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Scienziati risvegliano un virus “zombie” rimasto congelato nel permafrost per 50mila anni

Lo scioglimento del permafrost causato dai cambiamenti climatici sta portando alla luce virus sepolti da decine di migliaia di anni. Fra essi ne è stato risvegliato uno antichissimo.
A cura di Andrea Centini
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A sinistra un Pandovirus, a destra il permafrost. Credit: wikipedia / pixabay
A sinistra un Pandovirus, a destra il permafrost. Credit: wikipedia / pixabay

Gli scienziati hanno scoperto e risvegliato 13 virus rimasti intrappolati nel ghiaccio per decine di migliaia di anni. Sono tutte nuove specie, con un patrimonio genetico mai visto prima. Il più antico tra quelli rinvenuti, chiamato Pandoravirus yedoma, si ritiene abbia circa 50mila anni. Si tratta di veri e propri virus “zombie” che rappresentano una potenziale minaccia per la salute pubblica, avendo conservato le capacità infettive nonostante il lunghissimo periodo di quiescenza trascorso nel suolo congelato. Non parliamo nello specifico dei virus risvegliati dagli scienziati, ma della moltitudine che si annida nel permafrost in scioglimento, a causa dei cambiamenti climatici. Secondo una recente ricerca delle università di Aarhus e Aberystwyth, infatti, la fusione dei ghiacciai potrebbe rilasciare nell'ambiente ben 100mila tonnellate di microbi entro la fine del secolo.

A scoprire e risvegliare le 13 nuove specie di virus "zombie" è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati francesi dell'Institut Microbiologie, Bioénergies et Biotechnologie, and Institut Origines – CNRS dell'Università di Aix Marseille, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di Microbiologia Molecolare dell'Università di San Pietroburgo (Russia), dell'Helmholtz Centre for Polar and Marine Research di Potsdam (Germania), dell'Istituto di Zoologia dell'Accademia Russa delle Scienze e di altri istituti. Gli scienziati, coordinati dal professor Jean-Michel Claverie, docente di Microbiologia presso l'ateneo di Marsiglia, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato campioni biologici estratti dal permafrost in scioglimento da alcune aree della Siberia, del fiume Lena e della Kamchatka.

I 13 virus fanno parte di cinque distinti cladi in grado di infettare amebe (Acanthamoeba spp), ovvero Pandoravirus, Cedratvirus, Megavirus, Pacmanvirus e Pithovirus, quest'ultimo un ceppo totalmente nuovo. Nessuno dei virus era precedentemente noto agli scienziati. Come indicato, il più antico ha un'età stimata di circa 50mila anni, mentre gli altri ne hanno alcune decine di migliaia. I Pandovirus come P. yedoma sono noti per essere tra i più grandi virus conosciuti, con un diametro che arriva a 1 micrometro e risultano dunque visibili al microscopio ottico. Il virus gigante è stato trovato sotto a un lago, mentre gli altri nei campioni biologici di animali preistorici rinvenuti dal permafrost sciolto, come lupi e mammut lanosi.

Come specificato dal professor Claverie e colleghi, un quarto dell'emisfero settentrionale è ricoperto da permafrost che a causa del riscaldamento globale si sta sciogliendo, portando alla luce materia organica che è stata congelata fino a 1 milione di anni. Larga parte di essa viene liberata come metano e anidride carbonica in atmosfera – composti che catalizzano i cambiamenti climatici – mentre una parte si conserva ed è ricchissima di microorganismi, come procarioti, eucarioti unicellulari e appunto virus. I ricercatori hanno testato i virus risvegliati su amebe unicellulari e hanno scoperto che erano ancora capaci di infettarle. Non sappiamo cosa accadrà con l'enorme mole di patogeni che verrà rilasciata dai cambiamenti climatici, per questo è fondamentale studiarli e comprenderne la potenziale minaccia, ad esempio capire se resteranno infettivi una volta esposti all'ossigeno e alla luce solare. I dettagli della ricerca “An update on eukaryotic viruses revived from ancient permafrost” sono stati caricati sul database BiorXiv in attesa della pubblicazione su una rivista scientifica.

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