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Anche Lorde cancella la sua musica per Gaza: la nuova resistenza contro le piattaforme di streaming

Le canzoni di Lorde scompaiono da Apple Music in Israele, mentre sempre più artisti abbandonano Spotify in segno di protesta. Da Massive Attack a Deerhoof, cresce la protesta degli artisti contro le piattaforme.
A cura di Elisabetta Rosso
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New York, Madison Square Garden. Lorde è sul palco per il suo tour mondiale Ultrasound. Impugna un microfono e grida “Free f–king Palestine”. Pochi giorni dopo i suoi album scompaiono da Apple Music in Israele. Lorde non è nuova a prese di posizione sulla questione israelo-palestinese – nel 2017 aveva infatti annullato un concerto a Tel Aviv per sostenere il movimento BDS (Boycott, Divestment and Sanctions), che promuove il boicottaggio culturale di Israele – l'ultimo gesto però fa parte di una mobilitazione più ampia. Sempre più artisti stanno infatti decidendo di cancellare album e canzoni dalle piattaforme di streaming legate a Israele per schierarsi contro il genocidio a Gaza.

Gli ultimi della lista sono stati i Massive Attack. La band in un comunicato stampa ha spiegato che ha scelto di abbandonare Spotify in segno di protesta contro gli investimenti di Danile Ek, fondatore di Spotify, nella start-up Helsing. L'azienda infatti è specializzata in intelligenza artificiale applicata alla difesa e alla produzione di droni, aerei e sottomarini.

Il caso Lorde e No Music for genocide

Secondo quanto riportato dal sito israeliano Ynet, da giovedì il catalogo musicale di Lorde risulta non disponibile per gli utenti di Apple Music in Israele. Tuttavia, le sue canzoni rimangono accessibili negli Stati Uniti e in altri Paesi. Molto probabilmente Lorde ha aderito a No Music for Genocide. Il collettivo ha lanciato una campagna – hanno aderito oltre 400 artisti ed etichette – per rendere inaccessibile la propria musica sulle piattaforme di streaming in Israele.

"Questo atto tangibile è solo un passo verso l'onorare le richieste palestinesi di isolare e delegittimare Israele mentre uccide senza conseguenze sulla scena mondiale. Il successo dei boicottaggi culturali contro l'apartheid in Sudafrica dimostra che il nostro lavoro creativo ci garantisce capacità di azione e potere. Quando lo esercitiamo insieme, aggiungiamo una pressione unitaria a un movimento in crescita, globale e interdipendente, da Hollywood ai porti del Marocco", si legge sul sito ufficiale di No Music for Genocide.

La grande guerra a Spotify

Parallelamente molti artisti stanno lasciando Spotify per protestare contro gli investimenti del CEO Daniel Ek in tecnologie militari. Tutto è cominciato a giugno con il gruppo indie Deerhoof. La band ha annunciato che avrebbe ritirato le sua musica dalla  piattaforma di streaming.  È stato resto seguito da formazioni come Xiu Xiu, King Gizzard & the Lizard Wizard e Hotline TNT. A settembre la lista si è allungata con altri nomi della scena alternativa, tra cui The Mynabirds, Kadhja Bonet e Young Widows.

“Non vogliamo che la nostra musica contribuisca a uccidere persone, né che il nostro lavoro sia legato allo sviluppo di tecnologie belliche”, hanno scritto i Deerhoof in una nota. Al momento cercando su Spotify alcuni artisti compaiono ancora. Al di là delle intenzioni alcune pubblicazioni potrebbero rimanere sulla piattaforma per via di vincoli contrattuali.

A settembre anche i Massive Attak hanno deciso di cancellare i loro album da Spotify. Al momento rimane una battaglia di nicchia potrebbe diventare il punto di partenza per ridefinire il rapporto tra artisti, pubblico e piattaforme.

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