“Mia sorella è stata trovata morta, poi abbiamo controllato la sua cronologia”: la storia di Aimee

Aimee Walton aveva soltanto 21 anni quando il suo corpo senza vita è stato trovato in una stanza d'albergo a Slough, nel Berkshire, Regno Unito. Era un giorno di ottobre del 2022: a ucciderla è stata una sostanza che Aimee avrebbe consapevolmente assunto. Tanto che per diversi mesi dopo la sua morte, tutti, compresa la sua famiglia, hanno creduto che Aimee si fosse tolta la vita.
Ma, con il passare del tempo, sono emersi nuovi dettagli relativi agli ultimi mesi di vita della ragazza che hanno portato la famiglia a mettere in dubbio l'ipotesi del suicidio, o meglio, l'ipotesi secondo cui la ragazza si sarebbe tolta la vita da sola e spontaneamente.
La storia di Aimee
Dopo la sua morte, i genitori e sua sorella, Adele Zeynep Walton, una giornalista di 25 anni, hanno scoperto che per diversi mesi prima di morire Aimee aveva frequentato un forum di istigazione al suicidio, lo stesso che un anno dopo è stato collegato a 50 morti soltanto nel Regno Unito ed è tutt'ora sotto indagine da parte del regolatore Ofcom, l'autorità regolatrice indipendente per le comunicazioni nel Regno Unito, ai sensi dell'Online Safety Act.
Adele Zeynep Walton di lavoro fa la giornalista, ma da quando ha perso sua sorella ha deciso di dedicarsi a raccontare questo lato oscuro del web, che ha già messo fine alla vita di decine, se non centinaia, di persone in tutto il mondo. Il tema dell'odio online non è nuovo e negli anni si è evoluto, ha cambiato faccia, fino a far nascere e radicalizzare veri e propri movimenti organizzati.
Il possibile collegamento con i gruppi incel
Non parliamo soltanto di cyberbullismo, ma di luoghi virtuali in cui gruppi di persone trovano un obiettivo comune alla loro rabbia e al loro odio. Una recente inchiesta di Fanpage.it ha raccontato il fenomeno: Black Pill, una radicalizzazione degli incel, uomini che odiano deliberatamente le donne considerandole responsabili dei propri insuccessi e delle proprie frustrazioni.
Aimee Walton era finita in uno di questi luoghi terrificanti. Come ha raccontato sua sorella al Guardian, la ragazza stava attraversando una fase molto difficile, la sua salute mentale era a pezzi e si era isolata. Ed è così che deve essere finita nel forum ora sotto inchiesta – il nome è rimasto segreto – ed è qui che, secondo la tesi della famiglia, avrebbe trovato i suoi aguzzini. Secondo la polizia che sta indagando sulla sua morte, è su questo forum che Aimee avrebbe capito come procurarsi la sostanza che l'ha uccisa e sempre qui avrebbe incontrato l'uomo che l'ha accompagnata nell'hotel dove è morta. L'uomo in questione è stato inizialmente accusato di aver assistito al suicidio, ma non è mai stata avviata nessuna azione legale contro di lui.
Cosa succede nei forum che istigano al suicidio
Secondo un'indagine del New York Times, dietro al forum dove era finita Aimee ci sarebbero due uomini, che gestiscono una serie di siti web per incels. Per capire cosa fosse successo alla sorella, Adele ha voluto vedere con i suoi occhi cosa succede lì dentro. "C'erano tantissimi post che in poche parole sembravano suggerirle: "La tua famiglia non si preoccupa di te", "Dovresti farlo". "Quando prenderai l'autobus?', una frase che, spiega Adele, sul forum viene spesso usata per alludere al suicidio.
Oggi, la famiglia di Aimee spera fortemente che nel processo sulla morte della ragazza vengano espressamente citati i "danni online" come determinanti nella sua morte. Sua sorella Adele non pensa più che Aimee sia morta per suicidio, perché è convinta che non ha compiuto questo atto da sola, ma è stata spinta da altri. Tutto attorno a lei, compreso l'algoritmo, continuava a mostrarle contenuti autolesionisti e suicidari: "La mia sensazione è che sia stata portata a prendere questa decisione".
Oggi, Adele Walton è diventata un'attivista e lavora con diverse associazioni che lottano per la sicurezza online:
"Dobbiamo – ha ribadito – dare un nome al problema e lottare, altrimenti il rischio è che si alimenti la convinzione secondo cui è una responsabilità individuale tenersi al sicuro quando si è online"