Ponte sullo Stretto, l’allarme di Tansi: “È un flipper geologico: uno dei posti più pericolosi al mondo”

Non ci sarà una nuova gara per l’assegnazione dei lavori del Ponte sullo Stretto di Messina. Lo ha assicurato pochi giorni fa il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini, ribadendo l’intenzione del governo di portare avanti il progetto di quello che diventerebbe il ponte sospeso a campata unica più lungo del mondo, nonostante la bocciatura della delibera con cui il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (Copes) aveva autorizzato ad agosto il progetto definitivo.
Se verrà costruito, il ponte sullo stretto di Messina sarà un’opera fuori scala rispetto ai progetti realizzati finora. E, soprattutto, unirebbe due litorali ora divisi non solo da un profondo braccio di mare, ma da una faglia sismica parte di un sistema tettonico complesso e in continuo movimento, che negli anni ha prodotto violentissimi terremoti. Secondo il progetto, il ponte dovrebbe poter resistere ai sismi che si verificheranno nell’area fino a 7,1 di magnitudo, pari a quella del terremoto che scosse la terra tra Scilla e Cariddi nel 1908, in cui morirono 120.000 persone.
Quale potrebbe essere l'effetto di una scossa simile sulle città collegate dall’opera il cui progetto da 13 miliardi di euro? Qui trovate anche gli alri esempi in cui sono stati usati progetti simili. Quali interventi dovrebbero accompagnare la costruzione del ponte per rendere Messina e Reggio Calabria veramente sicure sotto il profilo sismico? Fanpage lo ha chiesto al geologo Carlo Tansi Primo Ricercatore del CNR, specializzato in rischio sismico e idrogeologico, per anni impegnato nello studio del panorama sismico della Calabria e capo della Protezione Civile della regione da novembre 2015 a febbraio 2019.
Qual è il quadro generale del rischio sismico nello Stretto di Messina?
Lo Stretto di Messina è uno dei luoghi sismicamente più pericolosi al mondo: una zona dove insistono numerose faglie a cavallo tra la placca continentale africana e quella europea. La prima spinge contro la seconda provocando accumuli di energia che possono provocare terremoti molto forti. Una di queste faglie, in particolare, è quella responsabile del terremoto del 28 dicembre 1908. Un evento devastante che provocò circa 120.000 vittime e un maremoto con onde alte fino a 15 metri.
Lei studia da tempo le faglie attive nella zona. Qual è la situazione?
La Calabria è un territorio attraversato da un reticolo di faglie che ne fa una delle regioni sismicamente più complesse d’Italia: una sorta di flipper geologico in cui molte molle continuano a caricarsi senza che sia possibile prevedere quando scatteranno. Ciò perché, allo stato attuale delle conoscenze, la scienza non può prevedere i terremoti.
A Nord, nella provincia di Cosenza, si trovano le faglie più corte, orientate nord-sud, come quelle della valle del Crati: sono distensive e hanno generato terremoti relativamente poco distruttivi, nell’ordine di poche centinaia o un migliaio di vittime.
Più a Sud compare invece la faglia Catanzaro–Lamezia, orientata nord-ovest/sud-est, che delimita a nord la stretta di Catanzaro. La faglia è responsabile del devastante sisma del 1638 che fece circa 10.000 morti: questa faglia è una faglia trascorrente, più lunga e quindi capace di rilasciare molta più energia, che ha dato segnali di attività anche circa un anno fa nei pressi del tratto mediano.
Scendendo ancora lungo la regione emergono le grandi faglie distensive orientate nord-est/sud-ovest, che bordano il massiccio delle Serre e dell’Aspromonte e arrivano fino allo Stretto di Messina: sono lunghe, pericolose, e hanno prodotto eventi come il catastrofico terremoto del 1783, in cinque scosse successive, con 35.000 vittime e il collasso di interi versanti montuosi verso il mare.
Lo stesso sistema, influisce direttamente sull’area dello Stretto, che è a sua volta attraversato da un’altra importante faglia, quella che generò il terremoto del 1908. In questa trama fitta di spaccature convivono dunque molte sorgenti sismogenetiche diverse, ciascuna in grado di liberare, a tempo incerto, l’energia che continua ad accumularsi nel sottosuolo.
Che tipo di faglia ha provocato il terremoto del 1908 a Messina e Reggio Calabria?
Si tratta di una grande faglia attiva che attraversa lo Stretto e prosegue verso Sud. È una struttura capace di rilasciare molta energia. Le stime più accurate ci dicono che quel terremoto ebbe una magnitudo di 7,1. La geologia ci insegna che se un sisma ha avuto una determinata forza, la stessa faglia ne può provocare un altro altrettanto forte.
Dunque, si può ripetere un terremoto simile a quello del 1908?
Sì, senza alcun dubbio. La faglia dello stretto di Messina può dare luogo a un altro sisma di magnitudo 7,1. È già accaduto e accadrà di nuovo. La domanda da farsi non è “se” ma “quando”. Infatti, al momento non siamo in grado di prevedere in che momento si svilupperà un sisma.
E uno più forte? La società stretto di Messina dice di no…
Non possiamo escluderlo. La magnitudo è espressa in una scala logaritmica: tra un 7 e un 8 c’è un salto enorme, di circa 33 volte l’energia. Anche un singolo decimale in più rappresenta un incremento significativo. Non abbiamo elementi per dire che 7,1 sia il limite superiore raggiungibile dalla faglia.
Cosa accadrebbe oggi se si ripetesse un terremoto simile a quello del 1908?
Nel 1908, la terra tremò poco dopo le cinque del mattino. Molti sopravvissuti uscirono di casa e si radunarono lungo la costa per ripararsi dai crolli. Ma pochi minuti dopo arrivò il maremoto che travolse le persone che provavano a ripararsi sulle coste di Messina e Reggio. La maggior parte delle vittime non morì per i crolli, ma proprio a causa dello tsunami. Cosa succederebbe oggi? Non oso immaginare. Oggi la situazione è diversa, e a fare paura sono i crolli, più che un eventuale maremoto. È difficile fare stime, ma è certo che l’impatto sarebbe enorme. La densità abitativa è molto più alta, gli edifici sono spesso fragili o irregolari, e la cultura della prevenzione è ancora scarsa.
Progettare il ponte sullo Stretto di Messina per resistere a una magnitudo di 7,1 secondo lei è sufficiente?
È difficile dirlo con certezza, proprio perché non conosciamo la magnitudo massima che la faglia può generare. Per questo, quando si costruisce in un’area così complessa, i margini di sicurezza devono essere molto ampi. Un fenomeno a cui bisogna prestare molta attenzione è la liquefazione del suolo. Durante i terremoti, i terreni sabbioso-limosi diventano liquidi. Lo abbiamo già visto in Calabria e in Sicilia nel 1908. Il suolo divenne liquido, facendo scendere le coste di circa un metro e cambiando drasticamente la morfologia del territorio. E proprio questo tipo di terreno è quello dove dovrebbero poggiare i piloni del ponte sullo Stretto.
Il suo collega Mario Tozzi, sostiene che in caso di un forte sisma, il ponte sullo Stretto di Messina collegherebbe due cimiteri. Perché?
Qui trovate l'intervista di Mario Tozzi a Fanpage.it.
Non sono i terremoti a uccidere, ma gli edifici costruiti in maniera scorretta, e spesso abusivamente. Un terremoto di magnitudo 10 nel deserto non ci farebbe nulla. Ci sentiremmo sulle montagne russe, ma non moriremmo, perché nulla ci cadrebbe in testa. Purtroppo, in Calabria e Sicilia la situazione abitativa e infrastrutturale amplifica il rischio sismico già elevato. La Calabria è la regione con il tasso di abusivismo più elevato d’Italia, con circa il 50% delle abitazioni abusive in parte o del tutto, mentre molti altri edifici sono stati costruiti oltre 50 anni fa quando le conoscenze sulla sismologia erano limitate e le norme meno stringenti, e in alcune zone, come a Reggio Calabria, interi palazzi abusivi sorgono senza vie di fuga adeguate. Particolarmente vulnerabili sono anche i centri storici.
In altre parole, la maggior parte degli edifici non rispetta gli standard antisismici degli anni Ottanta implementati dopo i terremoti del Friuli e dell’Irpinia. Attraverso una normativa che è diventata sempre più rigida man mano che si verificavano i sismi più recenti. Chi invece ha una casa a norma e aggiornata a questi standard non deve temere un sisma.
La cosa che mi fa rabbia è che ancora oggi si continuano a varare condoni edilizi, come quello del ministro Salvini, che prevede l’approvazione per silenzio-assenso da parte dei Comuni, quando i comuni non hanno i fondi per gestire tutte le pratiche necessarie. Quindi automaticamente molti condoni verranno concessi, anche indebitamente, per silenzio-assenso.
Lei è favorevole o contrario al ponte sullo Stretto?
Come scienziato, non entro nel dibattito politico. Oggi la scienza e la tecnologia consentono di progettare e realizzare un ponte come quello sullo Stretto anche in zone ad alta sismicità, se i criteri ingegneristici sono adeguati. Ma ritengo che, prima di un’infrastruttura di quelle dimensioni, sarebbe necessario affrontare in modo sistematico il tema della vulnerabilità del territorio: mettere in sicurezza le case, le scuole, le strade.