione che mi ha spinto a partire – ci racconta – è piuttosto strutturata: fin da piccolo avevo questo sogno, di scrivere un libro, ma una volta finita l'università, mi sono reso conto che non avevo ancora l'idea. A quel punto mi sono detto ‘Beh, potrei fare una lunga passeggiata per chiarirmi le idee, per rispondere alcune domande che mi erano venute. Ma ho capito che avrei potuto farcela solo quando ho trovato Ezio e così dopo due anni di studio e pianificazione sono partito'".

Ezio è un passeggino che Nicolò ha usato lungo tutto il suo cammino per portare con sé le cose indispensabili per il viaggio e che in questi cinque anni è diventato per Nicolò non solo un mezzo, ma un compagno di avventura. Con lui ha attraversato Francia, Spagna, Sud America, Australia, l'Asia, fino alla Georgia e poi la Turchia. Così a febbraio 2025 è rientrato in Europa, passando dalla Bulgaria. Altri mesi di cammino fino al rientro in Italia, passando da Trieste.

Perché la scelta di camminare

Anche se quando gli chiediamo se si sente un po' un Forrest Gump dei nostri tempi sorride, ma la sua storia non è un film e le difficoltà non sono mancate. Tra malanni, stanchezza e a volte la tentazione di fermarsi. "Sì, una volta in Cile ci ho pensato, ma poi la voglia di continuare il mio viaggio è stata più forte di quella di rimanere. Non ho mai avuto un piano B, per quello ogni volta mi sono detto: ‘No, vado avanti'".

"Le difficoltà ci sono in qualsiasi scelta di vita si faccia, indipendentemente da fare il giro del mondo a piedi, crescere una famiglia o accendere un mutuo per la casa. Le difficoltà ci sono sempre". La scelta di camminare a piedi è stata piuttosto naturale: "Però se ci pensi è divertente, no? Perché spostarsi ai piedi in realtà è il metodo più tradizionale che abbiamo, è quello più antico, quello più usato nel corso della storia", ci racconta.

Il traguardo: "Ora mi voglio riposare"

Per quanto riguarda la parte organizzativa e burocratica "essendo italiani, abbiamo molta facilità nello ottenere i visti. La maggior parte adesso si possono richiedere online". Mentre per quanto riguarda l'aspetto economico, fare un cammino di cinque anni non è certo cosa alla portata di tutti. "L'ho potuto fare – ci dice – grazie ai risparmi di una vita, agli sponsor e alle centinaia di donazioni che ho ricevuto in questi anni".

Dal suo rientro in Italia, Nicolò però non è mai stato più solo: ogni giorno si sono unite a loro decine di persone. Chi per giorni interi, chi per una sola tappa e chi solo per pochi chilometri. "È da Trieste che lo seguo in questa masnada di matti che ogni giorno cambia, ogni giorno una compagnia dell'anello nuova, come dico io", ci racconta Roberto, un uomo che ha raggiunto la prima volta Nicolò qualche mese fa, quando era in Grecia, ed è tornato a trovarlo a Trieste per accompagnarlo fino alla fine.

Abbiamo seguito Nicolò fino alla tappa stabilita per quel giorno, Maerne di Martellago. Qui, come ha fatto ogni giorno, la comitiva di Nicolò si è fermata per passare lì la notte. Dopo un pranzo in compagnia, gli abbiamo chiesto cosa secondo lui aveva spinto tutte quelle persone, dei perfetti sconosciuti, a unirsi a lui: "Non lo so, forse vedere una persona che fa fatica e non si spaventa di fronte alle difficoltà è un po' un modo per capire che la fatica non è una cosa così brutta, che se la si affronta con metodo e pazienza la si può superare".

E quando gli abbiamo chiesto se lui lo avesse trovato un significato al suo viaggio ci ha risposto: "Ho trovato un senso, non so se un significato. Il senso è stato quello di prendermi del tempo per fare quello che mi piaceva e soprattutto di farlo soprattutto ai miei ritmi. Ora la sfida sarà mantenerli anche una volta fermo". Ora però la stanchezza, e forse un filo di nostalgia, sono le emozioni che per prime comunicano il volto e le parole di Nicolò, quando ci dice che per il momento non ha progetti in cantiere, se non quello di recuperare le energie: "Non vedo l'ora di riposarmi. Mi aspetta mia nonna, non vedo l'ora di cucinare insieme a lei e mangiare le sue lasagne".

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