L’oggetto interstellare 3I/ATLAS ha una chioma stranissima: cos’hanno rilevato i telescopi della NASA

L'oggetto interstellare 3I/ATLAS scoperto il 1 luglio è molto probabilmente una cometa e non un'astronave aliena, come suggerisce il fisico dell'Università di Harvard Avi Loeb, tuttavia non si tratterebbe di una cometa “qualsiasi”, ma di un corpo celeste davvero peculiare. A stupire gli esperti è soprattutto la sua chioma, dotata di caratteristiche che divergono sensibilmente da quella di una tipica cometa, come evidenziano i diversi studi preliminari condotti sino ad oggi. Ad esempio, lo studio “JWST detection of a carbon dioxide dominated gas coma surrounding interstellar object 3I/ATLAS” guidato da scienziati del Goddard Space Flight Center della NASA, ha rilevato che la concentrazione di anidride carbonica è di 8:1 rispetto a quella dell'acqua, un rapporto decisamente anomalo per un oggetto di questo tipo. Se ciò non bastasse, esso presenta pure una misteriosa coda di polvere rivolta nella direzione opposta a quella che dovrebbe avere, ovvero punta verso il Sole e non dall'altra parte.
Alla luce di queste caratteristiche insolite, la definizione di “cometa aliena” per 3I/ATLAS calza a pennello, ma non ha nulla a che fare con gli omini verdi dei film di fantascienza; per alieno si intende un qualcosa che proviene da un altro mondo, nel caso specifico un sistema stellare diverso dal nostro (il Sistema solare). Ad oggi 3I/ATLAS è soltanto il terzo oggetto interstellare mai identificato dagli esperti, dopo il famigerato “sigaro spaziale” 1I/'Oumuamua e la cometa 2I/Borisov. In futuro, grazie anche alla recente messa in funzione dello straordinario Osservatorio Vera C. Rubin e alla disponibilità di altri strumenti di ultima generazione, la conta di questi oggetti anomali probabilmente salirà sensibilmente, continuando a sorprendere e ad affascinare gli studiosi.
La chioma di questo oggetto, come indicato, risulta decisamente anomala per lo strano rapporto tra anidride carbonica (CO2) e acqua (H2O), ma presenta anche altre anomalie. Ad esempio, analizzando i dati d'archivio raccolti a maggio dal telescopio spaziale della NASA Transiting Exoplanet Survey Satellite (TESS), progettato per la “caccia” ai pianeti extrasolari, è stato determinato che la chioma era attiva già a circa 6 unità astronomiche (UA) dal Sole. Una unità astronomica è pari a circa 150 milioni di chilometri, ovvero la distanza che separa la Terra dal Sole; ciò significa che la cometa era attiva già a circa 900 milioni di chilometri dalla stella, oltre l'orbita di Giove. È un dato anomalo per via del fatto che a innescare le chiome e le code è proprio il riscaldamento indotto dalla radiazione solare. Più le comete si avvicinano, più intenso è il processo di sublimazione del ghiaccio “sporco” che si trasforma in gas, dando appunto vita a chioma e code. Ma in genere questa attivazione si verifica a una distanza molto più ravvicinata.
Secondo gli autori dello studio “Precovery Observations of 3I/ATLAS from TESS Suggests Possible Distant Activity” condotto da scienziati del Dipartimento di Fisica dell'Università del Michigan, ciò potrebbe dipendere dal fatto che la cometa è composta principalmente da ghiacci che sublimano a temperature più basse rispetto a quello d'acqua, come appunto l'anidride carbonica. Dai vari strumenti che hanno puntato la cometa aliena, tra i quali i telescopio spaziali SPHEREx e James Webb della NASA, è stato inoltre determinato che la chioma si estende per circa 23 chilometri, quindi è già molto attiva, nonostante la notevole distanza. Con il telescopio Hubble è stato invece stimato che il suo diametro è molto inferiore ai 20 km che si sospettavano all'inizio: sarebbe infatti compreso tra 320 metri e 5,6 chilometri. Non resta che attendere l'ulteriore avvicinamento della cometa al Sole per comprendere come e se cambierà la composizione del suo spettro luminoso, che riflette la chimica. Il perielio, ovvero l'avvicinamento massimo alla stella, sarà raggiunto il 29 ottobre di quest'anno a una distanza di 270 milioni di chilometri.