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Le storie di animali che vediamo sui social spesso non sono vere: tranne quella del procione ubriaco

La storia del procione di Ashland, trovato steso a terra in negozio di liquori, è arrivata su milioni di smartphone in poche ore. Le storie a base di animali funzionano ancora bene sui social. Anche se spesso sono completamente inventate.
A cura di Valerio Berra
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È arrivato ovunque. Il Procione di Ashland è stata la versione internazionale del Pranzo di Gubbio. Tra giornale, infoencer, profili personali e pagine acchiaplick la foto del procione steso per terra ubriaco è arrivata ovunque. In brevissimo: un procione è entrato di notte in un negozio di liquori a Ashland,  in Virginia. Ha rotto delle bottiglie, bevuto il suo contenuto ed è stato ritrovato la mattina dopo in condizioni non proprio dignitose.

I video e le storie di animali funzionano ancora bene sui social. Certo. Non sono più i tempi in cui per fare click bastava mettere in sequenza dei gattini che si rotolano sul pavimento. Eppure non è difficile trovare tra i contenuti suggeriti dall’algoritmo piccoli video costruiti per raccontare la storia di un animale.

C’è solo un problema. Spesso sono video completamente falsi: mettono insieme tante clip e con un buon voice over creano una storia. Perché? Per il solito motivo per cui si possono cercare interazioni sui social: costruire un’attenzione da capitalizzare. Lo stesso meccanismo di cui abbiamo già parlato con il trend del Cat Slop.

Il caso del cucciolo di scimmia picchiato dalla madre

Su TikTok c’è un video arrivato a 10 milioni di visualizzazioni. Racconta la storia di un piccolo di scimmia. Probabilmente un Macaco Rhesus. Si vedono sequenze in cui il piccolo viene picchiato dalla madre. E poi si legge nella descrizione che il protagonista del video ha deciso di salvarlo. Vi lsciamo il video a fine articolo. A quel punto parte una carrellata di scene in cui si vede il piccolo di scimmia vivere con una famiglia composta da esseri umani.

Una storia effettivamente toccante. Oltre 400.000 like. Più di 2.000 commenti. Gli utenti si chiedono se è intelligenza artificiale. Insultano la madre della scimmia. Si complimentano con gli umani che l’anno salvata. Un’altra storia toccante, peccato che anche questa sia falsa.

E questa volta l’intelligenza artificiale non ha nessun ruolo. O almeno. Dalle immagini che abbiamo visto sembra che non sia stata usata. È tutto montaggio. L’utente ha messo insieme parecchie clip, probabilmente recuperate sui social. Se ci sono dubbi basta vedere il profilo del creator che ha pubblicato il video.

L’utente si chiama tribbledavis, ha 42.000 follower ed è pieno di video del genere. Cambiano le clip ma la storia è sempre la stessa: una povera scimmia salvata da qualche angheria che si ritrova a vivere insieme agli esseri umani. Cercando bene si trova qualche varianti. Un cucciolo di ratto salvato dalla strada, una povera volpe trovata in strada, il piccolo di canguro allattato in un marsupio e anche il pulcino caduto dal nido.

Il problema della guerra cognitiva

Contenuti fatti con l’intelligenza artificiale. Contenuti creati con un montaggio molto furbo. Contenuti che vengono frantumati in clip e poi ripubblicati all’infinito. I video che ci spuntano ogni giorno davanti allo schermo iniziano ad avere poco a che fare con la realtà. Almeno per l’IA si può impostare qualche filtro per schermare quello che vediamo.

Per quelli montati con clip diverse invece non c’è molto da fare. Ogni volta che entriamo nei social ci infiliamo in una guerra cognitiva con i contenuti che vediamo. E il bersaglio è sempre e solo uno: la nostra attenzione. Da catturare con qualsiasi mezzo.

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