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Si opera per un fischio al naso ma peggiora: il vero problema si scopre dopo sei anni di diagnosi sbagliate

È il caso di un uomo di 43 anni, Bradley Rhoton, che nel 2017 ha iniziato a sentire uno strano fischio ad ogni respiro: operato per setto nasale deviato con la riduzione dei turbinati, ha però cominciato ad avere sintomi respiratori sempre più gravi. Solo dopo sei anni e le visite di 17 medici diversi ha scoperto cosa stava succedendo nel suo naso.
A cura di Valeria Aiello
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Era l’ottobre del 2017 quando Bradley Rhoton, un uomo oggi 43enne, ha iniziato a sentire uno strano fischio ad ogni respiro: stava intagliando zucche per Halloween insieme a sua moglie quando ha cominciato a percepire un sibilo che sembrava “uscire dal nulla” tutte le volte che inspirava.
Inizialmente, un otorinolaringoiatra ha attribuito il suo problema al setto nasale deviato – una condizione comune, in cui la parete che separa le due narici non è perfettamente dritta – , consigliandogli un intervento chirurgico correttivo con la contemporanea riduzione dei turbinati, le piccole strutture nasali che riscaldano, umidificano e filtrano l’aria inspirata.

I turbinati (tre per ciascuna narice) possono infiammarsi e ingrossarsi – come nel caso di Rhoton – e, in alcune circostanze, vengono ridotti o completamente asportati per migliorare la respirazione quando farmaci e altri rimedi si rivelano inefficaci. Rhoton ha pertanto deciso di sottoporsi all’intervento nell’aprile 2018, pensando di risolvere il problema e senza mai immaginare che, nel giro di qualche mese, la sua situazione si complicasse ulteriormente.

Operato per un fischio al naso, ma la situazione peggiora

Mi sentivo come se stessi soffocando” ha raccontato l’uomo al Washington Post, riportando una serie di sintomi progressivamente più gravi: non riusciva più a respirare con il naso, le sue vie aeree erano congestionate e si erano formate delle croste, con una fastidiosa sensazione di bruciore.

Doveva respirare dalla bocca, come se avesse un raffreddore persistente, e la notte non riusciva più a dormire, tanto che la stanchezza accumulata lo stava ormai lasciando senza energie e motivazione. Ma soprattutto, dopo qualche settimana, anche il fischio era tornato: nessuno spray nasale e altri decongestionanti, né irrigazioni o antiallergici e antistaminici sortivano alcun effetto.

La sua frustrazione di Rhoton era tale che, dopo essere tornato dallo specialista che lo aveva operato, l’uomo si è rivolto a diversi altri medici, tra cui altri due otorinolaringoiatri.

Mi dicevano che il mio naso sembrava a posto, che era dritto e guarito, e che non c’era niente che non andasse” ha ricordato il 43enne, che ha anche iniziato a chiedersi se quegli specialisti avessero ragione nel dire che “era tutto nella mia testa”. Rhoton ha addirittura preso in considerazione la possibilità che i suoi problemi respiratori non fossero correlati al naso o all’operazione, ma che dipendessero da un qualsiasi disturbo del sonno.

Tuttavia, neppure i rimedi per la lieve apnea notturna che gli era stata diagnosticata da un esperto di medicina del sonno avevano migliorato la sua situazione: la maschera per la CPAP, che aiuta a mantenere le vie respiratorie aperte durante la notte, non serviva a nulla, anzi. Peggiorava i suoi sintomi: gli sembrava di ansimare.

La scoperta dopo sei anni di diagnosi sbagliate

Dopo quasi sei anni dall’intervento e le visite di 17 medici diversi, Rhoton ha deciso di rivolgersi ad uno specialista molto attivo sui social, il dottor Subinoy Das, direttore medico dell’US Institute for Advanced Sinus Care and Research di Columbus, in Ohio.

In seguito a un contatto telefonico, il dottor Das non formulò alcuna diagnosi, ma gli suggerì che i suoi sintomi respiratori potevano essere ricondotti a una condizione rara e debilitante, nota come la “sindrome del naso vuoto” (Empty Nose Syndrome, ENS), un disturbo che colpisce soprattutto le persone che subiscono interventi chirurgici al naso, come la correzione del setto nasale o la riduzione parziale o completa dei turbinati.

Improvvisamente, tutto aveva senso” ha raccontato Rhoton che, su indicazione del dottor Das, si è rivolto al professor Jayakar Nayak, un chirurgo otorinolaringoiatra della Stanford University, esperto di disturbi nasali e sinusali, inclusa la sindrome del naso vuoto.

Nel caso di Rhoton, poiché i sintomi si erano manifestati subito dopo l’intervento chirurgico, la diagnosi di sindrome del naso vuoto era altamente probabile” ha spiegato l’esperto che, per confermare i suoi sospetti e quelli del suo collega, quando ha visitato l’uomo, ha eseguito una serie di test.

Abbiamo un sistema di punteggio che elenca i sintomi più comuni della sindrome del naso vuoto, con un punteggio massimo di 30, che corrisponde al caso peggiore – ha aggiunto il professor Nayak – . Il punteggio di Bradley era 26”. Eseguendo poi un secondo test diagnostico, con l’inserimento di alcuni batuffoli di cotone in diverse aree del naso, lo specialista ha trovato la precisa posizione nelle narici in cui mancava del tessuto. Ed è stato allora che Rhoton ha iniziato a “respirare normalmente, e il suo punteggio e passato da 26 a 2”.

Il professor Nayak ha ricordato che Rhoton “era così contento che quasi piangeva. Mi disse: ‘Qualunque cosa tu abbia appena fatto, lascia tutto così com’è. Finalmente riesco a respirare con il naso’”.

Per l’uomo, il passo successivo è stato un trattamento a base iniezioni di carbossimetilcellulosa, un filler temporaneo che nel suo caso ha migliorato significativamente la respirazione. “Ho fatto una serie di iniezioni e adesso posso respirare con il naso, riesco a dormire e anche il mio umore è migliorato – ha spiegato Rhoton – . Per la prima volta in quasi sei anni mi sono sentito rinato”.

Il trattamento definitivo consisterà in un impianto di cartilagine nelle vie nasali, per rimpiazzare il tessuto turbinale mancante e ridurre così i sintomi: per quest’operazione Rhoton dovrà aspettare ancora qualche mese, probabilmente l’autunno, ma la fiducia che ora ripone nel professor Nayak è totale. “Mi ha restituito la speranza – ha concluso il 43enne – . Adesso so di essere in buone mani”.

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