Federico Camporesi, 20 anni, ora è campione Pokémon: “Mi alleno 8 ore al giorno, tutti i giorni”

Un tempo erano solo mostriciattoli tascabili con cui passare i pomeriggi dopo scuola. Oggi i Pokémon sono diventati una cosa più che seria. L’Italia è diventata un punto di riferimento mondiale del competitivo, con storie che sembrano uscite da un anime. Ad agosto 2024, a Honolulu, Luca Cerimbelli ha sollevato la coppa da Campione del Mondo. Meno di un anno dopo, a giugno 2025, due italiani – Federico Camporesi e Marco Hemantha Kaludura Silva – si sono ritrovati l'uno contro l’altro nella finale dei Campionati Internazionali Nordamericani a New Orleans. Una sfida giocata su Nintendo Switch, con i videogiochi Pokémon Violetto e Scarlatto, finita con la vittoria di Camporesi.
Non sono casi isolati, ma effetti di una community sempre più preparata, unita e affamata di risultati. Una nuova generazione di allenatori che non combatte più tra i fili d’erba alta del Game Boy, ma tra livestream, sessioni di coaching e tornei intercontinentali. Federico Camporesi, fresco della vittoria a New Orleans, ha raccontato a Fanpage.it com’è arrivato tra i migliori pro-player di Pokémon, quanto conta davvero l’allenamento mentale e perché, a 20 anni, il suo unico obiettivo è diventare campione del mondo. Dal 15 al 17 agosto sarà impegnato ai Mondiali Pokémon di Anaheim, in California. In palio oltre 2 milioni di dollari, l’ambito titolo e un invito ai campionati mondiali del 2026.
Quando hai iniziato a giocare a Pokémon?
Con Pokémon Nero e Bianco nel 2011. Avevo 6 anni.
Quando hai capito che i videogiochi avrebbero potuto far parte del tuo futuro professionale?
Ho iniziato a giocare competitivo otto anni fa, nel 2017, nella categoria Senior. Ho sempre creduto nel mio potenziale sin dai primissimi giorni. Se parliamo invece di quando ho iniziato a vederci un futuro professionale, direi quando sono arrivato primo nei risultati Senior. Era la stagione 2019-2020, che poi è stata interrotta a metà a causa del Covid, che ha fermato completamente il circuito per più di due anni. I risultati veri e propri sono arrivati nel 2023 con la categoria Master, che poi è quella che conta veramente. Dopo la semifinale ai mondiali di Yokohama, è diventato tutto più serio.
Qual è la tua routine prima di un torneo?
In realtà la preparazione al torneo non va a cambiare troppo la mia routine quotidiana. A prescindere da competizioni o meno, dedico un sacco di tempo al gioco, sono full-time, anche perché oltre a giocare faccio anche streaming, coaching e altre cose. Però credo che una delle cose importanti per fare bene sia proprio impedire che il gioco non vada a rovinarti il resto.
Cosa intendi?
Il gioco occupa la maggior parte della mia giornata, però quelle poche cose, come possono essere le uscite con gli amici o andare in palestra, non devono venire meno per via della preparazione al torneo, anzi devono essere quello che ti permette di non avere la testa al 100% sul gioco. Insomma, è importante avere quello svago che ti permette di rilassarti e arrivare al torneo in uno stato mentale ottimale.
Prima parlavi di gioco full-time: di quante ore al giorno parliamo?
Se consideriamo tutto, quindi non solo quando gioco ma anche quando penso al gioco e a cose che potrebbero servirmi per un torneo, minimo minimo otto ore al giorno, anche nei weekend, a meno di uscite. Da un punto di vista mentale è sicuramente impegnativo, per questo resta importante ritagliarsi i propri spazi a prescindere da quante ore di gioco al giorno siano.
Anche se è uno svago, la palestra si sta rivelando utile per la tua carriera da pro-player?
Sì, la palestra mi sta aiutando molto. È una cosa che ho iniziato da pochissimo, da qualche mese. Il motivo per cui ho iniziato ad andarci non era per allenamento fisico ma mentale. Avevo voglia di avere un'attività esterna al gioco che mi permettesse di impegnarmi in qualcosa di diverso, di staccare la testa, ma che avesse poi anche dei risultati positivi in termini di perfomance psicofisica.
Passiamo alla finale di New Orleans: che cosa hai provato quando ti sei ritrovato come avversario il tuo compagno di team Marco Hemantha Kaludura Silva?
Marco è stata la prima persona con cui ho fatto amicizia in questo gioco. Ci conosciamo da otto anni. Tra l’altro la mia altra finale alle regionali di Danzica, era sempre stata contro di lui. È stata una sensazione strana, perché nel corso degli anni scherzavamo sul ritrovarci contro in finale in dei tornei del genere, ma la vedevamo praticamente impossibile.
Perché pensavate questo?
Questi tornei richiedono che gli abbinamenti siano fatti in un certo modo. C'è anche un po' di casualità da questo punto di vista: ad esempio puoi non beccare un giocatore nelle fasi precedenti, ma direttamente in finale. Il fatto che con Marco sia successo due volte nella stessa stagione, prima a un torneo regionale poi a un internazionale, è stato incredibile e divertente. A New Orleans dormivamo nella stessa stanza, quindi il giorno prima della finale non lo abbiamo vissuto come una sfida individuale, ma come un qualcosa che stavamo affrontando insieme. È stata una bella esperienza.
Sembra quasi la storia di un film
Sicuramente un valore aggiunto per quanto mi riguarda, perché Marco ha concluso la stagione da numero uno in classifica mondiale, io da secondo. È stata dunque una finale tra i due giocatori con più punti al mondo in questa stagione. Il fatto che fossimo io e lui, che siamo grandi amici da anni e che facciamo parte dello stesso team, è stato fantastico.
Si può dire dunque sia il tuo rivale?
Non credo che in questo gioco esistano vere e proprie rivalità, come ne esistono magari nel tennis. Non c'è un Sinner contro un Alcaraz. Qui gli incontri sono meno frequenti. Però sicuramente, per il mio storico di risultati, i miei due rivali più grandi sono Marco e Michael Kelsch, giocatore tedesco, che è mi ha battuto in semifinale ai mondiali di Yokohama. L’ho poi battuto in topper alle regionali di Danzica, per poi vincerlo tutte le volte che ci siamo affrontati. Considero loro due i più grandi per il fatto che, quando li ho affrontati entrambi, era in contesti in cui la posta in gioco era alta. Solamente per questa ragione, perché poi ci sono altri giocatori molto forti, ma per un motivo o per un altro li ho beccati meno volte o non del tutto, o comunque in contesti meno importanti.
Qual è l’elemento che ti entusiasma di più durante un torneo, al di là della vittoria?
Tutta la positività che trasmette la community italiana, che poi è quella che ha permesso a così tanti giocatori italiani di arrivare a questo livello. Mi sono sentito molto accolto, sin da subito. In generale la positività e il supporto, sia della community italiana che dei miei amici, sono cose che si ritrovano in questo ambiente.
Non è scontato.
Per sentito dire – perché agonisticamente gioco solo a Pokémon – so che in merito ad altri giochi competitivi, la gente parla di ambienti molto più tossici. Conosco persone più grandi di me che vengono da altri mondi esportivi, che si sono spostate su Pokémon di recente e che mi hanno detto di essere rimaste sorprese di quanto sia positivo il nostro ambiente confrontato ad alcune realtà in cui c'è gente meno solidale.
Qual è l’età media tra i pro-player di Pokémon?
Pokémon non richiede avere riflessi, dato che è un gioco a turni. Per cui secondo me l'età conta molto meno che in altri generi videoludici, penso agli sparatutto. Attualmente la nuova scena di giocatori è composta da giovani: ad esempio io ho 20 anni, Marco e Luca 22. L’età media però è più alta della nostra, anche se si sta abbassando. Oserei dire che è comunque sui 23-25 anni. Tuttavia, secondo me non ci sono veri e propri limiti. Per dire, Wolfe Glick, che è considerato il miglior giocatore di sempre, va per i 30. In generale ci sono moltissimi giocatori forti della stessa età.
C’è dunque un maggiore interesse tra i giovani
Il giocatore forte giovane è dovuto al fatto che, da quando il competitivo di Pokémon è diventato più serio e ampio, cioè da due-tre anni a questa parte, sono quadruplicate le partecipazioni ai tornei, sono aumentati i premi e perfezionato gli streaming. Quando l'età media era più alta, il gioco non era molto competitivo. Inoltre è irrealistico costruire una carriera da grande, devi iniziare da piccolo. Questo perché se hai un lavoro che ti porta via tanto tempo, non riesci a star dietro al gioco come ci riesce uno che ci gioca full-time.
A che età consigli di iniziare a giocare in modo professionale?
Se riesci ad essere fortissimo tra i 17 e i 19 anni puoi avviare una carriera. Anche se attualmente le persone che campano con il gioco sono poche, molto poche, in proporzione al totale di giocatori.
Parli del contesto italiano?
No, globale. Di tutti quelli che giocano ai tornei, direi che ci campa l'1%.
Prima parlavi che da tre anni la scena competitiva di Pokémon ha avuto un boom
Anche se è brutto da dire, la quarantena durante la pandemia ha fatto benissimo al nostro ambiente. In generale, quando esce un nuovo gioco Pokémon c’è un’impennata. Con Spada e Scudo nel 2019, c'è stata una crescita importante dell'interesse, ma pochi mesi dopo a causa del Covid c’è stato lo stop dei tornei. Questo ha portato varie competizioni online ufficiali a popolarsi sempre di più, anche di gente annoiata, senza niente da fare a casa, e che quindi ha deciso di sperimentare cose nuove. Quel periodo ha avvicinato tante persone potenzialmente impossibili da raggiungere. Con Scarlatto e Violetto, che sono i giochi che giochiamo attualmente, la crescita è venuta da sé.
I recenti successi internazionali dell’Italia ai Campionati Pokémon sono stati accolti dalla stampa come momenti storici. Come spieghi questa scia azzurra?
Io credo che una delle cose che ha contribuito maggiormente a far sì che i giocatori italiani diventassero così forti sia stata la presenza di tanti piccoli gruppi all'interno della community italiana. Io e Marco, oltre ad essere membri del team NOVO Esports, siamo nel collettivo chiamato Il Server, dal quale proviene anche il campione mondiale 2024, Luca Cerebelli. Io, Marco e Luca siamo stati i maggiori vincitori dei tempi recenti, quindi dal mio punto di vista, i loro successi, mi hanno motivato ad avere un punto di riferimento, per una competitività positiva tra amici che si aiutano sempre a vicenda. Questa è una cosa presente in molte altre realtà italiane.

Puoi farci qualche nome?
C'è Il Server, Team Acqua, ma anche il Sax e i Paldea Ruins, due gruppi che sono venuti fuori da poco ma che stanno facendo sempre meglio ai tornei. Ruben Gianzini, che è tra i Top 8 Allenatori mondiale, proviene ad esempio dal Sax. Il Server e il Team Acqua sono affermati da anni, dove vengono i maggiori giocatori italiani. In generale c'è una competitività grande tra i gruppi, ma anche unione. Sono contento di avere degli amici fortissimi, e sentirmi in competizione in modo positivo e non tossico. I conflitti sono competitivi ma mai umani, e questa cosa ha aiutato molto alla crescita della community.
Come ti senti se pensi ai Mondiali di agosto in California?
Io non voglio che la vittoria al torneo a New Orleans vada ad alterare la mia mentalità, quindi continuerò a giocare altri tornei con la stessa che ho avuto finora. Non mi sento arrivato, e non mi sentirò mai arrivato. Anzi, il giorno in cui lo sarò probabilmente smetterò di giocare. Attualmente, io sono assieme a Wolfe Glick l'unico ad aver vinto tutti i tipi di tornei possibili in una stagione. Qualora dovessi vincere il mondiale, sarei il primo giocatore di sempre a vincere tutto in un anno in questo gioco.
Sarebbe un gran primato
Questa cosa ovviamente mi motiva molto a fare meglio, il mio obiettivo da sempre è stato quello di vincere il mondiale, e sarà l'obiettivo anche quest'anno. Credo di farcela più che mai. Ovviamente non bisogna montarsi la testa, ma il mio obiettivo è vincere.
Chiudiamo in leggerezza: videogioco Pokémon e starter preferiti
La mia risposta a queste cose è molto alterata dal competitivo. In generale, preferisco la quinta generazione, quindi direi Pokémon Nero e Bianco e Nero e Bianco 2, che sono i giochi con cui ho iniziato. Per quanto riguarda il mio starter preferito, da piccolo era Charizard, mentre adesso direi Incineroar, perché è lo starter più forte in competitivo e mi ha portato grandi soddisfazioni.