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Microplastiche nel cervello: uno studio rivela come possono accelerare la malattia di Alzheimer

Quando si accumulano nel cervello le microplastiche possono favorire diversi processi pericolosi e potenzialmente in grado di favorire la demenza e altre malattie neurodegenerative.
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Finora sono state trovate ovunque. Non solo negli oceani, nella terra, nel cibo e perfino nella pioggia, ma anche all'interno del corpo umano, in moltissimi organi diversi, dal cuore ai polmoni. Stiamo parlando delle microplastiche, le minuscole particelle di plastica, più piccoli di cinque millimetri, che dalla produzione o dalla degradazione della plastica finiscono nell'ambiente.

Anche se i loro effetti sul corpo umano sono ancora oggetto di studio, è ormai certo – come spiega l'Istituto superiore di sanità (Iss) – che possono contribuire a innescare processi pericolosi per la nostra salute, come l'infiammazione. Ora un nuovo studio ha cercato di chiarire meglio cosa succede quando le microplastiche presenti nel nostro corpo finiscono nel cervello. Anche se non hanno ancora gli elementi per parlare di un collegamento diretto, i ricercatori sostengono che possono favorire e accelerare i meccanismi responsabili della demenza, una delle emergenze sanitarie più urgente della nostra epoca.

Il collegamento tra demenza e microplastiche

Questo studio consiste in una revisione degli studi condotti dalla University of Technology di Sidney e dalla Auburn University, in Alabama, sul possibile collegamento tra esposizione alle microplastiche e demenza sulla base di due dati certi. Da una parte l'aumento esponenziale di casi di demenza, che complice l'invecchiamento medio della popolazione mondiale insieme agli altri fattori di rischio, si stima colpirà sempre più persone: secondo le proiezioni attuali, entro il 2050 i casi di demenza triplicheranno, passando dagli attuali 57 milioni a circa 153 milioni.

D'altra parte l'enorme presenza delle microplastiche nell'ambiente, che essendo così piccole riescono a superare qualsiasi barriera. Per avere un'idea della loro pervasività basti tenere a mente che – come riporta l'Istituto Mario Negri –  si stima circa 2,5 milioni di tonnellate di microplastiche si riversano ogni anno negli oceani, finendo poi un po' ovunque, anche nel corpo umano.

Quante microplastiche finiscono nel nostro corpo

Secondo Kamal Dua, professore associato di Scienze farmaceutiche della University of Technology di Sidney, ogni adulto ingerisce circa 250 grammi di microplastiche all'anno, praticamente quasi un piatto intero. Le vie attraverso cui questo succede sono davvero tante: ad esempio attraverso il consumo di alimenti che le contengono, come i frutti di mare contaminati o gli alimenti coltivati in terreni in cui sono presenti microplastiche, il sale, gli alimenti trasformati, le bustine del tè, ma anche il cibo e le bevande conservate in contenitori di plastica.

Anche se la maggior parte di queste microplastiche viene espulsa, "gli studi dimostrano che si accumulano anche nei nostri organi, incluso il cervello", ha spiegato l'esperto.

Come agiscono sul nostro cervello

In questo studio sono stati confrontati i risultati dei lavori precedentemente svolti sui possibili effetti delle microplastiche sul cervello e il rischio di malattie neurodegenerative, comprese la malattia di Alzheimer, la forma più diffusa di demenza, e il morbo di Parkinson. Sono così emerse cinque principali vie biologiche attraverso le quali le microplastiche possono svolgere un'azione negativa sul cervello. Si va dall'aumento della risposta immunitaria al danno diretto sui neuroni. Ricordiamo che l'Alzheimer è una malattia neurodegenerativa che causa la morte progressiva delle cellule nervose.

Per il nostro corpo le microplastische sono agenti estranei, quindi una minaccia da eliminare: "Questo spinge le cellule immunitarie del cervello ad attaccarle – spiegano gli autori – Quando il cervello è stressato da fattori come tossine o inquinanti ambientali, si verifica anche stress ossidativo", che è noto per essere un fattore di rischio del danneggiamento di cellule e tessuti.

Ma le microplastiche possono anche indebolire la barriera emato-encefalica, rendendola più permeabile, mentre il suo ruolo fondamentale – come specifica l'Osservatorio Terapie Avanzate – è proprio quello di impedire alle sostanze pericolose di entrare nel cervello. Questo fa attivare le molecole infiammatorie e le cellule immunitarie – spiegano i ricercatori – aumentando il rischio di danni alle cellule.

Inoltre, le microplastiche possono aumentare il rischio di danni alle cellule nervose anche attraverso un'altra modalità, ovvero compromettendo i naturali meccanismi con cui le cellule producono l'energia necessaria per svolgere tutte le funzioni a cui sono preposte. Sembra anche che la presenza di microplastiche possa contribuire alle malattie neurodegenerative aumentando l'accumulo di beta-amiloide e tau – un meccanismo chiave dell'Alzheimer – e la formazione degli aggregati della proteina alfa-sinucleina, alla base della malattia di Parkinson.

Come possiamo proteggerci dalle microplastiche

Come abbiamo chiarito all'inizio, questi risultati non forniscono – specificano gli autori – una prova diretta del collegamento tra microplastiche e malattie neurodegenerative, ma evidenziano ancora una volta quanto sia fondamentale ridurre l'inquinamento da plastica e le possibili vie di esposizione per l'uomo alle microplastiche.

La prima cosa da fare è quindi usare meno plastica, ma non solo: "Evitiamo contenitori e taglieri di plastica, non usiamo l'asciugatrice, preferiamo fibre naturali a quelle sintetiche e mangiamo meno cibi lavorati e confezionati", ha raccomandato il dottor Keshav Raj Paudel della University of Technology di Sidney.

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