Nicole, campionessa di cosplay: “Per creare un costume ci vogliono mesi, vorrei diventasse il mio lavoro”
La finale del torneo di cosplay è uno degli ultimi eventi del pomeriggio. Camminando verso i padiglioni di Rho-Fiera, nei territori satellitari di Milano, si attraversa il flusso di persone che stanno lasciando la Milan Games Week & Cartoomics per tornare verso treni e metro. Qualcuno è travestito. I soliti ragazzi con il costume da Naruto, una coppia coordinata vestita da Umbreon, niente male il Rufy in versione Gear 5. Ha anche un piccolo impianto led.
Qualcuno ha solo un cappello o una parrucca. Altri indossano un costume preso con due soldi su AliExpress. Nulla di paragonabile a quello che hanno fatto i cosplayer che salgono sul piccolo palco allestito in mezzo agli stand dei commercianti. Mesi di lavoro, reference studiate al dettaglio e anche qualche fondamentale di teatro per interpretare il personaggio.
Ottima la ragazza (età indecifrabile) che porta sul palco una copia mostruosamente fedele della bambina posseduta che compare nel film L’Esorcista. A vincere alla fine sarà Nicole Martin, 28 anni, dalla provincia milanese. Il suo cosplay, ci racconta, arriva dalla saga di Assassin’s Creed: è Evie Frye, dal capitolo Syndicate. Il costume è tra il gotico e il vittoriano, pieno di dettagli. Tutto è stato cucito a mano.
Cosa fai quando non sei sul palco?
Ora sto studiando sartoria. Per ora realizzo abiti per me o per i miei amici, dipende un po’ dalle richieste. Quando avrò finito il corso non sarebbe male aprire la mia attività.
Una boutique specializzata in cosplay?
A me piace cucire, praticamente qualsiasi cosa. Prima di iniziare questo corso ho fatto anni da autodidatta. Esistono già dei laboratori che si occupano solo di cucire abiti per cosplay. Un gruppo di sarte toscane ad esempio prima lavoravano su abiti da sposa a tema fantasy e poi dopo il boom che c’è stato negli ultimi anni si sono dedicate solo ai cosplay.
Quando è iniziato il boom?
Dopo la pandemia. Non ho mai capito perché, forse le persone chiuse in casa hanno dovuto trovarsi un nuovo hobby e hanno scoperto questo mondo. In ogni caso la scena è proprio cambiata: lo vedo nel calendario delle fiere. Ormai ci sono eventi ogni week end.
Tu quando hai iniziato a fare cosplay?
I primi sono stati a 14 anni. Avevo appena iniziato il liceo artistico, le mie compagne di classe facevano cosplay e andavano in fiera. Così ho cominciato a frequentare questi eventi. Poi con il tempo ho un po’ mollato. Ho ripreso quando all’Accademia di Belle Arti ho incontrato un compagno di corso che mi ha tirato di nuovo dentro questo ambiente.
Primo cosplay?
Era Kiba, un personaggio di Naruto. Molto semplice.
A Milano hai vinto con Evie Frye, come l’hai scelta?
Mi piace l’estetica ma forse mi piace di più il suo carattere. Lei è molto forte e molto riflessiva ma ha anche un lato molto umano. Diciamo che è un po’ come vorrei essere io, che invece sono molto impulsiva. La skin che ho scelto di ricreare si chiama Bella Dama. Amo il tema gotico e il fatto che sia piena di particolari.
C’è un campionato italiano?
Ci sono diverse manifestazioni. La vittoria di Milano mi permette di accedere alla finale della Cosplay Italian Cup che sarà nel 2025 a Movieland, in provincia di Verona. Al momento questa è la gara più importante ma ne stanno nascendo altre.
Quanto ci hai messo per cucire tutto?
A livello pratico un mese. Se poi contiamo anche tutto il lavoro di studio allora anche cinque mesi. Sono proprio partita da zero: ho fatto i cartamodelli e le prove con i materiali di scarto. Ho commissionato anche dei dettagli perché bisognava modellarli in 3D e non sono ancora abbastanza brava in questo. Ho finito di sistemarlo la notte prima della gara.
Costo di tutta l’operazione?
Mah, direi 500 euro. Conta che i vestiti cuciti a mano di Assassin’s Creed si trovano sul mercato a cifre che vanno dai 700 ai 2.000 euro.
Quale la cosa che ti rende più felice quando indossi un costume creato da te?
È bello fingere di essere un’altra persona per mezza giornata. E certo, partecipo alle gare per avere anche io i miei cinque minuti di fama. Ma per me la cosa più bella è sempre stata un’altra: lavorare su un progetto lungo e complesso. In mezzo c’è tutto il percorso di ricerca. Quando l’ho finito quasi non ho più voglia di metterlo.