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Il primo appuntamento della Gen Z arriva sulle app di dating: 4 su 10 non hanno esperienze precedenti

Gli utenti più giovani iscritti all’app cercano l’amore e credono nell’esistenza dell’anima gemella, ma hanno paura dei rifiuti. Nello studio condotto dagli esperti dell’app di incontri emerge il ritratto di una generazione che ha perso l’autostima anche a causa della pandemia.
A cura di Velia Alvich
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PIXABAY | Secondo un report di Hinge, la Gen Z è più romantica ma ha meno esperienze
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Vedono il mondo attraverso una lente rosa, ma non sono poi così esperti. Lo rivela uno studio condotto da Hinge, un'app di incontri gemella di Tinder e figlia del Match Group. Lo studio ha preso in esame 15.000 utenti che sono iscritti al sito di incontri e sulla base di questi dati ha puntato la lente di ingrandimento sul comportamento della Gen Z, la generazione che comprende le persone nate fra il 1997 e il 2012. Sono al centro dell'attenzione perché non mangiano più fuori casa o perché non fanno più tardi di sera e che questa volta sono messi sotto esame per il loro modo di vivere le relazioni.

Più romantici dei Millennial: il 30% in più crede nell'esistenza dell'anima gemella e un numero quasi uguale di loro si considera un'ottimista quando si parla di amore. Al tempo stesso, però, una generazione alle prime armi: il 44% dei Gen Z è arrivato sull'app senza avere mai avuto altri incontri prima.

La paura del rifiuto e la pandemia

Cercano l'amore, ma hanno paura del rifiuto. Un assunto che accomuna tutti gli esseri umani (e il 95% degli iscritti a Hinge), ma per la Gen Z è ancora più vero. Più di metà dice che la paura di ricevere un palo (giusto per rubare una parola da TikTok) è stato un ostacolo al creare una relazione con un potenziale match. Così reticenti da riconoscere che più di una volta hanno perso un'occasione proprio per questa paura. E quasi metà di loro non hanno trovato il coraggio di cominciare la discussione sul "cosa siamo", cioè quale etichetta dare alla relazione, perché non sapevano come cominciare il discorso.

Colpa della pandemia? Forse. Nell'epoca delle videoconferenze e del distanziamento sociale, incontrarsi non è stato facile per nessuno. Soprattutto per chi si stava affacciando nel mondo delle relazioni fra adulti. Non stupisce quindi che il gli utenti Gen Z ammettono più dei Millennial che il periodo pandemico li ha resi più ansiosi quando si tratta di parlare con nuove persone o meno sicuri di sé al primo appuntamento.

Il linguaggio del corpo (digitale)

C'erano una volta gli incontri dal vivo. E con loro, anche la disperazione nel cercare di interpretare il minimo segnale che lasciava presagire un'intesa. Si parlava di linguaggio del corpo e ci si appigliava a sguardi, gesti, modi di sedersi. Con l'arrivo delle dating app, anche questa forma di comunicazione si è dovuta adattare. Oggi si parla di linguaggio del corpo digitale, che poco ha a che fare con il corpo e molto di più con la presenza online. Quanto sono lunghi i messaggi? C'è punteggiatura? Quante e quali emoji sono state usate? Tutte domande che rivelano come giudichiamo una persona senza neanche averla davanti a noi.

Lo fanno anche gli iscritti a Hinge: il 69% degli utenti dice di basarsi sul linguaggio del corpo digitale per decidere se chiedere un appuntamento o no. Tre su quattro fanno attenzione a chi comincia la conversazione e quanto spesso l'altro si fa sentire, due su tre si fanno influenzare nella scelta dal tono della conversazione.

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