3I/ATLAS emette raggi X, Avi Loeb: “Mai visto in un oggetto interstellare”. Le nuove immagini

3I/ATLAS emette anche i raggi X ed è il primo oggetto interstellare a manifestare questa caratteristica, come sottolineato dal fisico e astronomo Avi Loeb in un articolo pubblicato sul suo blog Medium. Le indagini condotte su 1I/'Oumuamua scoperto nel 2017 e su 2I/Borisov identificato nel 2019 non avevano infatti rilevato questa peculiare firma. I raggi X, scoperti dal ricercatore tedesco Wilhelm Conrad Röntgen alla fine del XIX secolo, come spiega la NASA sono radiazioni elettromagnetiche caratterizzate da “un'energia molto più elevata e lunghezze d'onda molto più corte della luce ultravioletta”, pertanto gli scienziati si riferiscono ad essi “in termini di energia piuttosto che di lunghezza d'onda”. Questa tipologia di radiazione viene emessa in quantità significative da oggetti coinvolti in fenomeni molto energetici e a gravità intensa, come stelle di neutroni, buchi neri, pulsar e così via, ma in concentrazioni minori viene rilasciata anche dalle comete. Quindi anche se 3I/ATLAS è il primo oggetto interstellare a emettere raggi X, non c'è da essere particolarmente sorpresi per questa rilevazione. I raggi X, di fatto, non suggeriscono la potenziale natura artificiale dell'oggetto, ma sono un fenomeno del tutto naturale per un astro chiomato.
A identificare l'emissione di raggi X da parte del visitatore interstellare è stato il team di ricerca internazionale che analizza i dati di XRISM (X-Ray Imaging and Spectroscopy Mission), una sonda dall'agenzia spaziale giapponese (JAXA) – gestita in collaborazione con la NASA e l'Agenzia Spaziale Europea (ESA) – dedicata allo studio delle emissioni di galassie e materia oscura. La sonda è dotata di due strumenti principali: l'Xtend, un imager a raggi X basato su sensori CCD, e lo spettrometro a raggi X Resolve. Gli scienziati hanno messo nel mirino 3I/ATLAS con XRISM tra le 23:20 del 26 novembre e le 20:38 del 28 novembre 2025, per un'esposizione complessiva di 17 ore. Si è atteso quello specifico momento perché la cometa aliena doveva allontanarsi a sufficienza dal Sole, prima di poterla analizzare in sicurezza con questa strumentazione sofisticata.
Dalle analisi è emerso che 3I/ATLAS emette un debole bagliore di raggi X che si estende per 5 minuti d'arco attorno al nucleo cometario, una misura che corrisponde a 400.000 chilometri. “Questa estensione è difficile da spiegare solo con la sfocatura dovuta alle prestazioni di imaging di XRISM, suggerendo la possibilità di una nube diffusa di gas che circonda la cometa e che emette un debole bagliore nei raggi X per diverse centinaia di migliaia di chilometri”, hanno spiegato gli scienziati della missione XRISM in un comunicato stampa.

Ma come fa una cometa a emettere raggi X? La ragione risiede in un fenomeno che gli scienziati chiamano “reazione di scambio di carica”, che si verifica “quando uno ione carico positivamente (un atomo che ha perso uno o più elettroni) collide con un atomo o una molecola neutra e ne cattura uno”, spiegano gli esperti. Questa reazione porta lo ione a uno stato di eccitazione elevato e per riequilibrarsi rilascia raggi X. Il processo si verifica quando il plasma del vento solare, composto da particelle cariche elettricamente o ionizzate, impatta con i gas presenti nella chioma delle comete, un evento che genera una temperatura di milioni di gradi C. La chioma origina per degassamento, quando le comete si avvicinano al Sole e vengono riscaldate; la loro superficie di ghiaccio e polveri sublima e libera vari composti che si diffondono attorno al nucleo. Il fenomeno può essere anche distruttivo, come accaduto recentemente al nucleo della cometa C2025 K1. Qui di seguito potete vederne un'immagine ottenuta dall'astrofotografo e nostro lettore Fabrizio Montanucci nel cielo di Roma.

Il professor Avi Loeb nel suo articolo ha spiegato che lo spettro di 3I/ATLAS ottenuto con lo strumento Xtend mostra “componenti di emissione in eccesso associate a carbonio, azoto e ossigeno, oltre all'emissione di fondo della Via Lattea o all'emissione atmosferica terrestre”. Lo scienziato sottolinea che sarebbe particolarmente interessante “verificare se ci siano altre caratteristiche nei raggi X diverse dalle firme attese delle reazioni di scambio di carica con il vento solare.” Molto probabilmente, con l'avvicinarsi alla distanza minima dalla Terra – attesa per il 19 dicembre – l'oggetto interstellare 3I/ATLAS sarà messo nel mirino anche da altri strumenti in grado di rilevare i raggi X.