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Per cercare tracce di vita su Marte serve scavare almeno 2 metri, secondo uno studio

Fino a 2 metri di profondità è improbabile trovare tracce di vita su Marte, a causa della radiazione cosmica che degrada gli amminoacidi troppo velocemente.
A cura di Andrea Centini
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È improbabile che i rover Curiosity e Perseverance della NASA riusciranno a trovare le prove dell'esistenza della vita passata su Marte, nonostante siano giunti sul “Pianeta Rosso” proprio con questo virtuoso e pionieristico obiettivo. La ragione risiede nel fatto che possono scavare nella regolite marziana solo per pochi centimetri di profondità, mentre le tracce biologiche di questa potenziale vita antica potrebbero essere presenti solo al di sotto dei 2 metri. I ricercatori hanno infatti scoperto che gli amminoacidi vengono distrutti dalla radiazione cosmica a una velocità molto maggiore di quella creduta in precedenza. Qualora la vita fosse stata davvero presente, le sue tracce non avrebbero resistito per miliardi di anni sotto l'intenso bombardamento di tali radiazioni, se non appunto protette sotto uno spesso strato di suolo marziano.

A determinare che eventuali tracce della vita marziana potrebbero essere trovate solo al di sotto dei 2 metri è stato un team di ricerca statunitense guidato da scienziati del Goddard Space Flight Center della NASA a Greenbelt, nel Maryland. I ricercatori coordinati dal fisico Alexander Pavlov sono giunti alle loro conclusioni dopo aver condotto una serie di esperimenti per verificare la degradazione degli amminoacidi, i “mattoni della vita”. Sebbene possano formarsi anche attraverso processi non biologici, trovare questi composti su Marte potrebbe davvero significare aver trovato prove della vita antica, essendo gli elementi alla base delle proteine sulla Terra. Ma gli amminoacidi, come indicato, si degradano facilmente e molto rapidamente. Diversi studi hanno dimostrato che un tempo Marte aveva fiumi, laghi e interi oceani, dove probabilmente c'era vita. Ma miliardi di anni fa il Pianeta Rosso perse il campo magnetico ed è sopravvissuta solo una fievolissima atmosfera, pertanto viene costantemente bombardato da fortissime radiazioni cosmiche, provenienti da supernovae, brillamenti solari e altri eventi astronomici. Per fare un paragone, sulla Terra ben protetta ogni anno una persona riceve 0,33 millisivert di radiazione cosmica, ma sul Pianeta Rosso nello stesso arco di tempo verrebbe travolta da 250 millisivert. È una delle ragioni per cui una missione su Marte è considerata molto pericolosa (le radiazioni scatenano il cancro), ma è anche il motivo per cui adesso il pianeta è un enorme, arido e gelido deserto.

Un foro di pochi cm praticato nella regolatite marziana dal rover Curiosity. Credit: NASA
Un foro di pochi cm praticato nella regolatite marziana dal rover Curiosity. Credit: NASA

Il professor Pavlov e colleghi hanno testato la resistenza degli amminoacidi a queste radiazioni (per un periodo simulato di 80 milioni di anni) mescolandoli a vari elementi che si trovano nella regolite marziana, come silice idrata, silice e perclorato. I campioni sono stati sigillati in un contenitore per simulare l'atmosfera marziana e bombardati dalle radiazioni gamma per verificarne la degradazione (radiolisi). I ricercatori hanno scoperto che gli amminoacidi si degradano molto prima di quanto ci si sarebbe aspettati. “I nostri risultati suggeriscono che gli amminoacidi vengono distrutti dai raggi cosmici nelle rocce superficiali e nella regolite di Marte a velocità molto più elevate di quanto si pensasse in precedenza”, ha dichiarato il Pavlov in un comunicato stampa. “Le attuali missioni del rover su Marte si riducono a circa due pollici (circa cinque centimetri). A quelle profondità, ci vorrebbero solo 20 milioni di anni per distruggere completamente gli amminoacidi. L'aggiunta di perclorati e acqua aumenta ulteriormente il tasso di distruzione degli aminoacidi”, ha aggiunto lo scienziato.

Poiché si ritiene che Marte abbia avuto acqua e condizioni simili a quelle terrestri miliardi di anni fa, se mai ci fosse stata vita non la troveremmo certo a 5 centimetri, proprio perché le tracce sarebbero state cancellate in “soli” 20 milioni di anni. Per questo è necessario scavare più a fondo, fino a 2 metri, ma i rover attualmente sul Pianeta Rosso non hanno questa capacità. Probabilmente dovremo aspettare un'altra missione robotica o addirittura l'arrivo dell'uomo per scoprire se davvero in passato il Pianeta Rosso sia stato abitato (ma nei laghi sotterranei si ritiene che la vita possa esserci ancora oggi). I dettagli della ricerca “Rapid Radiolytic Degradation of Amino Acids in the Martian Shallow Subsurface: Implications for the Search for Extinct Life” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Astrobiology.

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