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Perché la Nuova Zelanda vuole eliminare tutti i gatti selvatici (ferali) entro il 2050

La Nuova Zelanda ha deciso di inserire i gatti nel “Predator Free 2050”, un programma che prevede lo sterminio dei predatori introdotti dall’uomo entro il 2050. I gatti ferali (inselvatichiti) fanno strage di animali autoctoni, in particolar modo uccelli, molti dei quali a rischio estinzione. Maggiori dettagli sul programma di eradicazione saranno annunciati a marzo 2026.
A cura di Andrea Centini
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Il Dipartimento per la Conservazione della Nuova Zelanda ha ufficializzato la decisione di eliminare tutti i gatti selvatici – più correttamente ferali, cioè inselvatichiti – entro il 2050. I mici che vivono in natura, di fatto, saranno sterminati attraverso un programma sistematico e coordinato di eradicazione. Già oggi i gatti vengono uccisi in specifiche aree della Nuova Zelanda, ma con l'inserimento ufficiale nel progetto “Predator Free 2050” si interverrà a tappeto, fino appunto alla totale rimozione dei felini.

Chiaramente non saranno coinvolti i gatti domestici, ma chi li possiede dovrà a maggior ragione esercitare una proprietà responsabile, come del resto già prevedono le norme attuali, tra microchip, limitazioni alla libera circolazione (coprifuoco), guinzaglio, sterilizzazione raccomandata e altre misure introdotte anche in Australia. Ma perché il governo neozelandese ha deciso di intervenire con una soluzione così drastica? La ragione è semplice: il gatto è una specie aliena introdotta dall'uomo che sta avendo un impatto devastante sulla fauna selvatica autoctona, comportando l'uccisione di decine di milioni animali ogni anno. I gatti hanno già portato all'estinzione alcune specie – come lo scricciolo di Stephens Island (Traversia lyalli) e la quaglia della Nuova Zelanda (Coturnix novaezelandiae) – mentre altre di quelle predate sono in pericolo di estinzione (in alcuni casi anche critico); se non si interviene, pertanto, i danni dei piccoli felini diventeranno irreparabili per altre preziose specie selvatiche. Da qui la decisione di sterminarli sistematicamente.

Come indicato, il Dipartimento per la Conservazione della Nuova Zelanda ha ufficialmente inserito i gatti nel progetto “Predator Free 2050”, volto a rimuovere l'impatto dei predatori introdotti dall'uomo sulla fauna locale. Più nello specifico, a essere coinvolti nella campagna di eradicazione sono ratti, mustelidi (come furetti, ermellini, donnole), opossum e appunto i gatti, formalmente inseriti nel programma con un comunicato pubblicato il 21 novembre.

Sappiamo che le persone vogliono che le loro riserve locali, le spiagge e i sentieri nella boschi siano pieni di uccelli, non di predatori. Includere i gatti selvatici nell'obiettivo Predator Free 2050 significa una maggiore protezione per la fauna selvatica locale, strumenti migliori per le comunità e un minore impatto su agricoltori, whānau e sulla nostra economia”, ha spiegato il dipartimento. “I gatti selvatici sono ormai diffusi in tutta l'Aotearoa (Nuova Zelanda in lingua maori NDR), dalle fattorie alle foreste, e mettono a dura prova uccelli, pipistrelli, lucertole e insetti autoctoni. Diffondono anche la toxoplasmosi, che danneggia i delfini, colpisce le persone e costa agli agricoltori la perdita di bestiame”, ha dichiarato la ministra per la conservazione Tama Potaka. La decisione definitiva è stata presa anche a seguito di una consultazione pubblica, in cui il 90 percento dei neozelandesi partecipanti si è espresso a favore di una “migliore gestione dei felini selvatici”, sfociata appunto nell'introduzione del progetto “Predator Free 2050”. Si calcola che in Nuova Zelanda circolino 2,5 milioni di gatti ferali, che in un'intervista a Radio New Zealand sono stati definiti dalla ministra Potaka “assassini a sangue freddo”.

Il Dipartimento della Conservazione stima che i predatori introdotti uccidano circa 25 milioni di uccelli autoctoni ogni anno, un numero enorme che ha un impatto catastrofico sui numeri delle coppie riproduttive e sulla sopravvivenza delle specie più minacciate. Ma a essere colpiti sono anche lucertole, mammiferi, anfibi e insetti, tutte prede “facili” che non si sono coevolute con i gatti e che quindi non hanno strumenti efficaci (adattamenti) per difendersi da essi, come avviene in qualsiasi contesto naturale in cui vige un equilibrio tra predatori e prede.

Il governo neozelandese cita ad esempio il caso di cento pipistrelli dalla coda corta (Mystacina tuberculata) – una specie in via di estinzione – uccisi dai gatti in una sola settimana nell'area di Ohakune, oppure dell'uccello pukunui (conosciuto anche come piviere dal petto rosso meridionale) quasi totalmente estinto dall'isola di Rakiura (isola Stewart). Nel 1991 erano rimasti solo una sessantina di questi volatili, ma grazie a un incisivo programma di protezione (attraverso l'avvelenamento di gatti e ratti) le autorità sono riuscite a far salire il numero fino a 300: purtroppo, a causa dei gatti ma anche dei cani sulle spiagge, c'è stato un successivo crollo e ora si contano soltanto un centinaio di esemplari in vita. I gatti, spiega il dipartimento neozelandese, uccidono pulcini e adulti, oltre a mangiarne le uova.

Questi sono solo alcuni dei casi più noti, ma i gatti sono responsabili della predazione di centinaia di specie autoctone, con miliardi di esemplari uccisi in tutto il mondo ogni anno. Chiaramente non è colpa loro, dato che fanno solo il proprio “lavoro” da predatori; ciò nonostante sono stati introdotti dall'uomo sconvolgendo molteplici habitat naturali ed è per questo che in alcuni casi si è deciso di intervenire con fermezza. Le autorità neozelandesi avevano già annunciato un progetto simile una decina di anni fa, fortemente contrastato da attivisti e associazioni animaliste. Ora è stato messo nuovamente sul tavolo, ma maggiori dettagli sul programma di eradicazione saranno comunicati soltanto a marzo del prossimo anno.

I gatti sono stati inseriti nella lista delle cento specie aliene e invasive più dannose al mondo dal Gruppo di studio sulle specie invasive (ISSG) dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) e chiaramente non fanno danni solo in Nuova Zelanda o in Australia, dove si registrano i danni peggiori. Una recente revisione sistematica condotta su oltre 500 studi scientifici ha rilevato che i gatti predano oltre 2.100 specie, fra le quali un migliaio di uccelli, 463 specie di rettili e 431 di mammiferi. Circa 350 delle specie predate sono minacciate di estinzione e alcune sono in pericolo critico. “Abbiamo una delle più alte percentuali di specie autoctone a rischio di estinzione al mondo”, ha spiegato il Dipartimento della Conservazione neozelandese, sostenendo la necessità di un intervento massiccio e rapido. In Italia si calcola che i gatti uccidano circa 200 specie diverse.

Alla luce dei danni arrecati alla natura, la Polonia nel 2022 ha deciso di inserire i gatti domestici nella lista delle specie aliene invasive. Non c'è da stupirsi per le polemiche accese che simili decisioni politiche hanno sull'opinione pubblica, ma i gatti domestici rinselvatichiti o randagi (da non confondere con specie selvatiche come il gatto selvatico) rappresentano un grave problema ambientale creato dall'uomo che deve essere risolto. La speranza è che si possa agire anche con metodi non cruenti, con prelievi e adozioni, ma al momento il programma neozelandese prevede un vero e proprio sterminio.

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