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Il porno arriva anche su Vinted: le foto di intimo che rimandano ai siti per adulti

Il caso Vinted dimostra come molte piattaforme nate per scopi innocui possono diventare strumenti di distribuzione indiretta di contenuti per adulti.
A cura di Elisabetta Rosso
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All’inizio sembra uno dei tanti annunci su Vinted: un costume da bagno fotografato su un letto ben fatto e un prezzo abbastanza basso da far pensare a un acquisto impulsivo. È solo scorrendo la descrizione che qualcosa stona: un invito a scrivere “in privato”, un’emoji fuori posto, un link a un altro profilo. È attraverso dettagli come questi che, negli ultimi mesi, la piattaforma di second hand più popolare in Europa si è trasformata in una vetrina per canali che ospitano contenuti espliciti per adulti. 

Il caso, denunciato in Francia dalla Haute-commissaire à l’Enfance Sarah El Haïry e da un’inchiesta del sito L’Informé, mette in luce un problema più ampio: la fragilità delle misure di protezione dei minori all’interno di piattaforme che, pur non essendo progettate per ospitare contenuti sensibili, possono diventare vettori involontari. 

Il lato oscuro di Vinted

Fondata nel 2008 in Lituania, Vinted è diventata in pochi anni una delle applicazioni più utilizzate in Europa per comprare e vendere abiti di seconda mano. In Francia conta circa 23 milioni di utenti registrati, molti dei quali adolescenti, e il suo funzionamento estremamente semplice ha contribuito a renderla una sorta di “mercatino digitale” accessibile a tutti.

Secondo le indagini diversi account hanno sfruttato la piattaforma per pubblicare annunci di costumi, lingerie o abbigliamento sportivo con fotografie apparentemente innocue. Una volta cliccati, gli utenti venivano però invitati a contattare i venditori su piattaforme esterne come Telegram, WhatsApp o Instagram, dove il contenuto pornografico è disponibile tramite abbonamento.

Un problema sistemico

Il caso Vinted si colloca all’interno di un dibattito più ampio sulla responsabilità delle piattaforme digitali. Recentemente, il governo francese ha segnalato ad esempio anche marketplace come AliExpress, Joom, eBay, Temu e Wish per la vendita di prodotti illegali. Su Shein per esempio sono state messe in vendita bambole sessuali con le sembianze di ragazzine o addirittura bambine.

“Non possiamo permettere che la protezione dei minori online dipenda dalla buona volontà delle aziende tecnologiche”, ha ribadito El Haïry, sottolineando che la regolamentazione del digitale deve essere rigorosa e applicata con strumenti efficaci.

La posizione di Vinted

Vinted ha dichiarato di applicare una politica di “tolleranza zero” verso la promozione di contenuti per adulti e di utilizzare strumenti di rilevamento automatico per identificare comportamenti sospetti. La piattaforma ha anche invitato gli utenti a segnalare qualsiasi contenuto inappropriato. Nonostante queste misure, i sistemi di moderazione appaiono insufficienti: non riescono a intercettare le strategie che indirizzano gli utenti verso canali esterni.

Il rischio dei marketplace ibridi

La legge SREN, in vigore dal 21 maggio 2024, obbliga i siti pornografici a verificare l’età degli utenti, con sanzioni fino al blocco del servizio, sotto il controllo dell’Arcom. La normativa però tutela solo i contenuti esplicitamente pornografici, lasciando scoperti i marketplace generalisti che possono veicolare indirettamente materiale per adulti.

Il caso solleva quindi una questione strutturale: molte piattaforme nate per scopi innocui, come il commercio di abiti di seconda mano, diventano potenzialmente strumenti di distribuzione indiretta di contenuti per adulti. La velocità con cui queste piattaforme crescono supera spesso la capacità degli Stati di regolamentarle, creando aree grigie in cui i minorenni possono trovarsi esposti a rischi concreti.

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