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La resurrezione artificiale di Ozzy Osbourne non ha funzionato molto

La resurrezione digitale crea avatar interattivi dei defunti, ma solleva dubbi su privacy, consenso e rischi psicologici, con possibili dipendenze e sfruttamento commerciale dei “deadbot”.
A cura di Elisabetta Rosso
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Durante un concerto a Charlotte, North Carolina, Rod Stewart ha sorpreso il pubblico invitando sul palco Ozzy Osbourne. O meglio, il suo avatar digitale. L'artista infatti è deceduto il 22 luglio a causa di un arresto cardiaco, eppure durante il live di Stewart è comparso in un carosello di immagini che lo mostravano abbracciato a Tina Turner con alle spalle una versione posticcia di paradiso con nuvole zuccherose. Sono state proiettate immagini di Ozzy che scatta foto con un bastone da selfie insieme a Michael Jackson, Bob Marley, Tupac e Freddie Mercury. La proiezione non è piaciuta a tutti.

"Questa è la m***a più folle e irrispettosa che abbia mai visto in VITA mia!!!", ha scritto un utente. "È come fare un video della tua defunta nonna che balla breakdance in paradiso con la principessa Diana e metterlo su uno schermo gigante come parte del mio tour", ha aggiunto un altro.

Il caso si inserisce in un filone, o meglio un mercato, che sta prendendo forma. Parliamo della resurrezione artificiale, ovvero la creazione di immagini, bot, video, avatar di persone defunte. In realtà c'è qualcosa di profondamente umano nel ricordare, e in un certo senso far tornare i nostri cari. Appendiamo foto alle pareti, visitiamo i cimiteri e raccontiamo le loro storie, il problema è che d'ora in poi rischia di non essere più un discorso a senso unico. Rimangono aperte diverse questioni etiche. Per esempio: Chi possiede i dati di una persona dopo la sua morte? Qual è l’effetto psicologico sui parenti o amici? A cosa può servire un deadbot? Chi può disattivare definitivamente il bot?

Come funziona la resurrezione digitale

Il mercato dei “deathbot” sta crescendo. Per esempio, in Cina vengono già celebrati i funerali conavatar digitali realizzati per poche decine di yuan. Le versioni più sofisticate e interattive, capaci di conversare con i clienti, possono costare migliaia di euro. I chatbot vengono alimentati con tutti i dati a disposizione, foto, audio, video, mail. Ci sono vere e proprie agenzie specializzate nella creazione degli avatar dei defunti, per consentire alle persone di parlare tramite chat, video, SMS, telefono o creare un assistente vocale di qualcuno che non è più in vita.

Quello di Rod Stewart non è un caso isolato. A inizio agosto Jim Acosta, ex corrispondente della CNN, ha pubblicato un’intervista con un avatar digitale di Joaquin Oliver, ragazzo morto a 17 anni in una sparatoria scolastica in Florida nel 2018. Alexis Ohanian, cofondatore di Reddit, invece, ha pubblicato un’animazione che ritrae sua madre scomparsa mentre lo abbraccia da bambino, creata da una fotografia.

I rischi etici e psicologici della resurrezione digitale

La resurrezione digitale solleva dubbi su privacy e consenso: i defunti non possono autorizzare l’uso dei loro dati, né difendersi da abusi. I dead bot potrebbero essere strumentalizzati. Per esempio, cosa succederebbe se la nonna cominciasse a consigliarti di comprare quella marca di cereali? Le aziende potrebbero utilizzare i chatbot per sponsorizzare prodotti, visto che non è ancora chiaro come vengono conservati e usati i dati necessari per creare i chatbot. Non solo, i morti virtuali potrebbero anche intaccare il normale processo di lutto, creando un cortocircuito cognitivo. 

Come ha spiegato Enrico Giannetto, filosofo e storico della scienza italiano, a Fanpage.it: "Ci sono molti rischi e controindicazioni, non è rispettoso nei confronti di chi è morto, c’è la possibilità uno sfruttamento dei defunti per diversi fini, psicologici, economici, politici, di propaganda, nel migliore dei casi è un tentativo di esorcizzare la morte nel peggiore è una mercificazione dei defunti."

Il lato oscuro dei defunti digitali

La possibilità di comunicare con i defunti è stato per secoli il sogno proibito tra tavola ouija e sedute spiritiche, con i progressi dell'intelligenza artificiale e della tecnologia vocale, ora è possibile. Potrebbe però non essere una buona idea. I morti digitali, infatti, potrebbero prolungare il dolore e ostacolare il processo di elaborazione del lutto. Offrono un modo per “parlare” con chi non c’è più, ma rischiano di creare dipendenza.

Secondo Nathan Mladin, autore di "AI and the Afterlife", studio sui rischi della risurrezione artificiale, "la negromanzia digitale è un'esperienza ingannevole. Pensi di parlare con una persona quando in realtà stai parlando con una macchina. Le persone in lutto possono diventare dipendenti da un bot, anziché accettare e guarire".

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