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Nel battito cardiaco scoperto un segnale associato al declino cognitivo

Un team di ricerca internazionale ha trovato un’associazione tra la variabilità della frequenza cardiaca e il declino cognitivo, il principale sintomo dell’Alzheimer e di altre forme di demenza.
A cura di Andrea Centini
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I ricercatori hanno determinato che alcune caratteristiche del nostro battito cardiaco sono associate a un declino cognitivo più o meno accelerato. Poiché i disturbi della cognizione – come perdita della memoria e difficoltà nel linguaggio – sono i sintomi principali di malattie neurodegenerative come l'Alzheimer, i ricercatori ritengono che la frequenza cardiaca potrebbe essere utilizzata come potenziale segnale predittivo della demenza. In altri termini, dal modo in cui “funziona” il nostro ritmo cardiaco potrebbero essere rilevati segnali subclinici (con sintomi non manifesti) del futuro declino cognitivo, permettendo di intervenire preventivamente con terapie ad hoc. È stato infatti dimostrato che gli anticorpi monoclonali anti Alzheimer come il Donanemab e il Lecanemab sono in grado di rallentare in modo significativo (fino al 35 percento) la progressione della malattia, ma solo se somministrati nella fase lieve della condizione.

Gli autori del nuovo studio si sono concentrati su una specifica caratteristica del battito cardiaco conosciuta come “complexity of pulse rate”, ovvero variabilità della frequenza cardiaca (HRV). Si tratta del modo in cui il nostro cuore si adatta agli stimoli esterni e interni, che determinano appunto una variabilità nel suo ritmo, solo apparentemente regolare. Numerosi studi hanno dimostrato che avere un'elevata variabilità del ritmo cardiaco è segnale di un cuore in buona salute e di conseguenza di benessere psicofisico; d'altro canto, avere una bassa HRV indica cattive condizioni sottostanti, in quanto evidenzia che il muscolo cardiaco, le cui pulsazioni sono gestite dal sistema nervoso autonomo, non risponde correttamente ai segnali che arrivano dall'organismo e dall'ambiente circostante. I ricercatori hanno ora dimostrato che una bassa variabilità della frequenza cardiaca è associata a un'accelerazione del declino cognitivo e, potenzialmente, al rischio di Alzheimer, che è la principale forma di demenza. L'elevata variabilità cardiaca è invece legata a una salute cognitiva migliore, con progressione più lenta del declino.

A scoprire questa interessante associazione tra HRV e declino cognitivo è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati della Divisione di Terapia Intensiva e Medicina del Dolore dell'Ospedale Generale del Massachusetts e della Divisione di disturbi del sonno e circadiani del Brigham and Women's Hospital (Stati Uniti), che hanno collaborato con i colleghi di vari istituti. Fra quelli coinvolti il Dipartimento di Medicina del Sunnybrook Health Sciences Centre – Università di Toronto (Canada), il Centro per la malattia di Alzheimer del Rush University Medical Center, e l'Istituto Latinoamericano per la Salute del Cervello (BrainLat) Universidad Adolfo Ibañez di Santiago Cile. I ricercatori, coordinati dal professor Peng Li che lavora presso i due ospedali di Boston, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato la frequenza cardiaca con uno speciale pulsossimetro da dito e la funzionalità cognitiva di oltre 500 persone. I partecipanti allo studio, tutti reclutati nel contesto del Rush Memory and Aging Project, avevano un'età media di 82 anni e nel 76 percento dei casi si trattava di donne.

Misurazione del ritmo cardiaco (di notte), test cognitivi standardizzati completi e visite mediche sono stati condotti annualmente nel corso di un periodo di follow-up medio di 4,5 anni. Incrociando tutti i dati è emerso che “una maggiore entropia di distribuzione (ovvero una maggiore complessità) è stata associata a un declino più lento della cognizione globale”, hanno spiegato Li e colleghi nell'abstract dello studio. In parole semplici, è stato osservato che chi aveva una maggiore variabilità della frequenza cardiaca presentava un declino cognitivo che aumentava più lentamente nel tempo.

“La complessità della frequenza cardiaca è un segno distintivo di una fisiologia sana”, ha spiegato il professor Peng Li in un comunicato stampa. “Il nostro cuore deve trovare un equilibrio tra spontaneità e adattabilità, integrando bisogni interni e fattori di stress esterni”, ha chiosato il medico. Il prossimo passo sarà determinare se questa associazione può essere traslata anche sulla demenza, tenendo presente che il declino cognitivo ne è il sintomo più evidente. Con queste informazioni potrebbe essere possibile sviluppare strategie preventive per rallentare l'insorgenza delle manifestazioni cliniche dell'Alzheimer e malattie affini. I dettagli della ricerca “Reduced Complexity of Pulse Rate Is Associated With Faster Cognitive Decline in Older Adults” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Journal of the American Heart Association.

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