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In Nepal sono stati bloccati tutti i social: 19 persone sono morte nelle proteste in piazza

La Generazione Z scende in piazza in Nepal contro la corruzione e il divieto dei social media. Le manifestazioni hanno provocato scontri violenti, feriti e le dimissioni del premier premier KP Sharma Oli. Molti dei giovani scesi in strada a manifestare hanno deciso di indossare la divisa scolastica.
A cura di Elisabetta Rosso
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Centinaia di feriti, 19 persone uccise e un premier costretto a dimettersi: il Nepal è stato travolto da una settimana di proteste senza precedenti. Tutto è iniziato il 4 settembre, quando il governo del Paese ha deciso d bloccare 26 piattaforme social nel Paese, tra queste Facebook, WhatsApp, YouTube e X. L'entrata in vigore della legge ha innescato le proteste. Lunedì migliaia di studenti sono scesi in strada per contestare il divieto, hanno preso d’assalto il parlamento federale di Kathmandu, appiccato incendi e bruciato pneumatici lungo le strade. Le forze dell’ordine hanno risposto con manganelli, cannoni ad acqua e proiettili, gli scontri hanno provocato almeno 19 morti e centinaia di feriti.

Nonostante il governo abbia revocato il divieto lunedì sera, le manifestazioni si sono estese ad altre città del Nepal. I social, infatti, sono stati solo la miccia: la rabbia dei manifestanti riflette un malcontento più profondo. “Il problema principale è la corruzione che permea ogni livello del paese”,  ha raccontato Raksha Bam, 26 anni, tra i manifestanti. “Ma invece di affrontarla, hanno chiuso lo spazio civico della nostra generazione. Ecco perché siamo scesi in piazza.” Molti giovani denunciano anche il nepotismo, la mancanza di opportunità lavorative e la lentezza dello sviluppo economico, accusando il governo di ignorare le esigenze della nuova generazione.

GenZ in piazza: la protesta dei giovani contro corruzione e social media

Gli scontri più violenti si sono verificati a Kathmandu, secondo la polizia però si sono svolte manifestazioni anche in altre città del Nepal, tra queste Biratnagar e Bharatpur, nelle pianure meridionali, e Pokhara, nel Nepal occidentale. Molti giovani partecipanti hanno indossato la divisa scolastica e gli organizzatori hanno battezzato il movimento le “proteste della GenZ” (Generazione Z, nati tra il 1997 e il 2012). I manifestanti hanno sfilato con bandiere e cartelli con slogan come “Chiudere la corruzione, non i social media”, “Unban social media” e “Giovani contro la corruzione”. "Questa è la protesta della nuova generazione in Nepal", ha spiegato un manifestante all'agenzia di stampa Asian News International (ANI).

Organizzazioni internazionali come Human Rights Watch hanno invitato il governo a non affrontare le proteste solo con la forza, sottolineando che le manifestazioni riflettono il profondo malcontento della popolazione verso la corruzione e il nepotismo. “I mezzi non violenti devono essere privilegiati prima di ricorrere alla forza”, ha dichiarato l’organizzazione.

Anche Amnesty International ha condannato l’uso di armi da fuoco contro i manifestanti, mentre le Nazioni Unite hanno chiesto un’inchiesta rapida e trasparente sugli scontri. Il governo ha annunciato una commissione d’inchiesta e ha promesso risarcimenti per le famiglie delle vittime e cure gratuite per i feriti.

Le dimissioni del premier KP Sharma Oli

In seguito alle proteste il premier KP Sharma Oli, 73 anni, ha annunciato le sue dimissioni, spiegando di voler “facilitare una soluzione politica e contribuire alla risoluzione dei problemi”. La notizia è stata accolta con entusiasmo dai manifestanti, che hanno visto nelle dimissioni un primo passo verso il cambiamento. Già lunedì, il ministro dell’Interno Ramesh Lekhak si era dimesso dopo le critiche per l’uso della forza contro i manifestanti.

Il Nepal affronta da anni l'instabilità politica. Dopo l’abolizione della monarchia nel 2008, il paese ha avuto 14 governi senza che nessuno completasse un mandato di cinque anni. Oli, 73 anni, era al suo quarto mandato dopo la formazione di un governo di coalizione con il Congresso Nepali.

Oltre il divieto: la protesta della Generazione Z per trasparenza e riforme

Il divieto dei social media era stato imposto perché la maggior parte delle piattaforme non aveva rispettato il termine di sette giorni per registrarsi secondo nuove normative governative, incluse la nomina di responsabili locali per reclami e conformità. Secondo le autorità, il divieto è stato introdotto perché le piattaforme non avevan rispettato le nuove misure volte a prevenire abusi, frodi, crimini e fake news.

Le proteste dei giovani hanno mostrato però come il malcontento vada oltre il semplice divieto. Nelle piazze è scesa una generazione che reclama trasparenza, giustizia e maggiori opportunità per il proprio futuro, sottolineando l’urgenza di riforme profonde nel sistema politico e sociale del Nepal.

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