Scoperta sostanza che inverte l’osteoporosi in test di laboratorio: speranze per farmaco innovativo

I ricercatori hanno scoperto un composto in grado di rafforzare le ossa, stimolando l'attività degli osteoblasti – le cellule che producono l'osso – e inibendo quello degli osteoclasti, le cellule che lo assorbono. In test di laboratorio su modelli murini (topi) è stato dimostrato che l'azione migliora sensibilmente la densità ossea, sia delle ossa sane che di quelle indebolite, rappresentando un potenziale e rivoluzionario trattamento per l'osteoporosi.
Questa condizione, come indicato dall'Istituto Superiore di Sanità (ISS), “è una malattia che indebolisce le ossa, rendendole fragili e più soggette a fratture”. Colpisce circa il 5 percento della popolazione italiana e il 17,5 percento di quella con più di 65 anni, in particolar modo le donne. In post menopausa, infatti, il rischio di andare incontro a osteoporosi – caratterizzata da ossa meno dense e porose – è circa quattro volte superiore. Le fratture di polso, anca e vertebre sono in genere le più comuni per chi ne soffre, con gravi conseguenze sulla qualità della vita.
Sono attualmente disponibili diversi farmaci per contrastare gli effetti dell'osteoporosi, ma non sono per tutti e alcuni presentano effetti collaterali significativi; per questo la scoperta di questa sostanza potrebbe rivoluzionare il trattamento e la prevenzione della patologia. Ma non solo. La perdita di densità e massa ossea è un problema significativo anche per gli astronauti impegnati nelle missioni spaziali di lunga durata, con perdite percentuali (paragonabili a decenni) che in alcuni casi non vengono recuperate nemmeno a un anno dal ritorno sulla Terra. Un simile farmaco potrebbe rappresentare la soluzione o a uno dei problemi fisiologici più grandi legati alla conquista di Marte, che potrebbe essere raggiunta entro la fine del prossimo decennio (anche se in molti non sono ottimisti, proprio a causa delle conseguenze severe sull'organismo umano).

A scoprire e descrivere l'efficacia del nuovo composto, chiamato AP503, è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati tedeschi della Facoltà di Medicina dell'Università di Lipsia, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi di vari istituti. Fra quelli coinvolti il College di Medicina Cheeloo dell'Università di Shandong e l'Ospedale universitario Carl Gustav Carus dell'Università di Tecnologia di Dresda. I ricercatori, coordinati dalla professoressa Ines Liebscher, docente presso l'Istituto di Biochimica Rudolf Schönheimer dell'ateneo tedesco, hanno ottenuto questo risultato significativo grazie a un lavoro precedente, nel quale avevano dimostrato che il recettore accoppiato alla proteina G di adesione (GPR133) gioca un ruolo fondamentale “nella costruzione e nel mantenimento di ossa sane”, come indicato in un comunicato stampa dell'Università di Lipsia.
I test sui modelli murini hanno dimostrato che la compromissione di questo recettore, per anomalie genetiche e altre condizioni, determina una perdita di densità ossea anche in esemplari giovani, con effetti assimilabili a quelli dell'osteoporosi umana. A seguito della scoperta di GPR133, attraverso analisi al computer i ricercatori sono andati a caccia di potenziali molecole in grado di stimolarlo, ed è proprio così che hanno identificato AP503. “Utilizzando la sostanza AP503, che solo di recente è stata identificata tramite uno screening computerizzato come stimolatore di GPR133, siamo stati in grado di aumentare significativamente la resistenza ossea sia nei topi sani che in quelli osteoporotici”, ha affermato la professoressa Liebscher. Questo composto rende le ossa più forti, robuste e resistenti aumentando la densità ossea, catalizzando l'attivazione del recettore GPR133. Normalmente la sua attivazione è legata a stimolazione meccanica, interazione fra le cellule e la presenza di determinati ormoni, ma in specifiche condizioni non funziona correttamente, come appunto nell'osteoporosi. Un farmaco basato su AP503 potrebbe sbloccare questo meccanismo anche nell'essere umano e promuovere la produzione di osso.

Chiaramente andranno condotti approfonditi studi ad hoc, perché i topi non sono esseri umani, anche se i principi fisiologici alla base del meccanismo sono i medesimi. Un recente studio brasiliano ha dimostrato che anche le microplastiche possono favorire l'osteoporosi. I dettagli della ricerca “The mechanosensitive adhesion G protein-coupled receptor 133 (GPR133/ADGRD1) enhances bone formation” sono stati pubblicati su Signal Transduction and Targeted Therapy.