Record di influenza aviaria negli uccelli in Europa, gli esperti: “La circolazione è insolita”

L'Europa è alle prese con un'ondata record di influenza aviaria tra gli uccelli: secondo i dati del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) e dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) negli ultimi mesi, nello specifico tra il 6 settembre e il 14 novembre 2025 i casi documentati tra gli uccelli selvatici e domestici sono stati 1.443, quattro volte quelli segnalati nello stesso periodo un anno fa. Una circolazione così intensa è stata registrata l'ultima volta nel 2016, quasi dieci anni fa.
D'altronde l'influenza aviaria è un'osservata speciale dalle autorità sanitarie di tutto il mondo da ormai oltre un anno, soprattutto da quando il sottotipo (H5N1) ad alta patogenicità (HPAI) è stato rilevato in diversi allevamenti di mucche da latte in tutti gli Stati Uniti, con decine di casi segnalati anche tra gli allevatori o comunque persone esposte agli allevamenti di bovini. Come riporta uno studio pubblicato su Nature Medicine, tra marzo 2024 e maggio 2025 sono stati confermati 70 casi umani nel Paese, la maggior parte (41) sono stati collegati all'esposizione alle vacche da latte. A gennaio 2025 è stato confermato il primo decesso dovuto alla malattia.
Cosa sta succedendo
Quando si parla di influenza aviaria è bene specificare che non esiste solo un tipo di questo virus. Come spiega infatti l'Istituto superiore di sanità (Iss), "si conoscono almeno quindici sottotipi di virus influenzali che infettano gli uccelli, anche se tutte le epidemie di influenza altamente patogenica sono state causate da virus di tipo A dei sottotipi H5 e H7". Solo qualche giorno fa sempre negli Stati Uniti è stato segnalato il primo decesso causato da un sottotipo (H5N5) finora mai segnalato nell'uomo, nello Stato di Washington, anche se le autorità hanno specificato che il rischio per la salute pubblica resta basso, trattandosi di un caso isolato.
Tuttavia, il sottotipo che più preoccupa gli esperti di tutto il mondo è proprio l'H5N1. Questo infatti negli ultimi anni, a partire dal 2020, è stato segnalato in diverse specie animali, non solo nei volatili, ma ha sviluppato la capacità di infettare anche diverse specie di mammiferi. Finora sono state rilevate infezioni in oltre 25 specie di mammiferi. Non solo le mucche da latte negli Stati Uniti, il virus è stato documentato anche nei gatti e nei cani. Un caso isolato è stato segnalato anche in Italia.
I recenti dati di Ecdc ed Efsa infatti hanno confermato che il 99% dei casi documentati negli ultimi mesi riguarda proprio il ceppo A(H5N1). Gli animali più colpiti, come è emerso già più volte negli ultimi anni, sono gli uccelli acquatici, con focolai ad alta mortalità in alcune specie come i gru, soprattutto in Germania, Francia e Spagna, e cigni reali nel Regno Unito, in Francia e in Italia.
I rischi per l'uomo
L'Efsa sottolinea come l'intensa circolazione del virus potrebbero favorire nuove infezioni miste, "potenzialmente responsabili della comparsa di nuovi virus riassortiti, che giocano un ruolo importante nell’evoluzione rapida dei virus HPAI".
Già in passato diversi esperti hanno evidenziato il rischio che sviluppi nuove mutazioni fino a diventare in grado di diffondersi in modo efficiente anche tra gli esseri umani. Tuttavia, come aveva spiegato l'epidemiologo Giovanni Rezza in questa intervista a Fanpage.it, non bisogna fare allarmismi perché, pur in presenza di casi nell'uomo, non è detto che un determinato virus animale "muti e si adatti all'uomo fino a diventare trasmissibile da persona a persona".
Per le autorità sanitarie resta comunque fondamentale per limitare il rischio di esposizione per l'uomo l'adozione di misure preventive soprattutto – come riassume Quotidiano Sanità – per monitorare le categorie più esposte al contatto animale, come i veterinari, gli allevatori e i cacciatori. Non è un caso che dei 71 casi umani di H5N1 negli Stati Uniti da marzo 2024 a maggio 2025, 41 sono stati collegati a mucche da latte, 24 ad allevamenti di polli commerciali e 2 da allevamenti domestici, di 3 non è stato possibile identificare la causa.
Come si trasmette l'influenza aviaria
Gli animali infetti possono infatti trasmettere il virus attraverso il muco, la saliva, le secrezioni nasali o le feci, ma tracce del virus sono stati trovati anche nel latte. Uno studio ha confermato che il latte crudo può essere un veicolo di infezione per gli animali. Per questo motivo le autorità sanitarie negli USA hanno raccomandato di bere solo latte pastorizzato.
Anche per questo l'Efsa ha raccomandato di prendere misure per il contenimento del virus negli allevamenti animali, "considerata – spiega l'autorità – l’insolita e intensa circolazione del virus HPAI nella popolazione di uccelli selvatici rispetto agli anni precedenti, e l’elevata contaminazione ambientale associata". Anche se in Italia non ci sono mai stati casi di aviaria negli allevamenti bovini, negli ultimi mesi si stanno valutando diverse misure per limitare la diffusione del virus. Ad esempio, ad aprile 2025, il Ministero della Salute ha annunciato uno studio sperimentale per vaccinare contro il virus dell'aviaria circa 5.000 tacchini in due allevamenti.