Le auto ibride inquinano quasi come quelle a benzina: lo studio che mette in difficoltà l’UE

Le auto ibride con sistema plug-in (PHEV) sembrano inquinare molto di più rispetto a quanto si pensasse. A rivelarlo è un nuovo studio Transport & Enviroment, la principale organizzazione europea impegnata nella decarbonizzazione dei trasporti, che dopo aver analizzato oltre 800.000 automobili attualmente in circolazione in Europa ha dimostrato come le auto dotate sia di un motore a combustione che di un motore elettrico – il cosiddetto sistema ibrido – emettano quasi cinque volte più CO2 di quanto dichiarato dai test ufficiali. La scoperta ha destato molto scalpare, soprattutto perché le ibride plug-in dovrebbero, almeno in teoria, rappresentare quella transizione verso la mobilità elettrica che l'Unione Europea vuole a tutti i costi accelerare in vista dello stop alla vendita di nuove auto a benzina e diesel, prevista per il 2035.
La differenza con i dati ufficiali
Le auto ibride sono state a lungo presentate come la soluzione di compromesso ideale per accompagnare i consumatori verso un passaggio graduale alle tecnologie più sostenibili. Le PHEV, in particolare, combinano un motore a combustione con una batteria ricaricabile che consente di percorrere distanze maggiori rispetto alle elettriche pure, garantendo al tempo stesso una riduzione dei consumi e delle emissioni grazie alla possibilità di alternare la modalità termica a quella elettrica. Eppure l'analisi presentata da T&E evidenzia una realtà ben diversa.
I dati effettivi di consumo e percorrenza mostrano infatti che solo il 27 per cento dei chilometri viene effettuato in modalità elettrica, a fronte dell’84 per cento ipotizzato nei test di laboratorio. Il risultato è un divario enorme tra teoria e pratica: in condizioni reali, le PHEV emettono 135 grammi di CO2 per chilometro, appena il 19 per cento in meno rispetto ai 166 g/km medi delle auto a benzina o diesel. Nei test ufficiali, invece, le emissioni risultavano ben più basse, dando un'impressione di sostenibilità che non trova riscontro nell’uso quotidiano.

Perché i test standard non sono veritieri
Secondo gli autori dell'indagine, il problema dietro lo scarto rispetto ai numeri ufficiali nasce da un metodo di certificazione che non rispecchia l'utilizzo quotidiano dei veicoli. I test WLTP (Worldwide Harmonised Light Vehicle Test Procedure), utilizzati per omologare i veicoli in Europa e misurarne i consumi, simulano infatti le condizioni di guida ideali che poco hanno a che fare con il traffico, le pendenze, la qualità del manto stradale o le velocità autostradali. Nel mondo "reale", invece, i motori termici delle PHEV – che dovrebbero attivarsi quando la batteria si scarica o serve maggiore potenza – entrano spesso in funzione anche quando l'auto dovrebbe viaggiare solo in elettrico. Stando alle verifiche della T&E, persino quando dovrebbero trovarsi in modalità "full electric", le ibride plug-in consumano in media tre litri di benzina ogni 100 km, generando 68 g di CO2/km, un valore quasi nove volte superiore a quello dichiarato nei test ufficiali. I motori elettrici non sono infatti abbastanza potenti per sostenere da soli la guida in tutte le condizioni e il motore a combustione interviene spesso, anche dove non dovrebbe.
Costi ambientali e anche economici
L'errata valutazione non riguarda però solo le emissioni. Poiché i consumi reali appaiono molto più elevati, gli automobilisti finiscono per spendere circa 500 euro in più all’anno rispetto a quanto promesso dai dati ufficiali. Una differenza che si somma al prezzo d’acquisto già più alto delle PHEV: secondo Bloomberg Intelligence – la divisione di ricerche indipendenti su aziende e mercati, citata dallo stesso studio – nel 2025 il loro costo medio in Germania, Francia e Regno Unito sarà di 55.700 euro, ovvero 15.200 euro in più rispetto alle auto completamente elettriche. In pratica, chi sceglie un'ibrida plug-in per motivi ecologici o economici rischia di pagare di più per un veicolo che inquina quasi quanto un’auto tradizionale.

La sottostima delle emissioni avrebbe anche permesso ai principali gruppi automobilistici europei di risparmiare oltre 5 miliardi di euro in multe tra il 2021 e il 2023. Le PHEV, considerate erroneamente "pulite", avrebbero infatti consentito ai costruttori di rispettare più facilmente i limiti medi di CO2 imposti dall’Unione Europea. A questo proposito la Commissione europea ha annunciato di voler introdurre due correzioni del cosiddetto "fattore di utilizzo" (utility factor), ovvero la quota di chilometri percorsi in modalità elettrica, ma secondo l'analisi, le modifiche previste non sarebbero comunque sufficienti a chiudere completamente il divario tra le emissioni dichiarate e quelle reali.
Una transizione da ripensare?
Lo studio di T&E lancia un segnale chiaro ai decisori politici: le ibride plug-in non possono essere considerate una soluzione sostenibile per la transizione energetica. Se l'Unione Europea intende davvero ridurre le emissioni del settore trasporti, sarà necessario rivedere radicalmente la classificazione di questi veicoli, evitando di inserirli tra le tecnologie a basse emissioni. "Le emissioni reali stanno aumentando, mentre quelle ufficiali continuano a scendere", ha affermato Sofía Navas Gohlke, coautrice dello studio, al quotidiano britannico The Guardian. "Questo divario è un problema serio, perché illude i cittadini e rallenta la decarbonizzazione del trasporto su strada".