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Nel 2023 ritirati oltre 10.000 studi scientifici: è record, ma non è (solo) una cattiva notizia

Nell’anno che sta per concludersi sono stati ritirati oltre 10.000 articoli scientifici, circa il doppio dello scorso anno e il quintuplo di 10 anni fa. Da cosa dipende questo record e quali sono i Paesi più coinvolti dai ritiri.
A cura di Andrea Centini
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Nel 2023 è stato raggiunto un nuovo, clamoroso record: quello del numero di articoli scientifici ritirati. Nell'anno che sta per concludersi, infatti, secondo un'analisi di Nature – tra le più prestigiose riviste scientifiche al mondo – sono stati oltre 10.000. Si tratta di un dato circa doppio rispetto a quello registrato nel 2022 e cinque volte superiore a quello di una decina di anni fa. Un'impennata preoccupante che, secondo gli autori dell'analisi, è solo la punta di un profondo iceberg, le cui fondamenta sono costellate da ricerche completamente false, con dati manipolati, errori lapalissiani, plagi e vere e proprie frodi nella virtuosa peer review, la revisione paritaria. Si tratta di uno degli strumenti più potenti in mano all'editoria accademica, in quanto si basa su una valutazione critica degli articoli da parte di scienziati che hanno le stesse competenze di coloro che li scrivono, necessaria per l'approvazione. In pratica, è un filtro formidabile per aumentare l'autorevolezza di una pubblicazione scientifica. Ma le cose, come evidenziato da Nature, non sempre sono così cristalline. Anzi.

In base all'analisi della rivista, da questi ritiri sono principalmente coinvolti alcuni dei Paesi della grande produzione di ricerca scientifica, ovvero con almeno 100.000 pubblicazioni accademiche negli ultimi venti anni. Si tratta di Cina, Arabia Saudita, Russia, Pakistan, Egitto, Malesia, India e Iran. Il primato è conteso tra Arabia Saudita e Cina, con quest'ultima al primo posto se si considerano anche gli articoli delle conferenze. Il tasso dei ritiri decisi dall'Institute of Electrical and Electronics Engineers (IEEE) di New York City, nel caso del “dragone”, supera infatti 30 ogni 10.000 pubblicazioni (è il record dell'Arabia Saudita se non si considerano le conferenze). Complessivamente, secondo Nature, nel 2022 il tasso di articoli ritirati è stato dello 0,2 percento ed è in costante crescita, essendo più che triplicato nel corso degli ultimi 10 anni.

Curiosamente la maggior parte dei 10.000 articoli ritirati nel 2023 coinvolgono riviste di cui è proprietaria la società Hindawi, una filiale con sede a Londra del famoso editore “open source” Wiley. Ben 8.000 articoli fanno riferimento a questa azienda. Com'è possibile? La ragione risiede nel fatto che Hindawi produce molti numeri speciali, spiega Nature, ovvero “raccolte di articoli che sono spesso supervisionati da redattori ospiti”. Si tratta di soggetti “che sono diventati famosi per essere sfruttati dai truffatori per pubblicare rapidamente articoli di bassa qualità o fittizi”. In pratica, possono rappresentare il sassolino nell'ingranaggio in grado di smontare l'autorevolezza degli articoli peer review, anche se gli speciali con redattori ospiti vengono comunque considerati importanti dagli editori per la letteratura accademica.

Uno dei problemi principali di questi articoli – fasulli, manipolati, copiati, con uso di IA non dichiarato e altre problematiche – non risiede solo nel fatto di diffondere disinformazione sotto la patina dorata della revisione paritaria, ma anche di influenzare negativamente le analisi di revisione, nei quali i risultati di più indagini vengono aggregati e studiati dal punto di vista statistico. In parole semplici, il risultato di uno studio autorevole può essere distorto proprio a causa della presenza di questi impostori indesiderati, nonostante venga spesso fatta una selezione certosina a monte. Come affermato dal dottor Guillaume Cabanac, un informatico francese dell'Università di Tolosa, anche se la maggior parte degli 8.000 articoli ritirati da Hindawi potrebbe essere stata principalmente falsa, ha comunque potuto contare su 35.000 citazioni. Un numero enorme che evidenzia l'entità del problema, comunque ampiamente sottostimato.

Il lato positivo dell'incredibile numero di articoli ritirati risiede nei controlli sempre più accurati, in grado di identificare, isolare e rimuovere un numero crescente di ricerche truffaldine e sbagliate che finiscono pubblicate sulle riviste scientifiche. Servirebbe un filtro migliore a monte, un obiettivo che stanno provando a perseguire diverse realtà editoriali coinvolte nella pubblicazione dei falsi non voluti. Molte delle ricerche ritirate recentemente riguardano anche la pandemia. Tra quelle più “famose” rimosse vi sono uno studio che suggeriva che il fumo potesse fungere da scudo contro la COVID-19 (è stato ritirato dopo l'emersione di un conflitto di interessi tra autori e industria del tabacco); un altro che evidenziava l'efficacia dell'antiparassitario ivermectina e un altro ancora che dubitava dell'efficacia dei lockdown.

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