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Le microplastiche possono accelerare le malattie cardiovascolari: un nuovo studio chiarisce il meccanismo

Gli scienziati hanno identificato il meccanismo con cui le microplastiche danneggiano le cellule delle arterie. Lo studio su Environment International.
A cura di Valeria Aiello
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Le microplastiche – particelle ormai presenti nel cibo, nell’acqua, nell’aria e in grado di penetrare nei tessuti umani – avrebbero un impatto diretto e molto più profondo sulla salute cardiovascolare di quanto si pensasse. Un nuovo studio pubblicato su Environment International mostra infatti che queste microparticelle possono accelerare lo sviluppo dell’aterosclerosi, la condizione di restringimento delle arterie associata a infarti e ictus.

Il tema è considerato prioritario anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che nel rapporto Dietary and inhalation exposure to nano- and microplastic particles and potential implications for human health ha sottolineato come le prove finora disponibili sugli effetti delle microplastiche siano ancora limitate, invitando i ricercatori a produrre studi più solidi sulle conseguenze biologiche dell’esposizione. La nuova ricerca, condotta dai ricercatori dell’Università della California a Riverside, si inserisce proprio in questo ambito, contribuendo a chiarire possibili effetti diretti sul sistema cardiovascolare.

In una serie di esperimenti sugli animali, gli studiosi hanno osservato che i topi esposti quotidianamente a “quantità realistiche” di microplastiche sperimentano un rapido peggioramento dell’accumulo di placche nelle arterie, oltre ad alterazioni nella funzione delle cellule vascolari e l’attivazione di geni collegati all’infiammazione e all’aterosclerosi. Questi effetti si sono verificati senza variazioni di peso corporeo o dei livelli di colesterolo negli animali, in particolare nei topi maschi.

I nostri risultati si inseriscono in un quadro più ampio osservato nella ricerca cardiovascolare, in cui uomini e donne spesso rispondono in modo diverso all’esposizione alle microplastiche – ha affermato il professor Changcheng Zhou del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’UC Riverside e autore corrispondente dello studio – . Evitare queste microparticelle è ormai quasi impossibile, ma limitare l’uso della plastica per i contenitori di cibo e acqua e ridurre la plastica monouso sono valide strategie per proteggersi dall’esposizione”. Ad oggi non esistono ancora metodi efficaci per rimuover le microplastiche dall’organismo, per cui rimane fondamentale preservare la salute cardiovascolare tramite dieta, attività fisica e gestione dei fattori di rischio.

Come le microplastiche danneggiano le cellule delle arterie

Nel loro studio, i ricercatori hanno descritto cosa accade nei topi (sia maschi che femmine) che seguono una dieta a basso contenuto di grassi e colesterolo – una simile a quella che una persona in salute potrebbe seguire – ma sono esposti a 10 milligrammi di microplastiche per chilogrammo di peso corporeo per nove settimane (una quantità che riflette quella che a cui noi umani possiamo essere esposti nella realtà, attraverso il consumo di cibo e acqua contaminati).

Nei topi maschi, l’esposizione ha prodotto un aumento del 63% delle placche nella radice aortica (il ramo dell’aorta collegato al cuore) e un impressionante incremento del 624% nell’arteria brachiocefalica, l’importante vaso che si dirama dall’aorta nella parte superiore del torace. Effetti simili non sono stati osservati nei topi femmina, che non hanno mostrato una progressione significativa nelle placche.

Analizzando poi i tessuti dei topi maschi, i ricercatori hanno osservato che le microplastiche interferivano con diversi tipi cellulari coinvolti nell’aterosclerosi, colpendo soprattutto le cellule endoteliali, quelle che formano il rivestimento interno dei vasi sanguigni.

Abbiamo scoperto che le cellule endoteliali sono le più colpite dall’esposizione alle microplastiche – ha spiegato il professor Zhou – . Poiché queste cellule sono le prime a incontrare le microplastiche circolanti, la loro disfunzione può innescare infiammazione e formazione di placche”.

Le microplastiche fluorescenti utilizzate nello studio sono state ritrovate all’interno delle placche e concentrate nello strato endoteliale. Il sequenziamento dell’RNA a singola cellula ha inoltre mostrato che queste particelle attivano geni pro-infiammatori e pro-aterogeni sia nei topi sia nelle cellule endoteliali umane, suggerendo una risposta biologica condivisa.

Il nostro studio fornisce alcune delle prove più solide finora sul fatto che le microplastiche possano contribuire direttamente alle malattie cardiovascolari, non solo essere correlate ad esse – hanno evidenziato gli autori della ricerca – . Il dato più sorprendente è l’effetto sesso-specifico: un risultato che potrebbe aiutare a identificare meccanismi protettivi differenti tra maschi e femmine”.

Il gruppo di ricerca intende ora analizzare se gli stessi schemi si presentano anche negli esseri umani e studiare come diverse tipologie e dimensioni di microplastiche influenzino la salute vascolare. Come conclude Zhou, “con l’inquinamento da microplastiche in continuo aumento in tutto il mondo, comprenderne l’impatto sulla salute umana, comprese le malattie cardiache, sta diventando più urgente che mai”.

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