Si avvicina la caduta della sonda Kosmos 482 sulla Terra: anche l’Italia a rischio impatto

Continua a restringersi la finestra temporale per il rientro incontrollato sulla Terra di un pezzo del veicolo spaziale sovietico Kosmos 482 (o Cosmos 482), lanciato nel 1972 verso Venere ma rimasto “intrappolato” nell'orbita terrestre a causa di un problema del razzo. Secondo gli ultimissimi calcoli ottenuti dalla stazione di tracciamento satellitare SatTrackCam Leiden (Cospar 4353) sita a Leida, nei Paesi Bassi, l'impatto con la Terra dovrebbe verificarsi alle 07:26 del tempo coordinato universale – UTC (le 09:26 in Italia) di sabato 10 maggio, con un margine di errore di più o meno 1,1 giorni. Ciò significa che il rientro potrebbe verificarsi tra le 08:26 (ora italiana) di venerdì 9 e le 10:26 di domenica 11.
Dati leggermente diversi vengono riportati sul portale di Aerospace.org, una società aerospaziale specializzata anche nel monitoraggio dei detriti spaziali; secondo le loro stime, il pezzo della sonda sovietica (probabilmente il Descent Craft, il lander che sarebbe dovuto atterrare sulla superficie venusiana) dovrebbe rientrare alle 05:10 ora italiana di sabato 10 maggio, con un margine di errore di più o meno 26 ore, ciò significa tra le 03:10 venerdì 9 e le 07:10 di domenica 11. C'è dunque una lieve discrepanza tra le analisi orbitali del pezzo di spazzatura spaziale, formalmente classificato con il codice identificativo di ID 6073. “L'incertezza sulla data del rientro diminuirà (e sta diminuendo) man mano che ci avvicineremo al rientro effettivo, ma anche il giorno stesso le incertezze rimarranno elevate”, ha comunque affermato il dottor Marco Langbroek, gestore del blog del SatTrackCam Leiden e docente presso l'Università della Tecnologia di Delft.
Dove può cadere la sonda sovietica Kosmos 482
Ciò che ancora non cambia nei dati di monitoraggio degli esperti è la fascia geografica dove potrebbe verificarsi l'impatto, che resta incredibilmente ampia. È infatti compresa tra i 52 ° di latitudine Nord (N) e i 52 ° di latitudine Sud (S), dunque è abbracciata una vastissima parte di terre emerse. Fra i territori a rischio vi sono larga parte dell'Europa – tutta l'Italia compresa – ad eccezione dei Paesi più settentrionali (come quelli della Penisola Scandinava, la Danimarca e una buona porzione della Russia); l'intera Africa; quasi tutta l'Asia; l'intero continente oceanico (Australia, Nuova Zelanda e isole); tutto il Sud America con esclusione della punta più meridionale dell'Argentina; e vasta parte del Nord America. Per quanto concerne l'Italia, l'area tirrenica, le regioni del Settentrione e quelle del centro Italia risultano più esposte al potenziale rischio, come si evidenzia dal tracciato orbitale sottostante.

Il rischio di danni gravi con potenziali vittime è comunque considerato “minimo” dagli esperti, per via del fatto che buona parte dell'area interessata è occupata dagli oceani. Al momento, tuttavia, non si può affatto escludere che possa essere colpito un centro abitato, come accadde per un pezzo di un razzo cinese precipitato su un villaggio africano alcuni anni addietro. “Non c'è motivo di preoccuparsi particolarmente”, ha evidenziato l'esperto di detriti spaziali Jonathan McDowell dell'Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, aggiungendo comunque che nessuno vorrebbe che una cosa del genere "gli cadesse sulla testa".
Perché il rientro di Kosmos 482 è più pericoloso
Ciò che rende particolarmente significativo questo rientro è proprio la tipologia di detrito spaziale coinvolto. Non vi è certezza assoluta della sua natura, ma gli scienziati ritengono che con buona probabilità possa trattarsi del lander (Descent Craft) della sonda sovietica Kosmos 482, che fu lanciata verso Venere il 31 marzo 1972 dal cosmodromo di Baikonur. A differenza della sonda gemella della missione Venera 8 che raggiunse il pianeta, come spiegato su SpaceReview questo lancio fallì a causa dello spegnimento prematuro dello stadio superiore del razzo Molniya 8K78M, che avrebbe dovuto immettere la sonda nell'orbita corretta verso Venere. Il carico utile della missione (1972-023A) si divise in due pezzi; uno è rientrato il 5 maggio del 1981, 9 anni dopo il lancio, l'altro è rimasto in orbita per 53 anni e sta per precipitare adesso sulla Terra, incontrollato. Come indicato si tratterebbe proprio del lander che avrebbe dovuto scendere su Venere. E questo rappresenta il problema principale.
L'atmosfera infernale di Venere, estremamente corrosiva, è infatti 90 volte più densa di quella della Terra, per questo il lander è stato dotato di uno scudo termico a guscio di circa 1 metro che avrebbe dovuto resistere agevolmente all'attrito estremo. Ciò significa che rientrando nell'atmosfera terrestre dovrebbe superare efficacemente il fenomeno di ablazione – quello che distrugge molti detriti spaziali ma anche asteroidi di piccole dimensioni – e arrivare praticamente integro al suolo. Parliamo di un frammento con un diametro appunto di 1 metro e una massa stimata di circa 480 chilogrammi, che dovrebbe rientrare alla velocità di circa 70 metri al secondo, ovvero 242 chilometri orari. Potrebbe essersi attivato il paracadute, ma non dovrebbe sortire effetti nel rientro atmosferico. Non resta che attendere le prossime ore per ulteriori aggiornamenti sulle analisi orbitali, che restringeranno sempre più fascia oraria e potenziale regione di impatto.