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Questa stampante 3D è in grado di ricreare parti di organi umani partendo dalle cellule dei pazienti

Si chiama Electro Spider ed è stata progetta nell’ambito di uno spin off con l’Università di Pisa della SolidWorld, una delle principali realtà italiane nello sviluppo di soluzioni di stampa 3D.
A cura di Valeria Aiello
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Ricreare organi umani completamente funzionanti e trapiantabili, che possano provvedere a colmare la principale limitazione agli interventi chirurgici salvavita: la carenza di donatori. Un importante passo in avanti nella direzione degli organi “quasi vivi”, come vengono chiamati nel settore biomedicale, arriva da uno spin off con l’Università di Pisa della SolidWorld, una delle principali realtà italiane nello sviluppo di soluzioni di stampa 3D, attraverso un nuovo macchinario, già brevettato e attualmente in fase di test, che partendo da una soluzione acquosa contenente le cellule del paziente è in grado di biostampare parti di organi umani che possano sostituire quelle danneggiate.

La prospettiva è quella di arrivare alla biostampa di organi interi, come reni, fegato e cuore, che possiedono una complessità anatomica e fisiologica non ancora completamente riproducibile con la tecnologia corrente, sebbene Electro Spider (questo il nome del macchinario) sia già in grado di creare componenti di organo per la sperimentazione. La sua commercializzazione è prevista entro la fine del 2022.

Come spiegato al Sole 24 Ore dall’inventore di Electro Spider, il professor Giovanni Vozzi, docente della scuola di Ingegneria dell’Università di Pisa, a capo del centro di ricerca Biofabrication Lab, specializzato in bioingegneria e robotica, la prospettiva futura è proprio quella di “arrivare ad avere macchine che, partendo dalle cellule del paziente, siano in grado di riprogettare l’organo che va sostituito”. Tuttavia, indica Vozzi “immaginiamo che ci possano volere dieci anni, considerando anche gli studi all’estero”.

Ad ogni modo, sottolinea l’ingegnere italiano, poter creare oggi tessuti e componenti di organi dalle cellule del paziente “è già utile, perché con una porzione di tessuto umano si potranno fare sperimentazioni per personalizzare le cure, valutare già i risultati di una terapia, dare la giusta dose di principi attivi ad ogni paziente. La medicina personalizzata è il prossimo traguardo”.

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