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Miocardite, il cannabidiolo è sicuro per trattare l’infiammazione del cuore: lo studio sui pazienti Covid

Un team di ricerca internazionale ha determinato che il cannabidiolo (CBD) orale è sicuro per il trattamento di miocardite, pericardite e altre condizioni di infiammazione cardiaca. Precedenti indagini avevano suggerito che il principio attivo della cannabis avesse la capacità di inibire la via dell’inflammasoma, un processo legato all’infiammazione del cuore.
A cura di Andrea Centini
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Il cannabidiolo o CBD, uno dei diversi principi attivi della cannabis, è considerato sicuro per il trattamento di miocardite, pericardite e altre forme di infiammazione del cuore, che possono sfociare in insufficienza cardiaca terminale e morte. Lo ha dimostrato un nuovo studio che ha voluto indagare su sicurezza ed efficacia di questo metabolita secondario della cannabis, privo degli effetti psicotropi del principio attivo più noto della canapa, il THC (Tetraidrocannabinolo).

A condurre lo studio è stato un copioso team di ricerca internazionale guidato da scienziati statunitensi della Mayo Clinic di Jacksonville – una delle più grandi associazioni sanitarie degli Stati Uniti – che hanno collaborato a stretto contatto con colleghi brasiliani, canadesi, francesi e israeliani. I ricercatori, coordinati dalla dottoressa Leslie Cooper, hanno coinvolto nello studio pazienti che avevano una storia di malattie cardiovascolari, presentavano almeno un fattore di rischio principale per queste condizioni ed erano ricoverati in ospedale per una forma non grave di COVID-19. Ricordiamo infatti che tra le possibili complicazioni dell'infezione da coronavirus SARS-CoV-2 vi sono anche le patologie infiammatorie cardiache, tra cui la miocardite – nella quale è colpito il muscolo cardiaco, il miocardio – e la pericardite, che è l'infiammazione della membrana che avvolge il cuore.

I pazienti sono stati coinvolti in uno studio multicentrico, in doppio cieco e controllato con placebo per verificare se una forma farmacologica non psicotropa del cannabidiolo potesse essere sicura ed efficace contro queste forme di infiammazione cardiaca. Precedenti studi avevano infatti evidenziato che il CBD, che ha proprietà antinfiammatorie, analgesiche e rilassanti, è in grado di inibire l'attivazione della via dell'inflammasoma, un processo del sistema immunitario innato che modula la risposta infiammatoria attraverso la produzione di citochine. È noto che infezioni virali come la COVID-19 possono innescare una risposta infiammatoria esagerata e non regolata chiamata “tempesta di citochine” che può essere più pericolosa per la vita dell'infezione stessa. La via dell'inflammasoma è coinvolta anche nell'infiammazione cardiaca, pertanto i ricercatori volevano verificare efficacia e sicurezza del CBD nell'inibirla.

La fine della pandemia non ha permesso alla dottoressa Cooper e colleghi di ottenere dati significativi sull'efficacia del CBD, a causa della mancanza di pazienti per analizzare i dati, tuttavia sono riusciti a raccogliere informazioni preziose sulla sicurezza del CBD, che ha presentato un profilo di sicurezza analogo a quello del placebo. “Sapevamo che i pazienti con malattie cardiovascolari (CVD) o fattori di rischio CVD ricoverati in ospedale per infezione da COVID-19 potevano essere ad alto rischio di infiammazione cardiaca”, ha affermato l'autrice principale dello studio in un comunicato stampa. “Abbiamo condotto uno studio controllato con placebo su una formulazione orale di cannabidiolo prodotto farmaceuticamente (GMP) per valutarne l'efficacia e la sicurezza. La pandemia si è conclusa prima che avessimo reclutato un numero sufficiente di partecipanti per analizzare se il cannabidiolo GMP avesse un effetto positivo sull'endpoint primario di efficacia, ma abbiamo ritenuto che la mancanza di segnali di sicurezza fosse un dato importante da condividere”, ha chiosato l'esperta.

Saranno dunque necessari ulteriori dati per confermare anche l'efficacia del principio attivo, ma i risultati preliminari sono sicuramente preziosi per il prosieguo della sperimentazione in altri contesti. I dettagli della ricerca sono stati presentati durante l'Heart Failure 2025, un congresso scientifico sotto l'egida della Società Europea di Cardiologia (ESC).

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