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Perché questo spettacolare sito di immersione è il più pericoloso al mondo

Si tratta del Blue Hole, una grande grotta sottomarina nel Mar Rosso, conosciuta anche come il cimitero dei subacquei per il gran numero di incidenti mortali avvenuti negli anni.
A cura di Valeria Aiello
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Il Blue Hole osservato dall'alto / Credit: Wikipedia
Il Blue Hole osservato dall'alto / Credit: Wikipedia

A Sud-Est del Sinai, a pochi chilometri a nord di Dahab, in Egitto, si trova il Blue Hole (buco blu), una spettacolare grotta sottomarina che si estende per oltre 100 metri nelle profondità del Mar Rosso, la cui bellezza naturale continua ad attirare appassionati di immersioni e snorkeling nonostante la sua inquietante reputazione. Questa dolina si è infatti tristemente guadagnata il soprannome di Diver’s Cemetery, il cimitero dei subacquei, per il gran numero di incidenti mortali (almeno 40) registrati negli ultimi anni, con un bilancio delle vittime stimato in circa 200 . Le tante targhe commemorative che circondano l’ingresso del sito sono un chiaro monito della sua pericolosità, eppure ancora oggi è un luogo di immersione incredibilmente popolare.

Perché il Blue Hole è il sito di immersione più pericoloso al mondo

Osservato dalla costa, il Blue Hole appare come un bacino circolare ampio circa 50-80 metri, noto come “la Sella” che perfora il fondale della barriera corallina fino a una profondità apparente di circa 70 metri. Quanto però ci si immerge, sul lato est si rende visibile l’ingresso di un ampio tunnel sottomarino, chiamato “l’Arco”, lungo 26 metri, la cui volta inizia a 52 metri di profondità e termina in mare aperto, dove il fondale supera i 100 metri, oltre la piattaforma carbonatica costiera.

La complessità di questa particolare conformazione richiede un addestramento specifico per l’attraversamento, nonché un’attrezzatura tecnica adeguata, in quanto 40 metri sono generalmente considerati un limite per le immersioni ricreative. A ciò si aggiunge la difficoltà nell’individuare l’ingresso dell’Arco, per cui i subacquei che non trovano il punto esatto possono inavvertitamente continuare a scendere oltre, mentre il fondale continua fino a ben oltre 100 m, senza fornire alcun riferimento visivo della profondità, con il rischio di incorrere nella cosiddetta narcosi da azoto.

Dal punto di vista tecnico, d’altra parte, il tempo che si impiega per attraversare l’Arco può essere sottovalutato, in quanto il tunnel appare molto più corto di quanto non sia nella realtà, a causa della limpidezza dell’acqua, della luce all’estremità esterna e la mancanza di punti di riferimento. A occhio, il tunnel appare infatti lungo meno di 10 metri, e spesso è attraversato da una corrente contraria, aumentando lo sforzo e il tempo necessario per attraversarlo.

Ciò implica una corretta gestione del gas, perché eventuali ritardi o errori a queste profondità, oltre al tempo di navigazione del tunnel, richiedono più di una bombola, considerando anche le soste di decompressione durante la risalita, per evitare la malattia da decompressione (MCD). Inoltre, il tasso di consumo di gas in immersione aumenta con la profondità e lo sforzo, il che può portare i subacquei a rimanere senza gas o a iniziare la risalita con gas insufficiente per effettuare le soste di decompressione richieste.

Nell’insieme, il Blue Hole del Mar Rosso presenta quindi una serie di insidie, che negli anni hanno causato la morte anche di subacquei preparati e di grande esperienza, come quella di Yuri Lipski, un istruttore russo di 22 anni, deceduto il 28 aprile 2000 a una profondità di 115 metri dopo una discesa incontrollata, probabilmente per aver mancato l’ingresso dell’Arco. Durante l’immersione, Lipski aveva con sé una videocamera, che documentò le fasi del suo tragico decesso.

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