Misteriosi anelli bianchi apparsi attorno a barili di rifiuti tossici gettati in mare: non si possono togliere

Al largo della costa di Los Angeles, innanzi all'arcipelago statunitense delle Channel Islands (isole del Canale), i ricercatori si sono imbattuti in barili di rifiuti tossici attorno ai quali si sono formati misteriosi anelli bianchi. Un dettaglio rilevante risiede nel fatto che tali anelli risultano duri come il cemento. Lo sono anche i sedimenti che attorno a questa pericolosa spazzatura umana.
Fino a qualche anno fa si riteneva che si trattasse di barili pieni di DDT o comunque di sostanze associate alla sua lavorazione, il famigerato insetticida Dicloro-Difenil-Tricloroetano vietato sin dagli anni '70 del secolo scorso. Il merito è stato soprattutto della biologa e attivista ambientalista Rachel Carson, che col suo "Primavera Silenziosa" ha aperto gli occhi sull'impatto devastante dei pesticidi e in particolar modo del DDT (il titolo è legato alla scomparsa del canto degli uccelli). Le indagini degli esperti hanno tuttavia svelato che all'interno di quei barili c'è qualcosa di completamente diverso. Il DDT nell'area è comunque presente in concentrazioni significative, soprattutto sotto i primi centimetri di fondale, ma la sostanza responsabile degli anelli bianchi è un'altra, un minerale noto come brucite, che è associato a composti tossici ancora non identificati.
Fino a mezzo secolo fa, al largo della California meridionale, era consentito lo scarico di rifiuti tossici in tre siti individuati nel bacino di San Pedro, a ridosso delle Channel Islands. Qui dalle industrie non è stato gettato il solo DDT e i relativi materiali di scarto, ma anche rifiuti della trivellazione petrolifera, composti radioattivi, munizioni militari e altre sostanze chimiche pericolose. È facile intuire che una simile lordura ha avuto un impatto devastante sull'ecosistema locale, in particolar modo quello legato al benthos, le creature che vivono a contatto col fondale marino. Si ritiene che in questa zona giacciano fino a mezzo milione di barili contenenti schifezze di vario genere, che col passare dei decenni e la corrosione si sono naturalmente riversate nell'ambiente.
Durante una spedizione scientifica del 2020 gli scienziati si accorsero che attorno alcuni barili si erano formati questi misteriosi aloni bianchi, scambiandoli appunto come effetti del DDT, ma solo grazie a un nuovo studio è stato determinato che a generarli è stato un processo diverso. A condurre lo studio è stato un team di ricerca statunitense guidato da scienziati dell'autorevole Scripps Institution of Oceanography dell'Università della California di San Diego, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Pacific Coastal and Marine Science Center dello U.S. Geological Survey.
I ricercatori, coordinati da Johanna Gutleben e Paul R Jensen del Centro per la biotecnologia e la biomedicina marina presso lo Scripps, tra il 2021 e il 2023 hanno condotto spedizioni a bordo della sofisticata nave da ricerca Falkor dello Schmidt Ocean Institute, equipaggiata con un rover sottomarino controllato da remoto (ROV) chiamato SuBastian. Grazie a esso hanno raccolto numerosi campioni del fondale attorno ai barili per le analisi di laboratorio, ma quando hanno provato con quelli legati agli aloni bianchi non sono riusciti a prelevarli con gli strumenti classici. Come indicato, infatti, risultavano duri come il cemento, così hanno utilizzato un metodo alternativo col braccio robotico di SuBastian per staccare pezzi di questi aloni e del sedimento circostante.
Gli scienziati che hanno sottoposto i campioni agli esami hanno fatto una scoperta sorprendente; i rifiuti erano infatti fortemente alcalini e caustici, con un pH addirittura di 12. È stato una sorpresa perché il materiale di scarto legato al DDT è molto acido, quindi con un pH sensibilmente inferiore a 7. Doveva dunque essere un'altra sostanza a determinare la formazione degli anelli bianchi, sebbene la concentrazione di DDT risultasse comunque significativa.
I ricercatori hanno determinato che i composti alcalini presenti nei barili, quando fuoriuscivano e reagivano con il magnesio dell'acqua marina, davano vita a un minerale chiamato brucite, che a sua volta reagiva col sedimento cementificandolo e mantenendo elevato il pH. L'eccesso di alcalinità a sua volta determinava un'abbondante produzione di carbonato di calcio, la componente principale di rocce calcaree, conchiglie e coralli duri. Il deposito continuo del carbonato di calcio ha innescato la formazione degli anelli bianchi, che diventavano più evidenti man mano che la brucite veniva “consumata” dal tempo.
I ricercatori hanno scoperto che in questo ambiente fortemente inquinato dall'uomo si sono sviluppate colonie di microrganismi estremofili, batteri simili a quelli che sopravvivono a ridosso delle bocche idrotermali. La biodiversità di questo ecosistema aberrante risulta ovviamente scarsa e molto specializzata, a causa dell'impatto dei composti chimici. I ricercatori si dicono sconvolti degli effetti sul fondale marino a oltre mezzo secolo dalla “chiusura” di queste immonde discariche marine.
Il fatto più inquietante di questa situazione risiede nel fatto che i ricercatori non possono rimuovere barili e sedimenti, perlomeno non senza una strategia rivoluzionaria e costosissima. Il DDT, infatti, si è concentrato sotto 4-5 centimetri di sedimento assieme ad altri composti: rimuovendo i barili si rischia di smuoverlo e liberarlo nella colonna d'acqua, con effetti catastrofici sull'ambiente, tra trasporto delle correnti e animali “immersi” in una nube tossica. Ciò che avviene innanzi alla costa di Los Angeles è solo uno degli esempi più emblematici sulle conseguenze che le attività antropiche hanno sul nostro (unico) pianeta. I dettagli della ricerca "Extremophile hotspots linked to containerized industrial waste dumping in a deep-sea basin" sono stati pubblicati su PNAS Nexus.