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Cambiamenti climatici

La crisi climatica aumenta il rischio di Covid e altre infezioni virali: com’è possibile

Gli scienziati hanno determinato che livelli elevati di CO2 nell’aria sono associati a un rischio superiore di infezione da parte di virus. Ecco per quale ragione.
A cura di Andrea Centini
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Potrebbe sembrare assurdo, ma i ricercatori hanno trovato uno stretto legame tra la crisi climatica in corso, catalizzata dalle emissioni di anidride carbonica (CO2) prodotte dall'uomo, e un rischio sensibilmente superiore di ammalarsi di Covid, influenza e altre infezioni provocate da virus. La ragione risiede nel fatto che i patogeni presenti nell'aria restano infettivi per un periodo di tempo più lungo in proporzione ai livelli di CO2. In altri termini, maggiore è la concentrazione di anidride carbonica nell'aria, più i virus hanno possibilità di infettarci e farci ammalare. È quanto emerso da un nuovo studio che si è concentrato sulla capacità infettiva di diverse varianti del coronavirus SARS-CoV-2, il patogeno responsabile della pandemia di Covid che stiamo ancora vivendo.

A determinare che l'aumento della CO2 nell'aria favorisce una superiore infettività dei virus è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati britannici del Dipartimento di Chimica dell'Università di Bristol, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi della Scuola di Medicina Cellulare e Molecolare, della facoltà di Medicina Veterinaria e dell'Istituto di Fisica dell'Università di Magonza Johannes Gutenberg (Germania). I ricercatori, coordinati dal professor Allen Haddrell, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver condotto specifici esperimenti con una tecnologia a bioaerosol chiamata Controlled Electrodynamic Levitation and Extraction of Bioaerosols onto a Substrate (CELEBS). In parole semplici, il dispositivo è in grado di simulare gli aerosol esalati da una persona e determinare quanto sopravvivono le particelle virali in essi rilasciate a determinate condizioni di temperatura, umidità e presenza di gas.

Nel nuovo esperimento gli studiosi si sono concentrati sulla capacità infettiva a differenti concentrazioni di CO2 di alcune varianti del SARS-CoV-2, come Omicron e Delta. Il professor Haddrell e colleghi hanno scoperto che a concentrazioni elevate di anidride carbonica il numero di particelle virali che resta infettivo è sensibilmente superiore. Per fare un esempio, a 3.000 parti per milione (ppm) di CO2 – il valore di una stanza chiusa e piena di gente – le particelle infettive sono 10 volte superiori rispetto a quelle dell'esterno, pari a 400 ppm. Anche il dato dell'anidride carbonica nell'aria all'aperto continua a crescere e si stima che possa arrivare a 700 ppm entro il 2100, proprio a causa delle emissioni di origine antropica. Nell'esperimento è stato dimostrato che dopo 40 minuti a 800 ppm l'infettività era paragonabile proprio a quella di una stanza chiusa e affollata. Per queste ragioni si teme chi virus possano profittare del cambiamento climatico aumentando i rischi di contagio.

Gli esperimenti sono stati condotti con diverse varianti del SARS-CoV-2 che hanno evidenziato un grado differente di sopravvivenza in base ai livelli di CO2. I ricercatori sospettano che anche altri virus rispondano in modo differente alle variazioni di anidride carbonica; ciò potrebbe aiutare a spiegare meglio la stagionalità di determinate infezioni. Secondo gli esperti la CO2 interagisce con le goccioline respiratorie come un acido; quando i livelli sono più elevati viene influenzato il loro pH e i virus che si trovano all'interno si attivano a un ritmo più lento. “Questi risultati hanno quindi implicazioni più ampie non solo nella nostra comprensione della trasmissione dei virus respiratori, ma anche di come i cambiamenti nel nostro ambiente possano esacerbare la probabilità di future pandemie. I dati del nostro studio suggeriscono che l’aumento dei livelli di CO2 nell’atmosfera può coincidere con un aumento della trasmissibilità di altri virus respiratori estendendo il tempo in cui rimangono infettivi nell’aria”, ha affermato l'autore principale dello studio in un comunicato stampa. I dettagli della ricerca “Ambient carbon dioxide concentration correlates with SARS-CoV-2 aerostability and infection risk” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature Communications.

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