Federico Viola, doppiatore di videogame: “All’estero superstar, qui è difficile che si parli bene di noi”

Se nel cinema sono gli attori a diventare divi, nei videogiochi l’attenzione è tutta per i personaggi. Questo, almeno, fino a poco tempo fa. Nell’ultimo decennio, la crescente qualità della recitazione digitale, il perfezionamento di motion capture e doppiaggio, e l’interesse dei fan per ogni dettaglio del processo creativo, hanno cambiato le regole del gioco: oggi chi dà voce e corpo agli eroi virtuali ha finalmente un volto. E una fanbase.
Emblematico il successo che ha travolto il cast di Baldur’s Gate 3, il gioco di ruolo del 2023 ispirato a Dungeons&Dragons. Astarion, Cuorescuro, Lae’zel sono personaggi entrati a gamba tesa nell’immaginario collettivo grazie anche alle performance di attori quali Neil Newbon, Jennifer English e Devora Wilde, oggi vere e proprie icone del settore videoludico. Basti pensare che, alla scorsa edizione di Milan Games Week, c’erano lunghe file di fan, disposti a pagare dagli 80 ai 100 euro per avere autografo e selfie degli attori sopramenzionati. Ma Baldur’s Gate 3 non rappresenta un’eccezione. Da Troy Baker (The Last of Us, Death Stranding 2) al cast di Clair Obscur: Expedition 33, il settore videoludico sta vivendo una nuova presa di coscienza da parte del pubblico: dietro i personaggi digitali ci sono attori in carne e ossa, con storie, volti e competenze sempre più riconoscibili.
E in Italia? Nonostante la grande tradizione nel doppiaggio, il nostro Paese sembra ancora indietro nel valorizzare le voci che popolano i videogiochi. Per approfondire il tema e capire come funziona davvero il doppiaggio videoludico in Italia, Fanpage.it ha intervistato Federico Viola, una delle figure di riferimento del settore. Sua è la voce di protagonisti iconici come Eivor in Assassin’s Creed Valhalla e V in Cyberpunk 2077.

Come si collocano i doppiatori italiani rispetto a quelli esteri nella produzione videoludica?
In Italia non si raggiunge lo stesso livello di riconoscibilità dei doppiatori americani o giapponesi. Ti cito in particolare i giapponesi, perché nella cultura nipponica c’è un culto, anche esagerato in alcuni casi, dei doppiatori. Sono considerate delle superstar.
Perché in Italia non accade lo stesso?
Non abbiamo una cultura produttiva non solo per i videogiochi, ma anche per cinema e serie di animazione. Quel poco che produciamo rimane nei confini nazionali. In Italia, le produzioni più riconoscibili sono importate dall'estero. America e Giappone sono i mercati principali, ma ultimamente tanti Paesi stanno investendo nel settore videoludico. Mi viene in mente la Polonia con The Witcher e Cyberpunk 2077, o la Francia con Clair Obscur e A Plague Tale. All’estero il doppiatore spesso è coinvolto nel processo produttivo. Contribuisce a caratterizzare un personaggio creato da zero.
Non più solo con la voce, tra l’altro
Sì, ormai da dieci-quindici anni, l’attore presta non solo la voce, ma anche il corpo, tramite motion capture. Quindi è parte stessa del videogioco. Noi invece compriamo i prodotti e li localizziamo, prendiamo qualcosa che è già stato fatto da qualcun altro. Recitiamo e reinterpretiamo solo ed esclusivamente per il pubblico italiano.

Non è scontato, visto che spesso la lingua italiana manca nei videogiochi. Come mai?
Come azienda, si decide di doppiare e localizzare un videogioco se, dalle analisi di mercato, venderà, non venderà, venderà tanto, o non venderà abbastanza da giustificare un ulteriore sforzo economico. L'Italia in questo caso rappresenta un piccolo mercato. Inoltre è sempre più declassata dal punto di vista attrattivo delle aziende, non solo perché non produciamo, ma perché compriamo sempre meno. Questo porta a videogiochi localizzati senza lingua italiana, non solo nel doppiaggio ma anche nei testi. Ed è grave.
Perché ci ritroviamo in questa situazione?
Non c'è una cultura di supporto istituzionale che invece vedo in altri Paesi, come la Germania, la Francia, la Polonia, il Regno Unito. Il videogioco è una forma d'arte, cosa che in Italia è inconcepibile. Riprendo l’esempio di Clair Obscur: Emmanuel Macron, presidente della Repubblica francese, ha rivolto pubblicamente i complimenti allo studio Sandfall Interactive per aver contribuito a diffondere la cultura francese attraverso il medium videoludico. In Italia è impensabile che un politico possa parlare bene di videogiochi.
Nel nostro Paese vengono spesso demonizzati
Oppure l’altra visione predominate riguarda i videogiochi come passatempo per bambini. Siamo un Paese molto vecchio e arretrato, quindi la concezione è rimasta veramente agli anni Settanta. Non si è mai evoluta, mentre i videogiochi sì, tantissimo. In questo anche il pubblico deve fare la sua parte.
Cosa intendi?
Da consumatore acquisto un videogioco a prezzo pieno al lancio o aspetto che il prezzo scenda nei mesi successivi, senza escamotage vari per pagare di meno, perché voglio supportare quel videogioco. Questa è una cultura impensabile per l'italiano medio, che deve risparmiare il più possibile. Da una parte è comprensibile, visto che l'Italia sta vivendo svariati problemi sul fronte economico, a partire dai salari fermi.

Si vede che sei molto preso da questi temi
Parlo soprattutto da videogiocatore, perché lo sono prima ancora che doppiatore. Anzi, è stata proprio la mia passione per i videogiochi fin da bambino che mi ha portato a conoscere il mondo del doppiaggio. Quindi avere un videogioco che parla la tua lingua, a me cambia tantissimo. I videogiochi, i film, le serie TV e d'animazione, sono tutti i prodotti di cui fruiamo per provare delle emozioni. Essere empatici con dei personaggi che parlano la tua lingua è più semplice e potente. Avvicina le culture.
Abbiamo parlato delle differenze culturali ed economiche. Sul fronte tecnico cosa cambia invece rispetto alle produzioni estere?
In realtà molto poco, perché il doppiaggio dei videogiochi è standardizzato. Non è cambiato rispetto alle sue origini, quando, con l’avvento della grafica in 3D negli anni Novanta, e quindi con il principio che portò poi all'attuale fotorealismo, i personaggi avevano bisogno di una voce.
Puoi spiegarci la differenza rispetto al doppiaggio dei media più tradizionali?
Nei film doppierai il tuo personaggio, che vedrai, sentirai, di cui avrai un copione adattato e tradotto da un adattatore di doppiaggio. Idem per le serie tv e l’animazione. Il doppiaggio nel videogioco, invece, viene fatto mentre è ancora in produzione. Questo perché i titoli recenti sono centinaia di volte più grandi rispetto anche solo a dieci anni fa e richiedono una mole di lavoro lunghissima. Per il doppiaggio di Cyberpunk 2077, ci abbiamo messo più di un anno. Idem per Assassin's Creed Valhalla, è stato un lavoro enorme.
Cosa accade dentro gli studi di doppiaggio per i videogiochi?
Quando doppiamo i videogiochi, non vediamo niente. Abbiamo solo le linee di dialogo che sono già state incise dal doppiatore originale. Questo vale in tutto il mondo. Faccio l’esempio di Cyberpunk 2077: l’inglese era la lingua base, per cui il doppiatore anglofono interpretava il personaggio senza avere riferimenti, anzi li creava lui con l’aiuto del direttore di doppiaggio, una figura che supporta con la recitazione e dirige l'attore nella creazione del personaggio, il quale poi deve essere mantenuto per tutte le linee di dialogo. Le altre lingue si adattano poi a questa versione.

Qual è l’elemento imprescindibile per realizzare un buon doppiaggio videoludico?
È necessaria una grande conoscenza del prodotto da parte del direttore di doppiaggio, perché nel momento in cui non c'è un riferimento visivo, te lo devono dire. Devi interpretare qualcosa immaginandoti il mondo che sarà, le persone con cui parlerai, persino a quali distanze.
Quanto ti aiuta nel tuo lavoro essere un videogiocatore?
A me personalmente tantissimo. Sono anche abbastanza aggiornato su come si muove il settore e sulle nuove uscite, quindi spesso quando mi chiamano so molto bene a cosa sto andando incontro. Questo mi aiuta a immaginare meglio quello che dopo non posso vedere. Detto ciò, non è obbligatorio essere un videogiocatore per doppiare i videogiochi.
Ormai la tua voce è riconoscibile, qual è il tuo rapporto con il pubblico?
Per un periodo sono stato invitato a fiere del fumetto e di cultura nerd in giro per l'Italia. In queste occasioni ho avuto modo di conoscere davvero tante persone, che però mi riconoscevano più per i miei ruoli nell'animazione giapponese che per i videogiochi. Non solo per il discorso fatto all’inizio che non permette di ottenere riconoscibilità, ma anche per il fatto che i videogiochi hanno un tasso di invecchiamento maggiore rispetto alle altre produzioni.
Cioè?
Appena esce il titolone, tutti ne parlano, tutti ci giocano, però poi si passa ad altro. I videogiochi portano visibilità sul momento, ma poi lasciano il tempo che trovano per me.
Qual è la cosa più bella per te di doppiare un videogioco?
Se guardi un film e all'improvviso togli il volume, ti resta l’attore. Se fai la stessa cosa mentre guardi un cartone animato o giochi a un videogioco, rimane un disegno o un ammasso di pixel. La voce permette di dare anima a personaggi intangibili.