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Morto a 20 anni dopo due visite al pronto soccorso: il caso di Sam Terbanche e la diagnosi “sindrome virale”

Sam Terblanche, studente del terzo anno alla Columbia University, si è presentato due volte al pronto soccorso con mal di testa e brividi, ma i medici lo hanno rimandato a casa: due giorni dopo è morto, senza che fosse stata identificata la causa della sua malattia.
A cura di Valeria Aiello
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Sam Terblanche, studente di 20 anni iscritto al terzo anno alla Columbia University, è morto improvvisamente pochi giorni dopo essere stato visitato per due volte al pronto soccorso del Mount Sinai Morningside di New York per sintomi come mal di testa, brividi e spossatezza.

Tutto era iniziato mentre stava andando allo stadio a vedere una partita di football con alcuni suoi amici: durante il tragitto in metropolitana, Sam aveva cominciato a sentirsi male. Il giorno seguente si era pertanto recato in ospedale, ma i medici avevano interpretato i suoi disturbi come i segni di una “sindrome virale acuta” e lo avevano dimesso. Il suo malessere era però continuato per tutta la notte, e il giorno seguente Sam si era tornato nuovamente al pronto soccorso.

Anche in quell’occasione, i medici avevano confermato la diagnosi iniziale e lo avevano rimandato a casa, consigliandogli solo riposo, idratazione e un trattamento con Tylenol (paracetamolo). Due giorni dopo, Sam è morto nella solitudine della sua stanza del campus universitario.

Il caso di Sam Terblanche, morto dopo due visite al pronto soccorso

Oggi, a due anni dalla morte di Sam, i suoi genitori non sanno ancora cosa abbia causato la morte del figlio ventenne. Dal processo legale che la famiglia Terblanche ha intentato contro il Mount Sinai Morningside è finora emerso che durante la prima visita al pronto soccorso, i medici avevano escluso che il ragazzo avesse la meningite.

Sam venne anche sottoposto ai test per l’influenza, il Covid e il virus respiratorio sinciziale (RSV), tutti risultati negativi. Il giorno successivo, prima di tornare in ospedale, Sam aveva mandato un messaggio alla sua ragazza, in cui aveva rivelato di aver vomitato, di essersi svegliato con brividi incontrollabili e di aver avuto dolorosi crampi alle gambe sotto la doccia.

Tornato al Mount Sinai Morningside, Sam venne nuovamente visitato e, oltre ai precedenti disturbi, aveva la tosse e il fiato corto mentre camminava. Secondo la sua cartella clinica, aveva la febbre a 38,6 e la sua frequenza cardiaca era di 126 battiti al minuto (una frequenza cardiaca normale per un adulto è compresa tra 60 e 100 battiti al minuto).

Il sospetto di sepsi

Nel compilare la cartella elettronica di Sam, i medici che si trovavano al pronto soccorso durante la seconda visita vennero avvisati da un pop-up sul computer. La febbre e la frequenza cardiaca del ragazzo avevano attivato un avviso automatico di sepsi, una condizione potenzialmente letale in cui il sistema immunitario reagisce pericolosamente a un'infezione. L’allerta venne però considerata come non probabile dai medici, che – in attesa dei risultati delle analisi di routine – confermarono il sospetto di sindrome virale.

Secondo quanto ricostruito dal New York Times, la cartella clinica della seconda visita di Sam conterrebbe numerose contraddizioni. “La frequenza cardiaca di Sam è stata registrata a 126, eppure i medici hanno spuntato la casella ‘normale’. In un punto si legge che Sam non aveva tosse, mentre in un altro passaggio si legge invece che l’aveva. Le firme dei medici che hanno testimoniato di non aver mai visto Sam – incluso uno che non era in ospedale – accompagnano le note. Sono stati richiesti e non rilevati i parametri vitali, così come un elettrocardiogramma”.

Dalla cartella clinica del secondo accesso al pronto soccorso traspare inoltre l’assenza del “perché” Sam fosse peggiorato. Non trovano una spiegazione neppure il motivo per cui i medici avessero affermato fin dall’inizio che era “improbabile che Sam avesse bisogno di ricovero” né quale logica venne seguita per non prescrivere antibiotici anche solo per precauzione. “A parte un po’ di febbre e un battito cardiaco accelerato, l’esame obiettivo di Sam ‘non presentava alcun segno di decesso’” ha affermato durante la deposizione uno dei medici che visitò Sam.

I risultati delle analisi e l’autopsia

Nonostante più della metà dei valori di Sam fosse contrassegnata come fuori dalla norma, inclusi quelli di piastrine, globuli rossi ed emoglobina, i medici non rilevarono nessuna prova di sepsi. La conta dei globuli bianchi era normale, (nella sepsi è spesso alta oppure, in caso di sepsi grave, molto bassa). Anche il lattato, un altro indicatore della sepsi, era normale. Sam venne quindi rivalutato al cambio turno, rassicurato sui risultati delle analisi e dimesso. “Se sviluppa sintomi nuovi o in peggioramento, o se i sintomi che ha ancora persistono più a lungo di quanto concordato, deve tornare immediatamente al pronto soccorso” gli era stato indicato nel documento di dimissioni. Due giorni dopo, la tragica scomparsa.

Neppure il referto dell’autopsia è stato conclusivo sul ruolo della sepsi. “Secondo il medico legale, la causa principale della morte di Sam è stata ‘un’emorragia polmonare di eziologia sconosciuta’ – precisa il New York Times – . Sam ha sanguinato copiosamente dai polmoni, ma l’esaminatore non ha saputo spiegarne il motivo. Un’emocoltura prelevata durante la seconda visita di Sam non ha evidenziato la crescita microbica, il che significa che se avesse avuto un’infezione pericolosa, questa non era ancora rilevabile nel suo sangue. Il cuore di Sam, post mortem, era ingrossato, così come il fegato. La milza era congestionata. I reni mostravano danni tissutali. (L’esame tossicologico di Sam era negativo.)”.

In attesa del giudizio, il caso di Sam ha attirato l’attenzione pubblica negli Stati Uniti, sollevando interrogativi sull’eventuale sottovalutazione dei sintomi e sulla necessità di maggiore cautela anche di fronte a diagnosi apparentemente comuni, soprattutto nei pazienti giovani con un rapido peggioramento. La vicenda ha inoltre riaperto il dibattito sull'affidabilità dei pronto soccorso e sulla prontezza nel riconoscere segnali potenzialmente gravi, anche quando i sintomi iniziali sembrano lievi.

Il fatto che tutti noi pensiamo che la morte di Sam fosse prevenibile è semplicemente orribile – ha detto la madre del ragazzo – .  Non credo che sapremo mai di cosa è morto. Non sappiamo di che infezione si trattasse. Se di qualcosa di orribile o se sarebbe morto comunque. Ma il fatto che sia morto da solo, senza aiuto... è difficile da accettare”.

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